Ormai li vediamo sempre più spesso nelle nostre città, ma non è sempre stato così. Nei primi anni 2000 in Italia vivevano circa 300 mila cinghiali. Ad oggi, secondo l’ultimo dato ISPRA, il numero è lievitato a 1,5 milioni.
I cinghiali arrivano nelle nostre città perché, banalmente, sono in cerca di cibo. Questi ungulati – termine che viene dal latino “ungulatum”, ovvero “provvisto di unghie” – nei centri urbani trovano di tutto: dagli scarti alimentari dei supermercati e dei ristoranti, fino ai cassonetti pieni di spazzatura. Questi animali riescono a sentire l’odore del cibo da grandi distanze, anche se i cassonetti sono chiusi: i cinghiali hanno infatti un muso – chiamato grifo – con il quale scavano nel sottosuolo e, grazie all’olfatto molto sviluppato, individuano tuberi e radici sottoterra.
Rifiuti dell’uomo a parte, i cinghiali mangiano praticamente di tutto, sono animali onnivori. Spesso però capita che siamo anche noi cittadini a offrire direttamente del cibo a questi animali, nel tentativo di avvicinarci a loro e magari scattargli una foto. Questo comportamento, oltre che essere assolutamente sbagliato perché è come se stessimo dicendo a quell’animale “torna pure qui che troverai sempre del cibo”, è anche illegale. Alimentare i cinghiali è un reato punibile con una multa fino a 2000 euro e con l’arresto da 2 a 6 mesi di carcere.
Ma c'è altro che li spinge ad abbandonare il loro habitat naturale o è davvero solo una questione di cibo lasciato in strada e comportamenti umani sbagliati? Diciamo subito che l’habitat ideale del cinghiale è il bosco, ma in generale i cinghiali sono animali che si adattano benissimo a diversi tipi di territorio. Roma è il primo esempio che viene in mente, ma anche in città come Genova o Firenze, la presenza di cinghiali è quasi la normalità. Cos’hanno in comune queste città? Il fatto che sono vicinissime ad ambienti naturali. Il caso della Capitale è emblematico: Roma, con i suoi 63.000 ettari totali di zone coltivate, viene definito il più grande comune agricolo d'Europa. Nella Capitale esistono infatti i cosiddetti “corridoi verdi”, cioè veri e propri collegamenti, come quello del parco di Veio o quello della Marcigliana, che i cinghiali attraversano per arrivare facilmente in città.
Quanti cinghiali ci sono in Italia?
Un’altra parte del problema riguarda il numero effettivo di cinghiali nel nostro Paese: non ce ne sono mai stati così tanti come oggi. Nell’arco di vent'anni i cinghiali sono arrivati a “colonizzare” l'Italia da Nord a Sud. I motivi sono tantissimi: l’abbandono delle aree interne e dei campi coltivati, la diminuzione del numero di predatori naturali come il lupo, i rilasci in natura a scopo venatorio e probabilmente anche gli inverni sempre più miti causati dal riscaldamento globale. In pratica c’è una sovra-produzione di ghiande e di altri frutti di bosco – cibi di cui i cinghiali si nutrono – che potrebbe aver aumentato l’aspettativa di vita di questi animali. Tra gli ungulati i cinghiali sono infatti quelli con i tassi riproduttivi più alti. Le femmine, che raggiungono la pubertà tra gli 8 e i 24 mesi, vanno in calore due volte l’anno e possono partorire schiere di cuccioli: dai 4 ai 6 in media, fino a un massimo di 12. Una squadra di calcio, praticamente.
Come detto, il numero dei cinghiali in Italia non è sempre stato così spaventosamente alto. Intorno alla Seconda Guerra Mondiale, infatti, si era registrato un picco negativo nel nostro Paese. Per questo noi umani abbiamo ripopolato i territori dove non c’erano più cinghiali, rilasciando in natura animali provenienti da altre zone d’Europa. A tutto questo dobbiamo aggiungere anche l'aumento, più o meno dagli anni 60, del numero di allevamenti di cinghiale a scopo venatorio: cioè cinghiali allevati e immessi sul territorio solo per essere uccisi dai cacciatori.
Ma non pensate che quello dei cinghiali sia solo un problema italiano: va così un po’ in tutta Europa. Anche Barcellona, proprio come Roma, è “invasa” dai cinghiali. Pensate che qualche anno fa dei cinghiali hanno pure “derubato” Shakira – forse avevano scambiato la sua borsa per una riserva di… cibo. Chi si sta occupando del problema nella città catalana afferma che l’avvicinamento dei cinghiali alle zone urbane è dovuto anche ai cambiamenti climatici. I lunghi periodi di siccità, soprattutto durante l’estate, hanno impedito la crescita delle fonti di cibo dei cinghiali, ad esempio le ghiande. E se i cinghiali non trovano cibo nel loro habitat naturale, è ovvio che andranno a cercarlo altrove.
Se non arrivano in città, i cinghiali si spostano nelle campagne. E qui iniziano i veri problemi, perché i danni prodotti da questi animali sono davvero enormi. I cinghiali mangiano i terreni coltivati – pensate ai campi di cereali o patate, per esempio – e con le loro zampe calpestano e uccidono le piante, distruggendo così il tappeto erboso delle coltivazioni. Mesi e mesi di lavoro che vanno in fumo. Sempre secondo gli ultimi dati diffusi dall’ISPRA, i cinghiali generano ogni anno danni all’agricoltura pari a circa 17 milioni di euro.
