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19 Settembre 2024
9:00

Un nuovo studio rivela il modo in cui si sono estinti i mammut

L'estinzione dei mammut e di molte altre specie, secondo uno studio, non fu responsabilità dell'uomo come sostenuto da molti ma fu colpa di una comune febbre da fieno che attualmente colpisce diverse specie animali (tra cui la nostra) durante la primavera.

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Con la fine dell'era glaciale sono state diverse le specie animali che si sono estinte in Europa come in Asia e Nord America. Fra queste, l'animale più importante in assoluto – sia per ragioni ecologiche che per ragioni legate all'evoluzione degli uomini moderni – era il mammut, che aveva plasmato il territorio d'interi continenti per diverse migliaia di anni tramite le sue lunghe peregrinazioni stagionali.

La sua scomparsa segnò gravemente gli ecosistemi di buona parte dell'emisfero settentrionale e, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Earth History and Biodiversity, l'estinzione dei mammut e di molte altre specie non fu responsabilità dell'uomo come sostenuto da molti ma fu colpa di una comune febbre da fieno che attualmente colpisce diverse specie animali (tra cui la nostra) durante la primavera.

Gli autori dello studio – tra cui Per Giorgio Righetti del Politecnico di Milano e Vincenzo Cunsolo dell'Università di Catania –  sostengono che l‘aumento esponenziale della quantità di polline nell'aria, provocato dall'evoluzione di nuove specie di piante nei territori prima ricoperti dal permafrost,  potrebbe aver scatenato una potente allergia a diversi animali. Una condizione debilitante che oltre ad abbassare il sistema immunitario di questi pachidermi ridusse considerevolmente la loro capacità di percepire gli odori. Ma c'è di più.

Secondo i ricercatori, questa allergia potrebbe aver impedito a un gran numero di mammut di percepire con il fiuto la presenza dei predatori, tra cui c'era anche l'uomo, e ai maschi di fiutare le femmine, fenomeno che portò in un breve tempo a un grave crollo demografico, dovuto alla riduzione delle nuove nascite.

Per confermare la loro teoria, gli scienziati hanno analizzato i resti di molti mammut e di molte altre specie conservati nel ghiaccio, andando così ad identificare quelle proteine – come alcuni frammenti di immunoglobulina – che solitamente si sviluppano all'interno del sangue di un mammifero quando soffre di una reazione allergica.

I loro studi hanno così confermato che buona parte della mega fauna pleistocenica ancora in vita dopo la fine dell'era glaciale portava sul proprio corpo i segni di gravi allergie e che alcuni esemplari di mammut trovati in Europa e in Siberia sono morti con i resti di alcune piante nello stomaco che provocano ancora oggi pericolose allergie. Tra queste piante è possibile menzionare la Oxytropis sordida e l'Huperzia che a quell'epoca sembravano ricoprire buona parte delle praterie presenti in tutti i continenti dell'emisfero settentrionale.

Tra le altre specie che sono state analizzate da questo studio ci sono il rinoceronte lanoso e il leone delle caverne che condividono con il mammut l'estinzione poco dopo la fine dell'era glaciale. I ricercatori  ora sono invece intenzionati nel tenere d'occhio i nuovi ritrovamenti di fossili risalenti all'inizio dell'Olocene, in modo tale da verificare ulteriormente se le specie più grandi furono vittime di pericolose reazione allergiche.

Imputare però alla febbre da fieno l'intera colpa dell'estinzione dei grossi pachidermi dell'era glaciale è sbagliato. Questi animali vennero infatti in buona parte abbattuti dagli esseri umani e caddero anche vittima del cambiamento climatico e dell'arrivo di nuove specie, che accompagnarono l'uomo nel suo processo di manipolazione della natura.

Oggi sappiamo inoltre che alcuni di mammut riuscirono a sopravvivere in alcune regioni isolate della Russia e su alcune isole del circolo polare artico fino a circa 4.000 anni fa, periodo in cui l'umanità era già alla prese con la costruzione delle piramidi.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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