«Si chiede gentilmente ai proprietari di animali di tenerli in braccio durante la visita alla cattedrale». È l’avviso comparso su uno degli ingressi del Duomo di Arezzo, affisso dopo il ritrovamento di deiezioni canine sugli antichi pavimenti.
A esporre la richiesta è stato don Alvaro Bardelli che non ha mai posto il veto all’ingresso dei cani nella cattedrale ma che nelle ultime settimane si è ritrovato a fare i conti con pavimenti imbrattati. Una responsabilità certamente non del cane ma certo dei pet mate che in caso di “incidente” dovrebbero ripulire i bisogni dei loro compagni di vita. Il Duomo di Arezzo viene infatti visitato quotidianamente da centinaia di turisti, oltre che frequentato dai fedeli, e don Bardelli ha ritenuto necessario chiedere che gli animali facciano il loro ingresso in chiesa in braccio, così da evitare che possano espletare i bisogni sui pavimenti.
Ovviamente la richiesta pone non pochi problemi: sinché si tratta di cani di taglia piccola, prenderli in braccio durante la visita al Duomo non è una manovra particolarmente complessa, ma la situazione cambia per cani di taglia grande, che non possono chiaramente essere portati in braccio all’interno. La regola imposta da don Bardelli, però, è legittima. L'avvocato Salvatore Cappai aveva già spiegato su Kodami che nell'ordinamento italiano non esiste alcuna norma che regolamenti o vieti l'ingresso dei cani in chiese e luoghi di culto.
In via generale, i cani possono fare ingresso in tutti i luoghi pubblici o aperti al pubblico, purché condotti al guinzaglio e con appresso la museruola, con un’unica limitazione prevista per quei luoghi in cui si preparano, manipolano, trattano e conservano alimenti (si veda, sul punto, Regolamento di Polizia Veterinaria, D.P.R. 320/54). Vanno poi valutati, come sempre accade quando si parla di animali d’affezione, tutte le leggi e i numerosi regolamenti emanati da regioni ed enti locali, e l'unica eccezione è rappresentata dai cani guida, che hanno accesso ovunque. L'ultima parola, dunque, spetta al parroco.