Avevano le squame e volavano nei cieli del Permiano tra 260 e 252 milioni di anni fa grazie a una membrana che si estendeva ai fianchi del corpo. No, non erano i draghi sputafuoco usciti direttamente da House of the Dragon, ma i primi rettili ad aver "imparato" a volare: si chiamava Coelurosauravus elivensis, e poteva stare tranquillamente nel palmo di una mano. Fin da quando furono trovati i primi fossili in Madagascar, nel 1907, paleontologi e scienziati discuto del suo aspetto singolare e su come e perché sia stato il primo rettile a evolvere il volo planato.
Ora, grazie a un nuovo studio appena pubblicato sul Journal of Vertebrate Paleontology, i ricercatori hanno riesaminato i fossili di questo piccolo rettile volante ricostruendo con maggiore dettaglio il suo scheletro scoprendo inoltre che, molto probabilmente, è stato il particolare tipo di foresta in cui viveva, con chiome molto ravvicinante, a favorire l'evoluzione del volo planato.
A differenza della maggior parte dei rettili dell'epoca, il piccolo Coelurosauravus elivensis non si muoveva a terra, ma planava tra le chiome degli alberi nelle fitte foreste del Permiano. Aveva un aspetto simile a quello di un minuscolo drago, con una membrana di pelle che si estendeva dal busto agli arti anteriori, formando una specie di patagio simile a quello che troviamo oggi in scoiattoli volanti, petauri dello zucchero e colughi.
Mettendo insieme i tre fossili a disposizione, i ricercatori sono riusciti a ricostruzione in maniera quasi perfetta il suo scheletro post-craniale, cioè busto, arti e "ali". Hanno perciò ricostruito in maniera più completa il modo in cui riusciva volava e come ha fatto a diventare il primo rettile della storia a spiccare il volo.
Secondo gli autori, la soluzione al mistero su quali pressioni ambientali abbiano guidato l'evoluzione del suo volo planato, sta nella chioma degli alberi. Le foreste il cui viveva il piccolo drago volante erano molto fitte e con con chiome molto sovrapposte. Ciò consentiva a questi piccoli rettili di poter vivere l'intera loro vita sugli alberi senza mai dover scendere a terra, dove era certamente più facile incontrare eventuali predatori.
Per i ricercatori, questa spiccata vita arborea favorita dalla struttura della foresta, potrebbe aver guidato l'evoluzione di questi rettili favorendo e selezionando la comparsa delle membrane alari e del volo planato. Inoltre, gli autori sono riusciti finalmente a ricostruire in maniera più attendibile la struttura delle sue ali, fino ad oggi argomento molto dibattuto tra gli esperti.
Per gli autori di questo studio, le ali di C. elivensis erano molto probabilmente situate più in basso sul tronco di quanto creduto sinora, e si estendevano a partire dai gastralia (ossa dermiche situate tra lo sterno e il bacino) oppure dalla muscolatura del tronco. Gli scienziati lo hanno determinato in base alla posizione delle ossa, poiché i tessuti molli delle membrane non si sono conservati in nessun fossile.
La sua struttura alare era quindi leggermente diversa da quella di altri piccoli rettili volanti attualmente viventi: le specie del genere Draco. Anche i draghi volanti attuali, diffusi in India e in Sud-est asiatico, possiedono un patagio ai lati del corpo che si apre a scatto quando il rettile ha bisogno di planare da un albero all'altro. Queste membrane vistosamente colorate sono però sorrette come un mantello dalle costole eccezionalmente allungate.
C'è però un'atra somiglianza sviluppatasi per convergenza evolutiva che unisce entrambi questi rettili volatori. Per gli scienziati, proprio come accade nelle lucertole del genere Draco, anche Coelurosauravus era in grado di afferrare il suo patagio con gli artigli anteriori. In questo modo poteva stabilizzare il volo e persino regolarlo ottenendo un maggiore controllo, proprio come se fosse un mantello.
Tuttavia, un'articolazione aggiuntiva in un dito rendeva probabilmente ancora più efficace questa capacità, compensando quindi l'instabilità generata dal posizionamento più arretrato del patagio sul tronco. Dopo anni di dubbi e discussioni, questo nuovo studio finalmente restituisce una visione più chiara e precisa su come viveva e come si è evoluto questo piccolo e curioso rettile, il primo della storia ad aver conquistato i cieli.