Una nuova ricerca effettuata sulla specie Holothuria leucospilota ha appena permesso agli scienziati di capire come le oloturie, comunemente noti come cetrioli di mare, riescono ad allontanare i predatori, sfruttando la propulsione di filamenti appiccicosi che vengono sparati direttamente dal loro sedere. Il segreto di questa strategia, per decenni considerata misteriosa, si trova all'interno del sistema escretorio di questi invertebrati, che secondo gli studiosi induce le oloturie a riprodurre una tipologia di "seta" considerata disgustosa, oltre che letale, da buona parte degli animali. La notizia è stata pubblicata su PNAS ed è il frutto del lavoro di diversi scienziati di origine cinese.
Per comprendere meglio l'origine di questi filamenti, chiamati dalla scienza tubuli cuvieriani, i ricercatori hanno deciso però di non vivisezionare delle cavie in laboratorio ma di analizzare esclusivamente il codice genetico, alla ricerca di indizi che ne potessero svelare i segreti. La viscosità dei tubuli d'altronde permette alle oloturie perfino di bloccare i predatori come pesci, granchi e stelle marine.
Ad inizio dei lavori, gli scienziati hanno anche deciso di studiare esclusivamente la specie più rappresentativa presente nel Mar Cinese Meridionale – la H. leucospilota, nota anche con il nome di cetriolo di mare nero – poiché questo approccio non solo permetteva di disporre il genoma della specie più comune, ma anche di risparmiare tempo e risorse e di analizzare l'oloturia che presentava le caratteristiche anatomiche più condivise dalle altre specie.
Impiegando così un software specifico ed innovativo, che sfrutta i progressi dell'intelligenza artificiale, AlphaFold, il team di ricerca ha sequenziato l'intero genoma dell‘H. leucospilota per poi concentrarsi su quelle sequenze che sembravano collegate alla produzione dei tubuli cuvieriani. Dopo averli individuati, i ricercatori hanno allora cominciato a predire tramite il software quali potessero essere le proteine prodotte dai geni coinvolti nella maturazione e attivazione degli filamenti. Ed è qui che si sono osservate le prime interessanti scoperte.
Per esempio, gli scienziati hanno notato che la seta prodotta dalle oloturie è molto diversa da quella degli aracnidi, poiché le proteine impiegate non sono le stesse osservate in quella del ragno, anche se sono costituite in modo simile e possiedono anch'esse lunghe catene ripetute di aminoacidi. «D'altronde non sarebbe potuto essere altrimenti», ha spiegato Chen. Le ragnatele dei ragni sono infatti molto elastiche e adesive sulla terra ferma, ma qualora vengano sottoposte all'acqua perdono gran parte della loro resistenza e non riuscirebbero a costituire uno strumento di difesa efficiente contro i predatori marini. Lo stesso vale per la seta presente nei filamenti delle oloturie: sono perfette per essere impiegate in acqua, ma esposte all'aria e sulla terraferma risultano inutili, con la gravità e la bassa resistenza dell'aria che spingono i filamenti a rimanere pressoché inutilizzati nel suolo. L'unico modo infatti che questi animali potrebbero ideare per impressionare i predatori tramite tali strumenti sarebbe quello di spruzzarli direttamente dall'ano sul corpo dell'aggressore. Comportamento molto difficile da realizzare per un organismo viscido e quasi completamente composto da acqua di mare come le oloturie che avrebbero difficoltà a gestire il proprio movimento nello spazio asciutto.
Bisogna però ricordare che nella seta prodotta dalle oloturie gli scienziati hanno anche trovato la presenza di proteine simili agli amiloidi. Queste sono sostanze costituite da tanti gruppi di molecole identiche tra di loro che per gli esseri umani e molti animali costituiscono una delle principali minacce per il cervello. Esse infatti favoriscono alcune malattie neurodegenerative come la demenza e l'Alzheimer. L'ingestione quindi involontaria di questi filamenti da parte di un consumatore abituale di oloturie conduce inevitabilmente ad una morte lenta e confusa, che funge da dissuasore nei confronti dei predatori.
Questa scoperta si va quindi ad aggiungere alla presenza nei tubuli di un ulteriore sostanza tossica, la holothurina, scoperta decenni fa, che è in grado di far esplodere i globuli rossi di tutti coloro che gli capitano a tiro. Essa è presente anche nella parete del corpo di alcune specie di cetrioli di mare e induce pesanti emorragie e sanguinamenti, che possono essere arrestati solo dopo trattamento medico.
Ovviamente la semplice indagine genetica di una singola specie non basta per soddisfare le curiosità degli scienziati e per comprendere come si è formato tale sistema di difesa. Eppure prima di focalizzare la propria ricerca su altre specie e comprendere così se i geni identificati per lo sviluppo dei tubuli cuvieriani in H. leucospilota sono quelli principali che si ritrovano anche in altri cetrioli di mare, gli scienziati sono intenzionati nello studiare altri fattori che potrebbero aver partecipato alla loro evoluzione. Fattori come lo sviluppo del sistema riproduttivo e digestivo, che potrebbero aver contribuito secondo gli scienziati alla formazione di questo letale organo difensivo.