Il surriscaldamento globale è una delle minacce globali principali che tutte le specie viventi stanno affrontando. Tra le aree maggiormente colpite ci sono poli, dove gli squilibri termici causati dai gas serra in atmosfera stanno portando all'anticipo della stagione del disgelo. Ciò provoca ovviamente gravi conseguenze a livello ecologico e climatico, e tra le specie maggiormente colpite ci sono anche gli scoiattoli di terra artici (Urocitellus parryii).
Come infatti afferma uno studio pubblicato su Science, per via dello scioglimento prematuro degli strati di neve accumulati durante l'inverno – fenomeno che caratterizza le prime fasi della breve primavera artica – questi animali, universalmente noti per essere tra i pochi mammiferi che riescono a resistere al congelamento durante l'inverno, hanno cominciato a uscire dall'ibernazione prima del previsto nel corso degli ultimi vent'anni, proprio come risposta al riscaldamento globale.
A rendere però complicata la sopravvivenza di questa specie è il fatto che per ragioni biologiche ancora non del tutto chiarite sono solo le femmine ad aver anticipato l'uscita dal letargo, mentre i maschi hanno mantenuto il periodo di risveglio classico, uscendo dalle loro tane molto dopo il risveglio delle loro potenziali partner. Questo comporta uno squilibrio netto fra gli orologi biologi maschili e femminili, che potrebbe avere ripercussioni negative sulla sincronizzazione dell'intero ciclo vitale della specie.
Questo fenomeno preoccupa notevolmente gli scienziati, perché nel lungo periodo potrebbe produrre una discrepanza temporale così grande che i due sessi non sarebbero più in grado di darsi appuntamento per accoppiarsi, visto che i maschi, prima di incontrare le femmine, devono passare molto tempo a irrobustirsi e a competere con gli altri maschi. Gli scoiattoli di terra sono inoltre anche un'importante fonte di cibo per i predatori. Una conseguenza quindi indiretta del risveglio anticipato delle femmine potrebbe esporre maggiormente alla predazione. Ma da cosa potrebbero dipendere le differenze tra i due sessi?
Helen Chmura, autrice principale di questa ricerca, ha iniziato l'analisi del comportamento di questa specie mentre era borsista postdottorato presso l‘Università dell'Alaska Fairbanks, nel 2018. Ora lavora come ricercatrice del servizio forestale dell'USDA – il Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti d'America – con la Rocky Mountain Research Station ed è tra le persone più competenti che hanno cercato di rispondere a questo fondamentale quesito.
«I nostri dati mostrano che lo strato attivo di ghiaccio, ovvero quello sopra il permafrost, a circa 1 metro di profondità, si congela più tardi in autunno rispetto in passato. Visto che questo strato si scongela poi ogni anno sempre qualche giorno prima rispetto a quello precedente, sappiamo anche che la sua durata non si è mantenuta nel tempo. Ed è proprio questo, forse, ad aver "disturbato" il ciclo biologico delle femmine, visto che è proprio all'altezza di un metro che gli scoiattoli riescono a crearsi il loro rifugio».
I ricercatori sono giunti a questa conclusione analizzando i dati a lungo termine sulla temperatura dell'aria e del suolo in due siti nell'Alaska e raccogliendo anche dei dati utilizzando dei biologger, dei piccoli sensori che vengono attaccati sulla pelle degli animali per raccogliere informazioni legati al loro stato di salute. Il team di Chmura, con la collaborazione importante di Cory Williams, assistente professore presso la Colorado State University, ha infatti analizzato le misure della temperatura addominale e/o cutanea di 199 esemplari, che si sono avvicendati negli stessi territori per un periodo molto lungo, ovvero 25 anni. Le due popolazioni di scoiattoli, infatti, fanno parte di uno studio di lunga data dello stesso Williams, che da oltre oltre due decenni continua a visitare l'Alaska per installare biologger su nuovi esemplari.
Un'altra potenziale spiegazione delle differenze di risposta al cambiamento climatico fra maschi e femmine, potrebbe sorgere analizzando la fisiologia dei due sessi, ma su questo punto gli scienziati preferiscono restare cauti e affermano di non aver previsto complessi studi fisiologici che prevedono interventi rischiosi e periodo in cattività per questa specie selvatica che rischia l'estinzione.
Gli unici due vantaggi possibili di questo proverbiale risveglio anticipato delle femmine, chiariscono Chmura e Williams, è che così non hanno bisogno di accumulare molto grasso per sopravvivere al letargo e che possono iniziare a cercare radici e germogli, sotto la coltre di neve, ben prima di quanto preventivato in passato in primavera. Ciò spingerebbe le femmine ad essere ben nutrite e a produrre cucciolate più sane, con tassi di sopravvivenza più elevati.
«Se i maschi però non cambiano modello di ibernazione e le femmine continuano ad anticipare il loro risveglio, i benefici dati da questi vantaggi svanirebbero presto e la specie rischierebbe di estinguersi, solo perché le coppie non riuscirebbero materialmente ad incontrarsi per l'accoppiamento», sottolineano gli scienziati.