L’apprendimento sociale attraverso l’osservazione e l’imitazione del comportamento di altri individui, conspecifici e non, è stato ormai dimostrato in innumerevoli specie animali ad esempio fra i primati, altri mammiferi e anche negli uccelli. E' un'abilità che richiede la presenza di capacità cognitive complesse legate all’imitazione e all’apprendimento, un insieme di comportamenti che permette la trasmissione per via orizzontale e culturale di nuove varianti comportamentali in una data popolazione.
In un recente studio pubblicato sulla rivista Animal Cognition, un gruppo di ricercatori ha cercato di studiare le capacità d’apprendimento sociale per imitazione nel maiale domestico, una specie in cui sono già emersi in altri studi indizi importanti sulla potenziale presenza di questa capacità.
Per capire se i maiali riuscissero effettivamente ad imitare e a imparare le soluzioni comportamentali dei loro compagni proprio grazie alla loro presenza fisica come “agenti sociali” di cui osservavano ed imitavano i movimenti e i comportamenti, i ricercatori hanno messo a punto un esperimento con un problema a “due fasi”.
In particolare, 36 maiali dovevano cercare di risolvere un problema legato all’accesso al cibo venendo posti dinanzi ad un apparato dove, per raggiungere il premio, dovevano prima sfilare un perno da un buco, in modo tale da sbloccare la possibilità di spostare lateralmente la barriera che impediva l’accesso al cibo.
A partire da questo problema, i maiali sono stati posti sia in alcune condizioni in cui potevano effettivamente osservare ed imitare i comportamenti di altri individui (sia maiali che esseri umani) o in cui gli oggetti che servivano a risolvere il problema venivano mossi da “fantasmi” (sia in assenza sia in presenza di altri maiali o esseri umani) sia con una condizione di controllo in cui dovevano risolvere il problema senza aver osservato nessuna di queste situazioni in precedenza.
Ciò che è emerso è che i maiali che potevano osservare sia come i conspecifici che gli umani riuscivano a risolvere l’esercizio mostrassero di interagire già da subito e con maggior confidenza con gli oggetti rilevanti per la risoluzione del problema (il perno e il coperchio), riuscendo ad avere complessivamente un tasso di successo maggiore rispetto ai maiali che non avevano avuto la possibilità di osservare altri individui risolvere il problema e mostrando dunque come riuscissero ad emulare e apprendere la soluzione corretta tramite l’osservazione.
I risultati mostrano dunque in maniera chiara come l’apprendimento sociale per imitazione sia presente anche nei maiali domestici, anche se hanno mostrato come non fosse tanto la presenza di un agente sociale a fare la differenza, quanto l’individuazione e l’imitazione degli step necessari a risolvere il problema dato che non sono state riscontrate differenze nei gruppi in cui variavano gli “agenti sociali” coinvolti, ad esempio fra le condizioni dove erano presenti maiali, esseri umani e dove gli oggetti venivano mossi da “fantasmi”.
È ora curioso cercar di capire sia quali siano i meccanismi cognitivi su cui si basa questa capacità e se sono condivisi con quelli già ipotizzati alla base delle stesse capacità nelle altre specie animali dove la stessa è stata riscontrata (primati e uomo compreso), com’è comunque probabile che sia.
Inoltre sarebbe anche curioso capire se questa capacità comportamentale fosse già presente nel repertorio etologico del maiale sin dal suo antenato selvatico, il cinghiale e se quindi si fosse evoluta e conservata successivamente nel maiale domestico ancor prima del processo di domesticazione indotto dall’uomo per gli eventuali vantaggi che tale capacità poteva conferire in natura per l’antenato selvatico del maiale, rendendo il processo di domesticazione ininfluente nell’emergenza evolutiva di tale capacità nel maiale (mentre ne ha sicuramente favorite altre).
Ciò è già stato dimostrato per quanto concerne ad esempio la simultanea presenza di capacità comportamentali e cognitive similari fra lupi e cani come la possibilità di formare legami d’attaccamento con l’uomo, una plasticità comportamentale che si è probabilmente evoluta prima del processo di domesticazione e che anzi è stata sicuramente uno dei fattori che hanno facilitato e innescato lo stesso.
Non ci resta che attendere se questi risultati comportamentali verranno investigati e se eventualmente verrà dimostrata la loro presenza anche nei cinghiali, per confermare o smentire quest’ipotesi evolutiva.