La teoria della mente, ossia la capacità di attribuire stati mentali agli altri, come desideri, emozioni e intenzioni, e saper riconoscere quindi che l'altro è separato da noi e che può avere degli stati mentali diversi dai nostri, è una capacità che si credeva fosse esclusivamente umana.
Ad oggi però, diversi studi hanno dimostrato che non siamo gli unici ad esserne capaci: anche altre specie, come scimpanzé (Pan troglodytes) e alcuni uccelli, tra cui la ghiandaia euroasiatica (Garrulus glandarius), ne sono capaci. Nell'uomo, la teoria della mente inizia sin da bambini con l'attribuzione delle intenzione agli altri, riuscendo a distinguere azioni intenzionali da quelle non intenzionali. Il concetto di intenzionalità d'altronde, è molto importante nella società umana, al punto tale che un crimine viene scontato in maniera diversa se l'azione era effettivamente voluta, e magari anche premeditata, o avvenuta per caso. Cosa dire invece di quegli animali che ci accompagnano da 14.000-40.000 anni, che hanno intrecciato la loro storia con la nostra, imparando anche a leggere i nostri gesti? Una nuova ricerca, pubblicata su Scientific Reports, dimostra che i cani riescono a distinguere le azioni intenzionali da quelle non intenzionali, anche quando i risultati dell'azione sono gli stessi.
Lo studio: il paradigma "Riluttante vs. Incapace"
Per verificare se i cani riescono a distinguere le azioni volute da quelle non volute, i ricercatori hanno utilizzato il paradigma "Riluttante vs. Incapace", già utilizzato per altre specie come scimpanzé, cebo dai cornetti (Sapajus apella), macaco di Tonkean (Macaca tonkeana), pappagalli cenerini (Psittacus erithacus) e cavalli, adattandolo però ai cani. Il test, a cui sono stati sottoposti 51 cani, veniva svolto in questo modo: lo sperimentatore e il cane erano separati da una parete trasparente e il cibo veniva somministrato al cane attraverso una fessura.
Vi erano però tre condizioni: nella prima, chiamata "condizione riluttante", in cui lo sperimentatore faceva passare la ricompensa attraverso la fessura, ritirandola improvvisamente e portandosela davanti (condizione intenzionale); la seconda, chiamata "condizione incapace-impacciata", in cui lo sperimentatore tentava di dare il cibo al cane attraverso la fessura ma lo faceva cadere accidentalmente prima di farlo passare dall'altra parte (condizione non intenzionale). La terza, chiamata "condizione incapace-bloccata", in cui lo sperimentatore ha cercato di somministrare il cibo al cane, ma la fessura risultava bloccata (condizione non intenzionale obbligata).
In tutte e tre le condizioni, il risultato dell'azione era lo stesso: la ricompensa non passava il varco e il cane non riceveva la sua agognata ricompensa. L'unica cosa che differiva era l'intenzionalità dell'azione: se il cane riusciva a distinguere tra azioni intenzionali e non, avrebbe dovuto comportarsi in maniera diversa nelle tre condizioni.
I ricercatori hanno infatti valutato il tempo di attesa dei cani, registrando quanto tempo aspettavano prima di aggirare la barriera e andare a recuperare il premio. Se i cani riuscivano a distinguere l'intenzionalità, avrebbero dovuto aspettare di più per raggiungere il premio se questo era stato ritirato intenzionalmente, in quanto presumibilmente lo sperimentatore non gliel'avrebbe dato. Nelle condizioni invece accidentali i cani si sarebbero dovuti avvicinare più velocemente.
I risultati hanno soddisfatto le loro aspettative: i cani aspettavano più a lungo se il premio era stato ritirato in maniera intenzionale. Inoltre, hanno aspettato più tempo per aggirare la barriera nella condizione "incapace-impacciata" che nella "incapace-bloccata".
I ricercatori hanno poi esaminato anche le altre reazioni dei cani al momento della negazione della ricompensa, come il movimento della coda e il sedersi o lo sdraiarsi. I cani mostravano questi comportamenti più frequentemente nella condizione intenzionale: il 65% dei cani si sedevano e stendevano nella condizione riluttante, mentre solo il 12% e il 24% lo facevano rispettivamente nella condizione incapace-impacciata e incapace-bloccata. Infine, anche il movimento della coda variava: il 68% è stato osservato nella condizione riluttante, mentre il 17% nella condizione incapace-impacciata e solo il 6% nella condizione incapace-bloccata.
I cani distinguono le azioni intenzionali da quelle non intenzionali
Questo studio dimostra che i cani hanno avuto reazioni diverse nelle condizioni intenzionali e in quelle non intenzionali, riuscendo quindi a distinguere tra la volontà e la non volontà, e attribuendo un'intenzionalità all'altro. Inoltre, il sedersi e lo sdraiarsi, che sono stati più frequenti nella "condizione riluttante", sono dei cosiddetti segnali calmanti nel cane, che servono per pacificare, calmarsi e risolvere i conflitti. I cani potrebbero quindi aver utilizzato questi segnali per negoziare e abbassare la tensione, avendo riconosciuto l'intenzionalità del gesto e percepito un conflitto. Oppure, hanno fatto vedere quello che hanno imparato a fare per convincere lo sperimentatore a mollare il premio. Allo stesso modo, i cani hanno smesso di muovere la coda principalmente nelle condizioni non intenzionali.
I ricercatori suggeriscono che, dato che il movimento della coda può essere un segnale di attenzione e un tentativo di capire una situazione poco chiara, i cani erano più confusi nella condizione intenzionale rispetto alle altre due, perché non capivano il motivo per cui lo sperimentatore aveva improvvisamente ritirato la ricompensa. Infine, i cani hanno aspettato di più a ritirare il premio dopo la condizione impacciata rispetto a quella bloccata, nonostante fossero entrambe non intenzionali.
Il team di ricercatori suggerisce che i cani possono farsi delle aspettative e, quando il premio veniva fatto cadere accidentalmente, prevedevano che lo sperimentatore avrebbe potuto perseverare nel suo comportamento goffo. In alternativa, i risultati di questo studio possono anche essere spiegati in altro modo: i cani potrebbero infatti aver imparato a leggere i movimenti e le espressioni umane, capendo quindi se avvicinarsi o meno al premio. Sono necessari ulteriori studi per confermare la presenza di questo aspetto della teoria della mente nei cani, ossia la capacità di riconoscere l'intenzione nell'azione.