Gli sniffer dog addestrati a fiutare l'odore della COVID-19 potrebbero presto diventare fondamentali nel velocizzare lo screening di massa in luoghi affollati o di passaggio, come scuole, stazioni o aeroporti. L'efficacia e la rapidità dimostrate dai cani in uno degli ultimi studi – anche se ancora in fase di revisione e pubblicazione – fanno davvero ben sperare, e forniscono un potenziale metodo alternativo molto più economico, efficace e rapido di qualsiasi tampone o test. Chiaramente siamo ancora in una fase preliminare in ambiente di laboratorio, ma presto si potrà finalmente passare sul campo, dove capiremo davvero se i cani riescono a fiutare con efficacia le tracce odorose lasciate dal SARS-CoV-2 anche in situazioni reali.
Cosa manca e cosa è stato fatto anche in Italia
«La vera sfida sarà vedere se i cani saranno in grado di fare lo stesso non solo in laboratorio, ma anche nel mondo reale», spiega Federica Pirrone, membro del comitato scientifico di Kodami, ricercatrice e responsabile del laboratorio di FisioEtologia del dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Milano, che sta lavorando proprio sulla diagnosi precoce della COVID-19 grazie alle abilità degli sniffer dog. «Il lavoro del gruppo guidato da Claire Guest, che ha una lunghissima esperienza in questo campo, promette davvero molto bene. Hanno una statistica robusta e soprattutto un numero di campioni molto alto – prosegue Pirrone – servirà però aspettare il processo di validazione della peer review (la revisione necessaria da parte di altri scienziati per ogni pubblicazione scientifica, ndr) e quando si arriverà alla fase sul campo sarà fondamentale capire come le distrazioni e gli stimoli ambientali di uno stadio o una stazione influenzeranno il lavoro e l'efficacia dei cani».
I progetti in questo campo sono numerosi all'estero e in Italia, e stanno procedendo a velocità spedita, utilizzando tra l'altro tanti approcci differenti. Se il team inglese della London School of Tropical Medicine si sta concentrando sulle tracce odorose lasciate sugli indumenti dei pazienti, quello italiano e tutto al femminile, che oltre a Federica Pirrone comprende Patrizia Piotti e Mariangela Albertini che coordina i progetti con gli sniffer dog, sta puntando invece alle tracce odorose della COVID presenti nel sudore umano. «La fase preliminare è ormai quasi finita – sottolinea Federica Pirrone – stiamo raccogliendo i campioni di sudore, ultimando le selezioni dei cani e abbiamo già iniziato l'addestramento di quelli già scelti. Siamo pronti per la fase di sperimentazione, che inizierà intorno alla metà di giugno».
L'addestramento dei cani
Il progetto finanziato dalla Fondazione Francesca Rava e portato avanti con Medical Detection Dogs Italy, il dipartimento di Scienze Biomediche e l'Ospedale Luigi Sacco viene svolto in collaborazione anche con l'Esercito Italiano, e può contare sulla lunga esperienza del laboratorio già accumulata in diversi altri progetti con gli sniffer dog, come quello sui tumori. «Sappiamo che non sempre tutti i cani selezionati arrivano poi alla fine del percorso – aggiunge Pirrone – Non sempre tutti sono in grado di concentrarsi o di resistere allo stress, e se vediamo che un cane si sta stressando troppo non proseguiamo, perché il benessere animale deve essere sempre al primo posto. E poi come per noi umani ci sono anche i cani che sono intelligenti ma non si applicano. Dobbiamo sempre tenere conto dell'individualità degli animali, a cui lasciamo sempre la libertà di scegliere come segnalare il bersaglio. C'è che preferisce sedersi, chi si sdraia o chi rimane semplicemente immobile».
L'esperienza maturata negli studi per identificare i tumori servirà a superare un altro importante scoglio: il rischio di falsi positivi e negativi. Quando si addestrano i cani premiandoli con una ricompensa c'è sempre il rischio che qualche "furbetto" bari solamente per ottenere il premio. Ma al laboratorio di FisioEtologia sanno già come affrontare questo problema, spiega Pirrone: «Quando il cane doveva individuare un campione positivo tra quelli negativi, dopo averlo segnalato l'istruttore emetteva un click e l'animale andava vicino a lui per ricevere il premio. Bisognava però addestrarlo e ricompensarlo anche quando tutti i campioni erano negativi. In un secondo momento abbiamo quindi inserito una copertina posizionata vicino all'istruttore. Se il cane annusava e giustamente ignorava tutti i campioni negativi, andava semplicemente a sdraiarsi proprio sulla copertina e riceveva la ricompensa. Il metodo ha funzionato alla perfezione e abbiamo avuto una percentuale di successo di oltre il 90%».
Gli studi stanno dimostrato in maniera inequivocabile che i cani sono in grado di fiutare la COVID-19 e questo potrebbe rivelarsi un punto di svolta, soprattutto per gestire i prossimi mesi di aperture e organizzazione di eventi all'aperto con tanti partecipanti.