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27 Febbraio 2023
9:00

I gatti riconoscono i loro parenti?

Le gatte sono mamme irreprensibili, ma i cuccioli si separano presto da lei. Col passare del tempo, riescono le mamme a riconoscere i figli? E i fratelli si riconoscono tra loro?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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La cultura occidentale fa molta fatica a concepire che il legame di parentela possa estinguersi al punto che madri/padri e figli o fratelli cresciuti insieme arrivino a non riconoscersi a vicenda. Ma in molte altre specie è esattamente quello che avviene e per ragioni legate alla diversità biologica dei viventi.

La vista di una cucciolata di micetti accuditi dalla mamma scatena di solito reazioni estasiate. Le gatte sono mamme irreprensibili, responsabili, che si prendono spesso cura da sole di tutta la famiglia, aiutate al massimo (quando e se ci sono) da una sorella o da una zia che le “danno una mano”.

Eppure l’idillio è destinato a terminare perché, in linea teorica, i maschi sono destinati a separarsi dalla madre prima della maturazione sessuale per trasferirsi altrove e alle femmine tocca spesso la stessa sorte, a meno che non restino nello stesso territorio materno, andando a formare una sorta di comunità matrilineare.

È quindi ragionevole chiedersi se i gatti possano o meno riconoscere i parenti nel corso del tempo.

I gatti riconoscono i figli?

È un campo poco investigato e i pochi dati che sono emersi hanno dimostrato che:

  • Mamma gatta è in grado di riconoscere inequivocabilmente i suoi micetti della sua rispetto a dei micetti estranei, anche solo annusando l’area ano-genitale (che, per inciso, lei pulisce regolarmente permettendo ai piccoli di evacuare)
  • I figli tendono a conservare l’odore materno tra i ricordi più precoci della loro memoria olfattiva, una memoria che è attiva già alla nascita e permette al piccolo – nato cieco e sordo – di individuare il capezzolo e raggiungerlo. Tuttavia, non è ancora chiaro se questo riconoscimento, che permane almeno fino all’anno di età, permette ai gatti di risalire all’immagine materna oppure no.

Non è chiaro come mai i gatti mostrino di “riconoscere” l’odore materno ad un anno di età: l’ipotesi più accreditata è che questo possa aiutare madri e figli ad escludersi a vicenda come partner sessuali ma, ancora una volta, l’esperienza dimostra che le cose possono andare diversamente, soprattutto laddove le risorse alimentari abbondano.

I gatti riconoscono i fratelli?

È possibile che i gatti trattengano nelle loro memorie profonde questo tipo di informazione ma non per ricollegarla all’identità della loro madre: infatti, l’esperienza pratica dimostra che se figlio e madre si ricongiungono dopo una separazione anche solo di qualche settimana, tenderanno a trattarsi come due perfetti estranei, discutendo e scontandosi. E lo stesso vale se a ricongiungersi sono dei fratelli che sono cresciuti insieme e che poi vengono separati, magari perché adottati da famiglie diverse.

Se, invece, madre e figli, o gatti fratelli continuano a vivere insieme, allora qualcosa del loro legame permane, pur trasformandosi in qualcosa di diverso. I gatti che convivono, infatti, finiscono per condividere un odore comune che permette loro di riconoscersi come appartenenti allo stesso gruppo sociale ma è un riconoscimento che poi si estende anche a quei non-parenti con cui convivono e con cui intessono delle buone relazioni. In altre parole, una volta maturato il distacco dalla madre attorno ai 3-4 mesi, i gatti danno valore alla condivisione di un odore comune, conseguenza della convivenza, più che al legame di sangue di per sé.

I padri riconoscono i figli?

Il padre, tipicamente, non è coinvolto nelle cure e nell'allevamento dei cuccioli. Può capitare che incontri i piccoli per la prima volta attorno le 4 settimane o anche mai nella vita. Inoltre, una gatta può partorire in una stessa cucciolata figli di padri diversi per cui è molto improbabile che questi siano in grado di riconoscere i rispettivi figli. O, almeno, è improbabile che un riconoscimento del genere possa servire a qualcosa sul piano biologico ed è il motivo per cui si pensa che il legame padre-figlio nei gatti sia praticamente inconsistente.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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