Ma le incursioni dei cinghiali rappresentano un pericolo non solo per l’agricoltura, ma anche per la loro (e la nostra) incolumità. Pensate che ogni 41 ore avviene un incidente stradale a causa dei cinghiali. Quasi sempre a farne le spese sono gli ungulati, ma morti e feriti ci scappano anche tra gli automobilisti.
Andiamo a vedere quindi come ci dobbiamo comportare se ci dovesse capitare di incontrare questo animale, cosa ormai abbastanza frequente. Se siamo in auto e incontriamo un cinghiale, il consiglio è quello di spegnere gli abbaglianti, perché potrebbero bloccare l’animale in mezzo alla carreggiata. Ricordate che nessuna strada o periodo dell’anno può essere “sicuro”, perché la fauna selvatica non vede la strada come un pericolo. Questo vale soprattutto per i cinghiali, esploratori per definizione: sono infatti animali sociali, si spostano in gruppo, e tra loro ci sono appunto i cosiddetti esploratori, ovvero cinghiali che vanno in perlustrazione alla scoperta di luoghi sempre nuovi.
Tutt’altro discorso, invece, se incontriamo un cinghiale con figli al seguito. I cinghiali non sono aggressivi nei confronti dell’uomo fintanto che non ci vedono come un pericolo per i loro figli o per loro stessi. In quel caso bisogna mantenere la calma e tenersi a distanza: arrampicarsi su un albero è una buona soluzione se un cinghiale dovesse inseguirci. Certo, non si direbbe vista la stazza, ma i cinghiali corrono più veloci di noi. In generale, comunque, fare molto rumore mentre si cammina nei boschi può essere un buon metodo per evitare che un cinghiale si avvicini a noi.
Per accorgerci della loro presenza, invece, possiamo osservare il terreno e trovare traccia delle loro grufolate, cioè i segni che i cinghiali lasciano a terra quando, con il loro muso, sono in cerca di cibo. E poi, fate attenzione a quello che sentite: il grugnito dei cinghiali è molto simile a quello dei maiali e facilmente riconoscibile. I rumori, quando si è nei boschi, si amplificano, e sono un campanello d’allarme da non sottovalutare.
Come si può risolvere il problema dei cinghiali?
In questi anni la soluzione è stata quasi sempre una sola: la caccia. Lo scorso anno la Regione Lombardia ha approvato una delibera che autorizza i contadini al controllo selettivo degli ungulati: cioè i contadini sono autorizzati ad abbattere i cinghiali che arrivano sui loro terreni. E sempre nel 2022, nell’ultima legge di bilancio, è stato approvato un emendamento ribattezzato dai giornali “Far West”, che consente di sparare in aree protette e in città.
Al di là delle posizioni, la vera domanda da porsi è se funziona questo approccio. In Italia si abbattono in media circa 300 mila cinghiali all’anno, eppure la popolazione di ungulati non accenna a diminuire. Sul tema c’è tantissima letteratura scientifica, ma c’è uno studio in particolare che vale la pena citare, pubblicato sulla rivista scientifica Pest Management Science. In pratica i ricercatori hanno osservato che, nonostante la caccia, la popolazione dei cinghiali è cresciuta in tutta Europa negli ultimi decenni. Secondo lo studio, le battute di caccia generano una risposta compensativa nella fertilità, cioè i cinghiali per “compensare le perdite” causate dai cacciatori, si riproducono di più e più velocemente. Insomma, secondo questo studio sembrerebbe che più li uccidiamo, più i cinghiali aumentino.
La questione in realtà è davvero molto complessa. In alcuni paesi, per esempio la Germania, si è attuata la cosiddetta caccia di selezione che ha dato dei risultati nel contenimento dei selvatici: in pratica è una caccia programmata, cioè si pianificano i periodi e il numero di animali da abbattere in base al sesso, l'età, la stazza e altri fattori. Inoltre, non tutti i cacciatori sparano "per sport": alcuni di loro collaborano a stretto contatto con i veterinari e svolgono un importante ruolo di monitoraggio sanitario dei selvatici.
Siamo però davvero sicuri che la caccia, da sola, possa essere la soluzione? Risposte semplici a problemi complessi non funzionano quasi mai. Certamente possiamo eliminare la “nicchia alimentare” di cui i cinghiali e i selvatici si nutrono, riferendoci ovviamente alla spazzatura che produciamo nelle nostre città e che non riusciamo a gestire. Anche l’installazione di recinzioni elettrificate può essere una soluzione per salvare i raccolti dalle incursioni dei selvatici.
Oggi i cinghiali li vediamo come degli “invasori”, dei “nemici” da eliminare, ma non è sempre stato così. Ve la ricordate “L’era del cinghiale bianco” di Battiato? Ecco, l’immagine del cinghiale bianco risale alla cultura celtica, indicava una sorta di età dell’oro perduta. Per i celti il cinghiale era infatti un simbolo di forza e vitalità, tant’è che la sua carne veniva sepolta insieme ai defunti per accompagnarli nell’aldilà. In molte civiltà del mondo antico il cinghiale era considerato un animale sacro, e sono tantissimi i racconti e le leggende sul suo conto. Tutto questo per sottolineare che non dobbiamo davvero aspettare che arrivi il cinghiale bianco a riportare un po’ di ordine.
La convivenza con i selvatici non è mai semplice, questo è chiaro, ma è l’unica strada da percorrere.