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16 Ottobre 2023
10:42

I Neanderthal erano in grado di cacciare i leoni delle caverne: lo rivela un nuovo studio

Un nuovo studio ha dimostrato che i Neanderthal, a un certo punto della loro evoluzione, diventarono cacciatori così abili da riuscire ad affrontare perfino il leone delle caverne, uno dei felini più grandi e voraci mai esistiti sul nostro pianeta.

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I Neanderthal nel corso degli anni si sono dimostrati dei formidabili cacciatori, grazie ad un grande numero di ritrovamenti che hanno consentito ai paleontologi di conoscere meglio i loro stili di vita.

Secondo un recente articolo pubblicato Scientific Reports, i Neanderthal ad un certo punto della loro evoluzione diventarono così abili nella caccia che riuscirono anche ad affrontare specie altamente pericolose come i leoni delle caverne (Panthera spelaea): tra i felini più grandi e voraci mai esistiti sul nostro pianeta.

Per anni considerati alla stregua di mostri o di bruti – il termine dispregiativo "uomo delle caverne" è stato coniato per loro – le nuove scoperte hanno invece dimostrato come la semplice società dei Neanderthal era sufficientemente articolata da riuscire a formare alleanze per andare a caccia di animali di grandi dimensioni presenti nel loro territorio.

Per testare questa teoria, gli scienziati guidati dall'Università di Tubinga e da Gabriele Russo, zoo archeologo di origini italiane, hanno deciso di analizzare uno scheletro quasi completo do 48.000 anni fa – originariamente ritrovato nel 1985 vicino Siegsdorf, sempre in Germania – che presentava chiari segni di predazione e hanno anche studiato altri ritrovamenti recuperati nel 2019 negli scavi a Einhornhöhle (che in italiano significa "Grotta dell'Unicorno") nelle montagne dell'Harz, nella Bassa Sassonia.

Iresti dei leoni delle caverne presentavano alcuni segni peculiari che sono stati collegati ai processi della macellazione della loro carne, risalenti a circa 200.000 anni fa. In particolare, sulla superficie di un osso del piede gli esperti hanno trovato un segno di taglio che sarebbe riconducibile alle lame fatte in pietra che al tempo i neandertaliani usavano come strumento di caccia e di lavorazione stessa della carne. Gli scienziati hanno poi scoperto che questi nostri antichi cugini erano anche in grado di rimuovere la pelle del leone con gli artigli attaccati, senza rovinare la pelliccia. Una prova del fatto che potevano praticare la caccia anche per scopi non alimentari.

Per contestualizzare ulteriormente questa scoperta e provare definitivamente che i Neanderthal fossero in grado di cacciare i leoni delle caverne, Russo e il suo team si sono quindi concentrati sull'esemplare di Siegsdorf, alla ricerca di chiari segni di predazione. E ne hanno trovate alcune in particolare sulle costole, dove è stato possibile osservare le nette tracce orizzontali lasciate dalle armi impiegate per uccidere l'animale. Queste lesioni costali differiscono dai segni di morsi dei carnivori per via della loro forma e linearità, chiariscono i ricercatori, ed è molto probabile che il leone ritrovato a Siegsdorf sia stato ucciso da una lancia, che gli è stata conficcata nell'addome quando era già disteso a terra.

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Scheletro del leone di Siegsdorf che presenta sia le ferite riportate dalla lancia che dalle lame usate per strappare via i muscoli dalle ossa

Questa notizia ha parzialmente sconvolto alcuni ambienti accademici europei, poiché per quanto già da qualche tempo i Neanderthal siano stati ritenuti in grado di compiere mirabili imprese, tra cui cacciare i Mammut, finora veniva considerato impensabile che potessero riuscire a cacciare anche dei grossi predatori. Questo comportamento infatti è sempre stato associato ai primi sapiens che giunsero in Europa, ovvero agli uomini di Cro Magnon, e non ai nostri cugini più "primitivi".

Per chiarire a tutti che si tratta di un caso di predazione, Russo e gli altri suoi colleghi si sono lasciati aiutare dall'archeologa Annemieke Milks, dell'Università di Reading, che oltre a fornire il proprio supporto durante lo scavo di Harz ha anche partecipato alla ricostruzione tridimensionale della battuta di caccia di Siegsdorf, fornendo importanti indizi su quale tipologia di materiali potesse essere usata dai Neanderthal per costruire le loro armi. Ed in questa ricostruzione, gli scienziati sono riusciti anche a ricostruire la modellazione balistica digitale della ferita provocata dalla lancia che ha ucciso il leone.

«Questa potrebbe costituire la prima prova dell'uso della pelle di leone da parte dei Neanderthal, potenzialmente per scopi culturali – hanno chiarito gli autori dell'articolo- Insieme, i nostri risultati forniscono quindi nuove informazioni sulle interazioni tra i Neanderthal e i leoni delle caverne nel Pleistocene e ci permettono di trovare altre somiglianze comportamentali tra i Neanderthal e i primi Homo sapiens».

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Modellazione digitale del colpo di lancia

Il leone delle caverne era un felino che viveva principalmente una vita solitaria e che aveva un'altezza alla spazza di circa 1,3 metri. Secondo le ricostruzioni paleo ecologiche, era una delle 3 specie all'apice della piramide alimentare europea e secondo alcuni era perfino più forte dell'attuale tigre del Bengala. Visse per oltre 200.00 anni fa e convisse per buona parte dell'era glaciale con i Neanderthal.

Nelle teorie sviluppate nella seconda metà del Novecento, la sua specie sarebbe andata incontro all'estinzione di seguito alla scomparsa delle grandi prede e all'eccessiva competizione con gli uomini di Cro Magnon. Ma questa nuova ricerca ci permette di capire che anche prima dell'arrivo dei sapiens in Eurasia, questa specie trovò nei Neanderthal degli ottimi competitor ecologici, tanto che tal volta potevano persino essere uccisi dalle loro famiglie più preparate.

Le loro raffigurazioni rupestri decorano varie grotte della Francia sud-orientale e hanno fatto da ispirazioni alle sculture in avorio, tra cui il famoso Löwenmensch (uomo leone). Questo porta a credere che questo felino avesse per gli esseri umani di varie specie un'importanza maggiore rispetto a tutti gli altri animali presenti nel territorio europeo.

Di cosa era fatta però l'arma che uccise l'esemplare di Siegsdorf e che probabilmente venne utilizzata anche 48.000 anni fa per abbattere l'esemplare di Harz? I ricercatori sono ancora indecisi su come rispondere a questa domanda. Quasi sicuramente però il legno con cui era formata l'asta della lancia proveniva dalla vegetazione locale ed era abbastanza elastico e resistente da non rompersi o scheggiarsi al momento dell'impatto. La punta invece era in osso o in pietra, in quanto la lavorazione dei metalli non era stata ancora inventata ed era energeticamente troppo dispendiosa.

Molti dubbi invece permangono sulle modalità di caccia dei Neanderthal. Non è infatti chiaro come riuscivano a braccare l'animale né come siano riusciti a far cadere l'esemplare di Siegsdrf, per poi mirare esattamente al centro del petto dove c'è il cuore. La precisione con cui hanno però colpito questo importante organo e mirato in mezzo alle costole conferma che l'animale era vivo al momento dell'abbattimento, poiché nel caso in cui fosse già morto non avrebbe avuto senso colpire il cuore né usare una lancia per raggiungere il petto.

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Leoni delle caverne dipinti nella grotta Chauvet, in Francia.
Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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