Un ultimo sguardo verso la terraferma, da dove i loro amici umani li osservavano sempre più in lontananza. Uno sguardo d’intesa tra di loro, per condividere la consapevolezza del nuovo inizio. E poi Rocky, Rambo e Johnny, i tre delfini che da tre anni stavano imparando a tornare liberi, hanno preso il mare aperto.
Hanno superato l’ultima rete del grande recinto marino dove in questi tre anni avevano riscoperto il sapore dell’acqua salata e la caccia ai piccoli pesci da mangiare, e hanno preso il largo nella baia di Banyuwedang a largo di Bali. «Si sono voltati e sono tornati da noi un'altra volta, quasi per ringraziarci e salutarci. Poi si sono diretti verso l'oceano aperto e sono scomparsi» ha raccontato Lincoln O'Barry, il coordinatore di Dolphin Project, l’organizzazione fondata da Ric O'Barry in occasione della Giornata della Terra del 1970, con l’obiettivo di liberare i delfini in cattività e, quando possibile, rilasciarli liberi in mare dopo la necessaria riabilitazione.
La riabilitazione dopo la cattività e le esibizioni
Salvati da una vita di prigionia ed esibizioni al Melka Excelsior Hotel di Bali nord, Rocky, Rambo e Johnny hanno affrontato una lunghissima riabilitazione fortemente rallentata dalla pandemia di covid 19 che li ha bloccati molto più di quanto previsto all’Umah Lumba Rehabilitation, Release and Retirement Center di Banyuwedang Bay a Bali Ovest, la prima e unica struttura permanente al mondo per la riabilitazione, il rilascio e il pensionamento di delfini che in passato si sono esibiti. «Il nostro team ha fatto l'unica cosa che poteva fare: è rimasto ad assicurarsi che i delfini ricevessero protezione e cure 24 ore su 24, 7 giorni su 7 – ha spiegato Lincoln che ha aggiunto – negli ultimi 40 anni, tutti i progetti di riadattamento e rilascio a cui abbiamo lavorato hanno richiesto dai due ai quattro mesi.
Tuttavia, nel caso di Johnny, Rocky e Rambo, il loro riadattamento ha richiesto molto più tempo. A causa di una combinazione di blocchi, restrizioni di viaggio e limitazioni, l'Indonesia ha smesso di rilasciare permessi per liberare gli animali in natura. Questa situazione si è protratta fino alla primavera del 2022, quando siamo finalmente riusciti a ottenere il permesso di liberare i tre delfini».
Nel frattempo i mesi sono stati spesi, giorno dopo giorno, ad insegnare ai tre delfini, disabituati alla libertà dopo i tanti anni costretti in vasche di cemento con acqua piena di cloro, a riadattarsi al mare e ai suoi abitanti. Nei grandissimi recinti marini, delimitati da reti che circoscrivono profondi e larghi tratti di mare dove sorge il centro di riabilitazione, hanno preso di nuovo contatto con l’acqua salata, con il moto ondoso, con i piccoli pesci che nuotavano liberamente nelle stesse acque e che sono tornati ad essere il loro cibo preferito. In questi lunghi mesi i tre delfini hanno finalmente dimenticato le vasche di cemento, l’acqua clorata, gli addestramenti per le esibizioni, i pesci surgelati come ricompensa, l’idratazione forzata necessaria per l’alimentazione innaturale priva di liquidi.
Al momento del salvataggio «Johnny, Rocky e Rambo erano sottopeso, malnutriti e presentavano una serie di gravi lesioni fisiche – racconta ancora Lincoln. – Gradualmente, sotto le cure del nostro team hanno iniziato a tornare alla vita. Hanno riacquistato peso, forza e colore, mostrando le loro caratteristiche selvatiche come natura vuole. Negli ultimi mesi, i delfini si erano in gran parte procurati il pesce da soli, usando il sonar per cacciare e catturare le prede. Nel recinto hanno trascorso ore e ore a cacciare in cooperazione e a mangiare pesce vivo. Il 90% del loro tempo era trascorso sott'acqua, a differenza dei delfini in cattività che trascorrono il 90% del loro tempo sulla superficie dell'acqua. In sostanza, hanno dimenticato con successo i comportamenti appresi in cattività, recuperando 30 milioni di anni di evoluzione».
Denti nuovi per Johnny, grazie ad un veterinario italiano
Un ultimo problema, proprio alla fine della riabilitazione, rischiava di far naufragare il sogno di rilasciare i delfini in mare aperto. Johnny, il più anziano dei tre, non riusciva ad alimentarsi da solo perché i suoi denti, dopo anni di cloro e di cattiva alimentazione, erano troppo consumati per afferrare i piccoli pesci vivi che nuotavano in acqua. È stato grazie a Paolo Martelli, un veterinario italiano che da molto tempo vive e lavora a Hong Kong, e alla sua tecnica di ricostruzione dentale, che Johnny ha potuto avere una dentatura nuova e perfettamente utile all’uso.
«Abbiamo utilizzato una tecnica che stavamo sperimentando da tempo sui delfini che vivono nei delfinari di Hong Kong per la ricostruzione della dentatura grazie ad una resina molto resistente che viene innestata direttamente intorno alla radice del dente – spiega Martelli raggiunto al telefono. – Un lavoro lungo, che ci ha portato via diversi mesi anche per la difficoltà di lavorare con il delfino in acqua trasformando l’intervento e l’uso del trapano in un gioco. Ma Johnny è stato davvero bravissimo e vederlo toccarsi i denti nuovi con la lingua dopo l’innesto e sperimentare subito la nuova dentatura, un’enorme soddisfazione. Ora spero proprio di non doverlo incontrare mai più. Vorrebbe dire che sta bene e che vive libero, come è giusto».
