Si definiscono impollinatori tutti gli animali che trasportano il polline garantendo l'impollinazione. Tra questi rientra il colibrì, un minuscolo uccellino che si nutre di nettare. I fiori pieni di nettare, però, sono un luogo di raccolta ideale per il lievito, un tipo di fungo, e per i batteri che metabolizzano lo zucchero e producono etanolo, ovvero la forma di alcol comunemente presente in bevande alcoliche come la birra, il vino e gli alcolici distillati. Un team di ricercatori ha voluto studiare le abitudini alimentari del colibrì di Anna (Calypte anna) per capire quanto l'etanolo fosse presente nella sua alimentazione e, soprattutto per rispondere ala seguente domanda: "i colibrì si ubriacano"? I risultati di tale ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Royal Society Open Science.
Una domanda del genere è più che lecita se si considera che questi animali si nutrono quasi esclusivamente di nettare e che ogni giorno devono mangiare un quantitativo pari a circa 3 volte il loro peso corporeo. «Il nettare è composto per la maggior parte di acqua, mentre il resto è zucchero. Questo vuol dire che la concentrazione di etanolo è relativamente bassa, ma aumenta vertiginosamente se si considerano le quantità di nettare ingerite dal colibrì», spiega Dudley, professore di biologia integrativa alla UC Berkeley.
Per capire meglio questa dinamica, sono state fornite ai colibrì delle mangiatoie contenenti acqua e zucchero. Si è visto che questi sorseggiano allegramente questa bevanda con un contenuto alcolico fino all'1% in volume, trovandola attraente quanto la semplice acqua zuccherata. Se, però, questa contiene il 2% di alcol, allora tendono ad esserne meno attratti, nel senso che ne bevono molta di meno, circa la metà. Questo significa che, alla fine dei conti, hanno assunto le stesse quantità di etanolo in entrambi i casi: quando l'acqua ne conteneva l'1%, l'hanno bevuta tutta, al contrario, quando ne conteneva il doppio, ne hanno bevuta solo metà. «Si è trattato di una sorta di effetto soglia che ci ha suggerito che, qualunque cosa ci sia in natura, probabilmente non contiene più dell'1,5% di etanolo».
E' evidente, quindi, che hanno delle preferenze relative alla percentuale acolica nel loro cibo, ma ancora non è chiaro se "vanno su di giri" o meno. E' testato il livello di alcol nell'acqua zuccherata avanzata nelle mangiatoie per due settimane e si è visto che la sua concentrazione era molto più bassa: circa lo 0,05% in volume. «Ora, lo 0,05% non sembra molto, e non lo è, ma se si mangia l'80% del proprio peso corporeo al giorno contenente lo 0,05% di etanolo, si ottiene un carico sostanziale di etanolo rispetto alla propria massa corporea – afferma Dudley – Quindi è tutto coerente con l'idea che ci sia un'esposizione naturale e cronica a livelli fisiologicamente significativi di etanolo derivati da questa fonte nutrizionale».
In poche parole: non importa quanto alcol assumono perché tanto lo bruciano molto rapidamente, esattamente come lo zucchero. Questo significa che l'etanolo non gli provoca nessun effetto e che, quindi, non "si ubriacano". Si può affermare che i colibrì non corrono alcun pericolo nel consumare grandi quantità di nettare, e quindi di etanolo, in quanto quest'ultimo costituisce una parte della loro dieta. E' bene ricordare, però, che questo risultato è stato ottenuto attraverso l'utilizzo di mangiatoie. Sarebbe interessante misurare la quantità di etanolo presente naturalmente nei fiori e determinare la frequenza con cui viene consumato dagli uccelli per poi fare un confronto con i risultati ottenuti dal precedente studio.
Tale studio è interessante anche sotto un altro punto di vista. «Perché gli esseri umani bevono alcol anziché aceto o altri 10 milioni di composti organici? E perché la maggior parte degli esseri umani lo metabolizza, lo brucia e lo usa in modo piuttosto efficace, spesso insieme al cibo, ma alcuni esseri umani lo consumano in eccesso?», si chiede Dudley. Per capire in che modo l'alcol sia così attraente per l'uomo, è bene studiare in che modo questo agisce sugli animali: «La biologia comparata del consumo di etanolo può fornire indicazioni sui modelli moderni di consumo e abuso da parte degli esseri umani».