A distanza di meno di un anno dalla “grazia” concessa dal Parco dell’Arcipelago Toscano, i muflioni dell’isola del Giglio sono nuovamente in pericolo. Stavolta però è la Regione Toscana a minacciarli, con l’emanazione di un piano venatorio che prevede l’uccisione delle decine esemplari che vivono nella parte di isola che non rientra nei confini dell’area protetta del parco.
La denuncia arriva dalla Lav, una delle associazioni che hanno portato avanti la battaglia in difesa dei mufloni quando si è diffusa la notizia che il Parco dell’Arcipelago Toscano, nell’ambito di un piano di eradicamento di quella che viene considerata “una specie aliena” che minaccia l'ecosistema del parco, aveva disposto l’abbattimento degli esemplari che da anni popolavano l’area protetta all’interno del Giglio. L’annuncio aveva scatenato le proteste delle associazioni animaliste, che per mesi si erano battute per trovare una soluzione alternativa e salvare i mufloni. A fine novembre del 2021 l’ente Parco aveva accettato di sospendere gli abbattimenti, e nei mesi successivi le associazioni si sono adoperate per portare avanti le catture e trasferire gli animali in luoghi sicuri, salvando loro la vita.
«Ora è la Regione Toscana a esigere un tributo di sangue, avendo deliberato un piano venatorio che prevede l’uccisione di 37 mufloni sulla parte dell’isola che non rientra nei confini dell’area protetta», fanno sapere dalla Lav. Il provvedimento cui fa riferimento l’associazione risale al luglio del 2022 e cita il parere positivo di Ispra al piano di abbattimento in forma selettiva degli ungulati inviato a maggio 2022, che stabilisce che al Giglio i mufloni potranno essere abbattuti dal primo ottobre 2022 al 15 marzo 2023. Il che significa che i cacciatori potranno arrivare sull’isola in pochi giorni e iniziare a sparare. Ciò di cui non viene tenuto conto, però, è la particolarità dei mufloni del Giglio e la loro importanza a livello scientifico.
Il dna dei mufloni del Giglio è unico
«La Regione non tiene in alcun conto il recente lavoro scientifico, pubblicato a luglio scorso sulla rivista scientifica Diversity che, indagando il dna di quegli animali, li ha individuati portatori di un patrimonio genetico particolarmente prezioso perché riconducibile alla popolazione sarda, dalla quale i mufloni del Giglio in effetti provengono, ma nella sua caratteristica più ancestrale, non ancora “contaminata” da successivi incroci con altre specie, quali le pecore che popolano l’isola». Si tratta insomma di una specie unica, e uccidere gli esemplari del Giglio comporterebbe la perdita del loro patrimonio genetico e un danno anche ecologicamente irreparabile.
«Considerando che il muflone sardo è rigorosamente protetto dalla Legge nazionale sulla fauna selvatica, a differenza di quello “continentale” che è purtroppo specie cacciabile – sottolinea Massimo Vitturi, responsabile della sezione Animali Selvatici della Lav – e visto che da marzo la biodiversità di cui i mufloni specie protetta fanno parte è protetta addirittura dalla nostra Costituzione all’articolo 9 comma 3, abbiamo inviato una diffida legale urgente alla Regione Toscana, perché cancelli subito ogni ipotesi di uccisione degli animali presenti sull’isola del Giglio fuori dai confini del Parco.
«Uccidere un muflone sarebbe perseguibile penalmente»
Alla luce delle recenti scoperte scientifiche, inoltre, uccidere un muflone sarebbe perseguibile penalmente con una sanzione penale che comporta l’arresto da tre mesi a un anno e un’ammenda che può arrivare a circa seimila euro. Per questo la Lav ha inviato una diffida anche all’Ambito Territoriale di Caccia Grosseto 7, al quale è demandata l’uccisione degli animali, in modo che i cacciatori siano informati dei potenziali rischi giudiziari ai quali andranno incontro nel momento in cui dovessero dare esecuzione al provvedimento regionale.
«Chiediamo con forza al presidente Giani e all’assessora Saccardi di fermare subito i cacciatori – conclude la Lav – siamo certi che non vogliano essere ricordati come i responsabili dell’estinzione di una popolazione di mufloni unica al mondo, contribuendo così a danneggiare irrimediabilmente la peculiare biodiversità del nostro Paese».