L’emozionante incertezza prima di prendere il mare aperto
Emozionanti le fasi del rilascio, con tutti i membri dello staff e le autorità indonesiane, che hanno collaborato a lungo in questi mesi per permettere la riuscita del progetto, intervenute per salutare i tre delfini. «Intorno alle 8:00 del mattino Siti Nurbaya, ministro delle Foreste e dell'Ambiente della repubblica di Indonesia, e la sua delegazione sono arrivati per assistere alla cerimonia. È stato aperto ufficialmente il cancello del primo recinto permettendo così ai delfini di spostarsi al recinto principale, dal quale era stata completamente rimossa l'estremità rivolta verso l'apertura della baia di Banyuwedang». Poi è cominciata l’attesa che i delfini si abituassero alla novità e iniziassero ad allontanarsi.
«Per un’ora e mezza, Johnny, Rocky e Rambo sono rimasti nel recinto principale, nonostante fossero pienamente consapevoli che la rete che li separava dalla baia era stata rimossa. Si dirigevano verso l'apertura senza attraversarla. Per noi, attraversare quell'apertura rappresentava la libertà, ma per i delfini attraversarla rappresentava un viaggio verso l’ignoto» racconta ancora Lincoln che assistito, emozionandosi come tutti i presenti, a tutti i passaggi della liberazione. «Infine, alle 9:33, Johnny è stato il primo a uscire, aprendo la strada agli altri due delfini. Questo "anziano" ha nuotato per qualche metro nell'apertura e poi ha nuotato verso il lato del recinto principale, dove ha iniziato a comunicare con Rocky e Rambo. In pochi istanti, anche loro sono usciti dal recinto. Tutti e tre i delfini si sono tuffati, e sono rispuntati a circa 20 metri di distanza. Rimanendo sulla superficie dell'acqua, ci stavano sicuramente guardando. Poi, all'unisono, si sono tuffati di nuovo, questa volta spuntando a circa 150 metri di distanza. Si stavano dirigendo verso l'oceano aperto. Quando i delfini hanno raggiunto l'imboccatura della baia, si sono girati, tornando verso il centro della baia. Hanno nuotato accanto al recinto marino, si sono girati di nuovo e poi hanno nuotato in linea retta verso il mare aperto. Una volta superata la soglia in cui la baia incontra l'oceano aperto, sono spariti».
Ora per i tre inizia una fase nuova e completamente sconosciuta: nuotare nel mare aperto e vivere una vita etologicamente sana. «I primi 90 giorni sono cruciali per l'adattamento dei delfini alla loro nuova vita. Per questo motivo, sono stati predisposti diversi piani di emergenza per ogni possibile scenario» spiega Lincoln che anticipa che ogni giorno le barche del centro di recupero usciranno in mare proprio per osservare le condizioni dei tre delfini rilasciati.
Sono anche stati condotti corsi di formazione con i pescatori locali e gli operatori nautici, istruendoli a non avvicinarsi ai delfini e a non dar loro da mangiare, qualora si avvicinassero, ed è stata istituita una linea telefonica diretta in caso di avvistamento dei delfini con cartelli installati in diversi villaggi. «Il monitoraggio durerà un anno – spiega – grazie ad un sistema di localizzazione GPS all'avanguardia. Sebbene ci auguriamo che tornino alla loro vita naturale come mammiferi selvatici e liberi, le nostri recinti rimarranno aperti nel caso decidessero di tornare».
Un progetto costoso, che però deve continuare
In tanti hanno collaborato alla riuscita di un progetto così straordinario. A partire dalle autorità indonesiane, prima fra tutte il Ministero dell'Ambiente e delle Foreste. Ma anche molte associazioni come la BKSDA Bali e la Jakarta Animal Aid Network, oltre al Parco Nazionale di Karimunjawa e al Parco Nazionale di Bali Ovest. «Senza di loro niente sarebbe potuto accadere anche se molto rimane ancora da fare – conclude O’Barry – è infatti necessario completare i lavori affinché l'Umah Lumba Center sia pronto ad accogliere altri delfini in difficoltà.
I costi del post-rilascio sono in realtà maggiori rispetto al lavoro di riadattamento stesso. Sebbene non vengano spesi soldi per l'alimentazione (circa 3.000 dollari al mese), la benzina per le imbarcazioni che monitorano i delfini e i costi per la localizzazione digitale dovrebbero aggirarsi tra i 7500 e i 10.000 dollari al mese». Anche per questo l’attivista ci tiene a ringraziare tutti quelli che hanno dato una mano e tra questi «un ringraziamento speciale al governo e al popolo indonesiano così orgogliosi di questo progetto». L’Indonesia diventa così il primo Paese al mondo ad aver ha creato una struttura permanente per la riabilitazione, la liberazione e il pensionamento dei delfini che in passato si esibivano.
«Prenderemo il modello dell'Umah Lumba Rehabilitation, Release and Retirement Center e lo useremo per costruire santuari per delfini sia in Nord America che in Europa» conclude Lincoln che non potrebbe essere più soddisfatto di così. E proprio l'Italia si candida ad essere una delle prime nazioni in Europa ad accogliere un santuario sul modello Umah Lumba: a Taranto sono già partiti i lavori per l'allestimento del santuario italiano destinato ai delfini proprio in collaborazione con il Dolphin Project di Lincoln e Ric O'Barry.