I cetacei discendono da un gruppo mammiferi acquatici che nel corso dell'evoluzione sono diventati via via sempre più grandi. Questo fenomeno biologico è conosciuto come "gigantismo" è stato però studiato da un punto di vista genetico solo di recente. Secondo infatti un nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista BMC Ecology and Evolution, è il funzionamento di alcune regioni di alcuni geni a spiegare perché la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) può raggiungere 30 metri di lunghezza, quasi 10 in più di un autobus, mentre il tursiope (Tursiops truncatus) è lungo al massimo 4 m. Queste scoperte potrebbero non solo contribuire a comprendere le basi genetiche del gigantismo nei cetacei, ma anche aprire nuove prospettive per lo sviluppo di trattamenti contro il cancro.
I cetacei vengono suddivisi in due grossi gruppi: gli odontoceti, le specie come i delfini dotate di denti, e i misticeti, balene con i fanoni che consentono la filtrazione del cibo dall'acqua. Tra i misticeti ci sono specie davvero impressionati e che raggiungono dimensioni uniche nel mondo animale. Dall'elegante balena grigia, che può arrivare a 15 metri di lunghezza, alla maestosa balenottera azzurra, che può sfiorare i 30 metri. Per spiegare il motivo di queste dimensioni gigantesche, gli scienziati hanno avanzato nel tempo diverse varie teorie.
Alcune suggeriscono che le dimensioni possano essere legate alla termoregolazione, altre che servano per acquisire cibo in modo più efficiente. Oltre a queste ragioni di tipo ecologico, recentemente è stata studiata anche la genetica alla base delle dimensioni corporee, sfruttando i genomi sequenziati di diverse specie di cetacei. Da queste ricerche è emerso che la regione promotrice del gene chiamato NCAPG sembra essere direttamente coinvolta nelle dimensioni di questi mammiferi. Ma cos'è la regione promotrice di un gene?
Immaginiamo la regione promotrice di un gene come una sorta di "interruttore" dell'espressione del nostro DNA. Questa sequenza si trova prima di quella che contiene le istruzioni specifiche per la produzione di proteine, e ha un ruolo cruciale nel processo di creazione dell'RNA messaggero che guida la sintesi delle proteine. In parole più semplici, il promotore funge da regolatore per decidere quanto di un certo gene deve essere "attivato" o "disattivato". È un po' come decidere se premere o meno un pulsante di accensione.
E dalle analisi molecolari incentrate sulla regione promotrice del gene NCAPG è emerso per esempio che il capodoglio (Physeter catodon), l'unico odontoceto a raggiungere una lunghezza media di 20 m, è più vicino ai misticeti, che sono lunghi in media oltre 10 metri. Lo stesso discorso vale anche per la balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata), che misura in media 8,8 metri e fa parte dei misticeti.
«Le nostre scoperte non cambiano l'albero evolutivo del gruppo, ma costituiscono una nuova prova che le dimensioni giganti dei cetacei hanno una base genomica. Questo significa che le caratteristiche delle balenottere minori e dei capodogli sono probabilmente adattamenti convergenti, ovvero tratti simili che si evolvono indipendentemente in gruppi separati attraverso percorsi differenti», ha spiegato la Professoressa Mariana Freitas Nery, coautrice e supervisore dello studio.
Ma le scoperte non sono finite qui. I ricercatori si sono concentrati su quattro geni esplorati in uno studio precedente, analizzando le corrispettive regioni regolatrici. L’analisi ha dimostrato che queste regioni influenzavano non solo le dimensioni degli animali, ma anche la loro capacità di sopprimere il cancro. Poiché i cetacei raggiungono dimensioni gigantesche, i ricercatori pensavano che, vista l'enorme quantità di cellule, fosse molto più probabile la possibilità per loro di ammalarsi di cancro, eppure così non è.
Hanno scoperto, infatti, che alcuni dei geni la cui attività è legata al gigantismo nei cetacei sono anche soppressori del tumore. «Anche gli esseri umani hanno questi geni, quindi sarebbe interessante scoprire di più su come sopprimono la formazione di tumori in questi animali. Tale conoscenza potrebbe aiutare a sviluppare futuri trattamenti contro il cancro attraverso l'attivazione o l'inibizione di regioni specifiche del genoma, ad esempio», ha affermato Freitas Nery.