Fin da quando i gatti furono domesticati per la prima volta oltre 9.000 anni fa, noi esseri umani li abbiamo portati in giro per il globo praticamente ovunque, introducendoli in tutti in continenti a eccezione dell'Antartide. Tutto questo fa del gatto domestico una delle specie più diffuse del pianeta, ma anche una delle più problematiche per la biodiversità globale. Nonostante la loro piccola taglia e l'aspetto tenero che li ha resi uno degli animali più amati in assoluto, i gatti liberi di vagare e cacciare altri animali sono infatti responsabili, inconsapevolmente, di un vero e proprio caos ecologico.
Grazie a un nuovo studio pubblicato su Nature Communications, un team di ricercatori ha infatti messo insieme tutti gli animali selvatici che vengono predati e mangiati dai gatti lasciati liberi o randagi, realizzando un impressionante database globale di oltre 2.000 specie diverse in tutto il mondo. E tra queste quasi 350 specie sono anche a rischio estinzione o addirittura già estinte: secondo gli stessi autori, non esiste al mondo nessun altro mammifero predatore in grado di cacciare con successo così tante specie diverse.
Gli studi sull'impatto dei gatti domestici sulla fauna selvatica scatenato sempre forti polemiche e feroci proteste tra le persone che convivono con il felino più amato del mondo, poiché alcuni credono possa incentivare abbandoni, maltrattamenti o addirittura vere e proprie persecuzioni. Non sono però certamente queste le intenzioni di naturalisti e biologi, che tentano solamente di far luce sull'impatto che il micio di casa può avere sulla fauna selvatica protetta com l'obiettivo di diffondere maggiore consapevolezza, anche in ottica gestionale.
I gatti sono carnivori obbligati e tra i predatori più efficaci e letali del Pianeta, anche se vivono tra le mura domestiche. Conosciamo infatti molto bene il loro impatto sui piccoli mammiferi e sugli uccelli che vivono in giardino o intorno alle nostre case. Tuttavia, studi più approfonditi riguardo la portata di questo fenomeno sugli ecosistemi sono stati realizzati soprattutto sulle piccole isole, dove i gatti hanno già causato l'estinzione di diverse specie, oppure in zone del mondo da sempre approfondite e conosciute, come per esempio il Nord America e l'Australia.
Proprio in Australia, per esempio, è stato già stimato che i gatti domestici (sia casalinghi che rinselvatichiti) uccidono ogni anno 377 milioni di uccelli appartenenti a più di 330 specie autoctone, circa la metà di quelle nidificanti nel continente, oltre che circa 649 milioni di rettili. Negli Stati Uniti, invece, ogni anno verrebbero uccisi dai felini ben 3,7 miliardi di uccelli e 20,7 miliardi di piccoli mammiferi, soprattutto roditori, conigli e toporagni. Anche qui in Italia, uno studio ha dimostrato che sono almeno 207 le specie selvatiche uccise dai gatti, di cui 34 minacciate e protette. Tuttavia, si tratta sempre di dati sottostimati e soprattutto limitati geograficamente.
Per contribuire quindi a colmare alcune di queste lacune, l'ecologo Christopher Lepczyk e il suo team hanno analizzato e messo insieme oltre di 530 articoli scientifici, libri e report che coprono un arco di tempo di oltre di 100 anni, realizzando così il più grande database sulla dieta dei gatti domestici. Gli autori hanno poi ordinato tutte le specie che finiscono vittime dei gatti suddividendole in gruppi tassonomici, per avere un'idea più chiara di quali animali selvatici vengono presi di mira maggiormente dai felini domestici.
I ricercatori hanno così scoperto che sono almeno 2.083 le specie consumate, vive o morte, dai gatti domestici. Molti di questi animali, prevedibilmente, sono uccelli (981 specie), rettili (463) o mammiferi (431), ma ci sono anche insetti (119), anfibi (57) e altre specie, come pesci, molluschi e aracnidi. Sebbene le prede più comuni siano topi, ratti, uccelli e piccoli mammiferi o rettili (circa il 90%), i ricercatori ha anche trovato prove che i gatti possono mangiare anche animali insospettabili, come tartarughe marine, emù e persino bovini domestici.
Da questi dati, emerge quindi che i gatti possono cacciare il 9% di tutti gli uccelli conosciuti, il 6% dei mammiferi e il 4% rettili. Il 97% degli animali predati ha una massa corporea inferiore a 5 kg, sebbene vengano mangiate anche specie molto più grandi. Questo significa che praticamente qualsiasi animale più piccolo di 5 kg può essere ucciso da un gatto. E incrociando questi dati con la Lista Rossa IUCN delle specie minacciate, gli autori hanno scoperto che ben 347 specie sono elencate come quasi minacciate, minacciate (comprese alcune in pericolo o in pericolo critico) o addirittura già estinte.
Tra queste ci sono per esempio la cornacchia delle Hawaii (Corvus hawaiiensis), la quaglia della Nuova Zelanda (Coturnix novaezelandiae) e il ratto coniglio dai piedi bianchi (Conilurus albipes), le ultime due già estinte purtroppo da tempo, mentre invece la prima sopravvive ormai solo in cattività. Come ormai noto, inoltre, i danni maggiori vengono registrati sulle piccole isole, dove piccoli uccelli, mammiferi e rettili endemici non abituati a convivere con alcun predatore naturale, finiscono più facilmente preda dei gatti.
Questo nuovo studio, quindi, sottolinea ancora una volta che i nostri gatti domestici sono tra i predatori generalisti più estremi e versatili al mondo e che continuano a causare il declino di molte popolazioni selvatiche che porteranno a ulteriori estinzioni, se non gestiamo i nostri felini domestici. Anche perché gli stessi autori sottolineano che anche i loro sono sicuramente dati e numeri sottostimati, per esempio a causa della difficoltà di identificazione per i resti di insetti nello stomaco o negli escrementi dei gatti, rispetto invece alle piume o alle ossa dei mammiferi.
Anche da un punto di vista geografico, sono purtroppo ancora molte le lacune sull'impatto ecologico dei gatti in alcune delle regioni del mondo con maggiore biodiversità, come il Sud America, l'Asia e l'Africa, dove sicuramente sono molte di più le specie selvatiche che finiscono nel menù dei nostri mici domestici. La forte pressione predatoria esercitata sulla fauna selvatica da parte dei gatti è perciò un problema ecologico complesso, ma ormai innegabile. La biodiversità mondiale, già nel bel mezzo della sesta estinzione di massa, ha bisogno quindi anche di una gestione più attenta e consapevole dei gatti e delle altre specie invasive.
È un problema che però può essere sicuramente gestito meglio, trovando un compromesso tra il benessere dei gatti (incolpevoli protagonisti di tutto ciò) e la conservazione della biodiversità. Serve però maggiore consapevolezza, mediazione e dialogo tra tutte le parti coinvolte, fino ad arrivare alle istituzioni e alla gestione del complesso fenomeno del randagismo e delle colonie feline nelle aree urbane e nei parchi.