Stop alla carne di gatto e di cane nel piatto. Per la prima volta in Vietnam, dove questi animali vengono regolarmente mangiati e sono considerati delle prelibatezze, una città, fermerà gradualmente la vendita della carne di questi animali. Si tratta di Hoi An, situata sulla costa centrale del Paese.
Il sindaco, in collaborazione con l’associazione in difesa dei diritti degli animali Four Paws International, ha firmato un accordo storico impegnandosi a eliminare dalle tavole questo cibo, anche per questioni sanitarie. Il divieto partirà a fine 2021.
«Con il divieto di macellare e consumare animali domestici, vogliamo contribuire a promuovere il benessere degli animali, ma anche eradicare il virus della rabbia, ancora presente in diverse parti del Paese – ha dichiarato il Primo cittadino – attraverso programmi di vaccinazione e sterilizzazione in modo da prevenire ulteriori pandemie. Questo servirà anche a preservare l’immagine della nostra città come Patrimonio dell’Unesco».
Hoi An, infatti, è una importante meta turistica che, come accaduto molte altre parti del mondo, ha visto crollare i visitatori a causa della pandemia. E questa decisione rientra in un piano di rilancio che vuole mostrare anche ai viaggiatori occidentali, che detestano questa usanza gastronomica, un’immagine più positiva.
Qualunque sia il fine, in ogni caso, Four Paws International è lo stesso molto soddisfatta, anche perché la speranza è che questa buona pratica possa fare da traino per portare altre città a comportarsi altrimenti.
Ogni anno, il Vietnam consuma circa cinque milioni di cani, il secondo consumo più alto al mondo dopo la Cina, soprattutto nelle regioni del nord del Vietnam dove viene considerata una prelibatezza da consumare con vino di riso o birra e dove regna ancora l’arcaica credenza che ritiene questa carne capace a allontanare la sfortuna.
Sebbene meno popolari, anche i gatti vengono serviti in alcuni menu, indicati come “thịt mèo” che significa “piccola tigre”. Sono circa un milione l’anno quelli rubati o catturati lungo le strade o dalle case delle persone per essere mangiati. I felini, poi, vengono portati al punto vendita o al macello chiusi in gabbie, senza cibo né acqua, feriti, alcuni muoiono durante il viaggio. Quelli poi che arrivano ancora vivi, vengono annegati o picchiati a morte prima di essere macellati.
Non solo: a differenza di ciò che avviene per la carne di cane, la caccia, la macellazione e il consumo di carne di gatto era illegale fino all’inizio del 2020, quando inspiegabilmente la legge fu revocata, ma nonostante il divieto, le autorità di solito chiudevano un occhio perché molto spesso coinvolte nel traffico illegale.
Sebbene la pratica sia diminuita da quando cane e gatto lentamente si sono trasformati in animali domestici e da quando, nel 2018 il governo di Hanoi ha lanciato una campagna contro questa tradizione gastronomica che offuscava l’immagine della città e rischiava di diffondere la rabbia, l'idea di un divieto nazionale trova comunque molte resistenze.
Carne di cane e gatto vietate anche in Corea del Sud
Un altro paese asiatico che ha acceso una speranza sulla possibilità di eliminare per sempre questa crudele tradizione è la Corea del Sud dove il presidente Moon Jae-in, amante dei cani e pet mate amorevole, si è detto pronto a emanare una legge che vieti definitivamente di portare in tavola la loro carne come cibo.
Le cose nel Paese stanno fortunatamente cambiando, sia perché questa pratica sta diventando sempre più un tabù tra le giovani generazioni, visto che cani e gatti stanno scalando le gerarchie nel cuore dei cittadini, e poi grazie agli animalisti che, sentendo sempre più sostenute le loro istanze, aumentano la pressione sul Governo.
Una legge sul benessere animale esiste in Corea del Sud, ma è talmente ambigua, che è facile poterla interpretare come meglio conviene. Infatti, la norma vieta il massacro di cani e gatti, ma non ne vieta il consumo.
Detto questo, la strada intrapresa però sembra portare verso una graduale eliminazione di questa abitudine. A marzo 2021 è stato chiuso il più grande mercato di carne di cane del Paese, nella città di Namyangju, grazie a Lady Freethinker, l’associazione no profit creata dalla giornalista Nina Jackel, che dopo la pubblicazione dei servizi realizzati per mostrare le condizioni in cui venivano tenuti i cani, aveva lanciato una petizione online raccogliendo ben 50mila firme.
Con il sostegno poi di Save Korean Dogs, erano riusciti a presentare tutta la documentazione al sindaco della città che aveva poi agito di conseguenza.