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30 Marzo 2024
17:00

I cani annusano anche i nostri problemi psicologici: uno studio accerta la capacità di riconoscere chi soffre di stress post traumatico

I cani riescono a fiutare le nostre emozioni, a tal punto da riuscire ad identificare anche chi soffre di PTSD. E' quanto emerge dai risultati di uno studio condotto dal "Canine Olfaction Lab" del Dipartimento di Psicologia e Neuroscienze della Dalhousie University di Halifax, in Canada.

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I cani riescono a fiutare le nostre emozioni, a tal punto da riuscire ad identificare anche chi soffre di disturbo da stress post traumatico. E' quanto emerge dai risultati di uno studio condotto dal "Canine Olfaction Lab" del Dipartimento di Psicologia e Neuroscienze della Dalhousie University di Halifax, in Canada.

Il PTSD ("Post Traumatic Stress Disorder") porta a una compromissione della salute mentale dopo che la persona ha appunto subito uno o più eventi traumatici durante la sua vita. E' stato inizialmente diagnosticato e afferisce principalmente all'esperienza dei militari ed è stato poi riscontrato anche sulle persone in generale che nella loro esistenza si sono trovate di fronte a eventi di estrema difficoltà. «I cani guida per il disturbo da stress post-traumatico rappresentano un intervento complementare e alternativo che necessitava ancora di convalida scientifica – precisano gli esperti – Abbiamo studiato se i cani possono rilevare presunti composti organici volatili (COV) legati allo stress nel respiro di persone con storie di traumi, facendogli rivivere situazioni simili a quelle che avevano vissuto nel momento in cui hanno subito il trauma».

Gli sperimentatori hanno così raccolto dei campioni di respiro da 26 persone in 40 sessioni durante sia uno stato di calma che di stress indotto appunto dall'esposizione a segnali di trauma personalizzati. Sono stati poi coinvolti 25 cani da compagnia che sono stati addestrati al rilevamento degli odori ma solo due, Ivy e Callie, hanno mostrato notevoli capacità e interesse per completare lo studio completo.

«Sia Ivy che Callie hanno trovato questo lavoro intrinsecamente motivante – ha spiegato la ricercatrice e co-autrice dello studio Laura Kiiroja – Anche il loro appetito illimitato per le prelibatezze era un vantaggio (riferimento all'uso di bocconcini nella fase di training ndr). È stato molto più difficile convincerli a prendersi una pausa piuttosto che iniziare a lavorare».

Il test ha ha così mostrato la loro capacità di discriminare tra i due stati d'animo attraverso l'olfatto. «I due cani hanno ottenuto risultati con una precisione pari a circa il 90% su tutti i set di campioni nell'esperimento di discriminazione e con una precisione rispettivamente del 74% e 81% nell'esperimento di rilevamento. Ulteriori analisi delle prestazioni olfattive dei cani in relazione alle risposte emotive riferite dai donatori umani all'esposizione a segnali di trauma hanno suggerito che i cani potrebbero aver rilevato distinti marcatori di stress endocrino – hanno precisato i ricercatori – La prestazione di un cane era correlata alle risposte di paura riferite dai donatori umani».

Lo  studio è il primo a dimostrare che alcuni cani possono rilevare dunque questi «presunti composti organici volatili» legati allo stress emessi da persone con storie di traumi quando sperimentano disagio associato al ricordo di quello che hanno subito. Sono tre le categorie di odori umani individuali, come viene chiarito nello studio: «L'“odore primario” stabile basato sulla genetica, sull'età e sul sesso dell'individuo; il cambiamento dell' “odore secondario” basato su fattori endogeni dietetici e ambientali, compreso lo stato patologico; e l'“odore terziario” basato su fattori esogeni come i prodotti per l'igiene personale. Questi elementi determinano il profilo olfattivo individuale dei composti organici volatili (COV) emanati dal corpo umano (ad esempio isoprene, monoterpeni). Quando le molecole di COV evaporano/sublimano, i cani possono rilevarle da campioni quali respiro, urina e sudore». Nello studio il maggior successo è stato ottenuto con i campioni che contenevano appunto il respiro delle persone che hanno partecipato al test.

L'olfatto dei cani è 10.000-100.000 volte più sensibile di quello degli esseri umani: ha circa 300 milioni di recettori olfattivi, rispetto ai 5 milioni dell'uomo. Nella ricerca si sono dunque valutate le opportunità per applicare questo senso così acuto per il rilevamento biomedico. E' una tipologia di studio che sui cani non è un novità di per sé, si pensi del resto alle già comprovate capacità dei cani di rilevare tumori umani, virus come la COVID-19 o anche parassiti come la malaria. Ancora, i cani vengono "utilizzati" per segnalare casi di ipoglicemia e convulsioni. Quello che sorprende però in questo caso è che si parla di emozioni e non di agenti interni come appunto virus o altre malattie fisiche. Quello che il cane sente è proprio lo stato d'animo che noi umani in realtà – come gli altri animali – trasformiamo in "chimica" e che il loro olfatto sopraffino riesce a "leggere" e interpretare.

Al di là delle implicazioni umane che questi studi hanno, ovvero poi alla modalità che verranno applicate per far sì che i cani vivano questo tipo di attività con serenità e nello spirito della collaborazione visto che continuano a essere un supporto importante per la specie umana anche nel rilevamento delle malattie, dal punto di vista strettamente legato al loro mondo si aprono ancora nuove finestre per comprendere la straordinarietà delle loro capacità ma soprattutto provare anche solo a immaginare la vita come viene percepita attraverso il naso da quello che da sempre è l'animale che è più vicino all'uomo, tanto da poter ormai parlare senza ombra di dubbio di co evoluzione.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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