Ogni organismo è un prezioso tassello di un delicato equilibrio. La scomparsa, o l'arrivo di una determinata specie, può avere effetti inattesi (sia positivi che negativi in base al punto di vista) sull'intera comunità di un ecosistema. Secondo alcuni ricercatori dell'Università di Aberdeen e del James Hutton Institut, i castori ad esempio potrebbero dare un importante contributo al miglioramento delle condizioni dei fiumi scozzesi, anche aiutando a migliorare la qualità dei corsi d'acqua e limitando gli effetti della siccità. Ma non solo: questi roditori potrebbero inoltre avere anche altri effetti positivi, come la creazione di habitat per diverse specie e darci una mano nello stoccaggio del carbonio.
Il lavoro è stato prodotto raccogliendo dati da numerosi studi pregressi. Sono stati presi in considerazione 120 pubblicazioni riguardanti castori in tutto il mondo, per una revisione su larga scala dei loro effetti su torrenti e fiumi e sui servizi ecosistemici che possono garantirci.
Successivamente gli esperti hanno preso in considerazione la situazione attuale in Scozia: a seguito di efficaci campagne di reintroduzione i castori si sono già stabiliti in alcune aree, come le regioni di Tayside e Knapdale. Gli scienziati che hanno prodotto il rapporto hanno fornito prove dettagliate per aiutare i responsabili politici a considerare i vantaggi e i limiti dell'espansione dei castori in Scozia, anche laddove siano richiesti compromessi. Infatti, mentre la loro presenza è stata generalmente accolta in maniera favorevole dagli abitanti, in altre situazioni si sono verificati dei conflitti, come nelle aree fluviali a maggior sfruttamento economico.
Il castoro europeo (Castor fiber) è un roditore semiacquatico di grosse dimensioni. Può raggiungere un metro di lunghezza, coda compresa, e arrivare a pesare trenta chili. Attenzione a non confonderli con la nutria (Myocastor coypus) altro roditore semiacquatico ma invasivo, ormai molto comune lungo il corso dei nostri fiumi. Il modo più facile per distinguere i due animali è osservando la coda: le nutrie hanno code lunghe e affusolate da "tipico" roditore, mentre il castoro ha un'inconfondibile coda piatta.
Una specie chiave, un "ingegnere ecosistemico" in grado con la propria attività di costruzione di dighe, di regolare la velocità delle acque e di conseguenza l'accumulo di sedimenti e il filtraggio di impurità.
Le dighe aumentano la capacità idrica dei bacini fluviali, mitigando gli effetti di annate siccitose. Eventi, purtroppo sempre più frequenti in futuro a causa dei cambiamenti climatici, come sottolineato dalla dott.ssa Josie Geris, una delle ricercatrici che ha condotto lo studio. Nel 2018 ad esempio, l'estate particolarmente secca portò a limitazioni nelle forniture idriche di comunità ed imprese.
Geris ha recentemente affermato: «Abbiamo scoperto che la costruzione di dighe di castori, modificando i processi fisici nei torrenti e nei fiumi, potrebbe aiutarci ad affrontare diverse importanti sfide di gestione dell'acqua in Scozia, tra cui l'approvvigionamento idrico e, intrappolando sedimenti e contaminanti, la qualità dell'acqua».
Angus Tree di NatureScot, ente pubblico scozzese attivo nella salvaguardia delle aree naturali, ha dichiarato: «Questo è uno studio significativo che dimostra chiaramente i modi unici in cui i castori "progettano" gli ecosistemi. Supporta le prove che abbiamo raccolto nel corso degli anni e aiuterà il nostro lavoro con le parti interessate mentre sviluppiamo i modi migliori per vivere insieme a loro e trarne vantaggio. Ci impegniamo a continuare il lavoro per gestire i castori e ripristinare i loro habitat, come un modo importante per proteggere l'ambiente scozzese e rispondere all'emergenza climatica».
Il castoro in Europa e in Italia
Il castoro è storicamente presente in tutto il continente sebbene dal XVI secolo sia scomparso in quasi tutti gli stati, tra cui l'Italia, a seguito di una caccia indiscriminata volta allo sfruttamento della sua pelliccia. Fortunatamente la crescente tutela ambientale, favorita anche da programmi di conservazione attivi come le reintroduzioni, hanno permesso a questo animale di tornare a vivere in buona parte dell'Europa centro-settentrionale, passando dai circa 1200 all'inizio del XX secolo ai 640mila esemplari stimati dei primi anni del 2000.
Nel nostro Paese la specie è stata dapprima osservata in Friuli Venezia Giulia, con individui provenienti da Slovenia ed Austria, e successivamente sull'Appennino centrale. Quest'ultima popolazione sembra sia stata oggetto di reintroduzioni non autorizzate negli ultimi anni.