INCONTRI SELVAGGI
episodio 16
10 Luglio 2024
18:00

Ho fatto un viaggio in Normandia con il mio van e ho incontrato le foche

Il mese scorso ho fatto uno dei primi viaggi con il van. Ho percorso tutta la costa della Normandia e ho incontrato le foche! Abbiamo delle immagini incredibili, ma non mi sono avvicinata troppo e vi spiego perché.

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Il mese scorso ho fatto uno dei primi viaggi con il van, ho percorso tutta la costa della Normandia alla scoperta della fauna locale e mi sono imbattuta in loro, le protagoniste di oggi: le foche comuni o vituline (Phoca vitulina). Erano vicinissime. È stato un viaggio tosto ma ne è valsa la pena, abbiamo realizzato delle immagini incredibili.

Tra pochissimo vi racconto altri dettagli su questo avvistamento, ma prima: chi sono queste foche?

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Chi sono le foche vituline che ho incontrato in Normandia

Le foche che si trovano in Normandia provengono dal Sud dell'Inghilterra ma da 30 anni vengono a riprodursi sulle coste francesi, ed è proprio qui che ho potuto osservarle. Una volta arrivata sul posto e presa la strumentazione, via, a camminare sulla sabbia! Un tragitto molto difficile perché in alcuni punti si sprofondava come se fossi sulle sabbie mobili, ma io ero determinata: volevo arrivare il più possibile vicino alle foche, cercando però di non disturbarle.

Questo è un concetto base – o almeno dovrebbe esserlo – per l’avvistamento di qualunque animale selvatico. In questo caso però bisognava stare ancora più attenti perché le abbiamo avvistate durante la loro stagione riproduttiva e quindi qualche femmina poteva avere il piccolo con sé.

Le femmine erano in gruppo ma ognuna aveva il suo spazio, questo è un tipico comportamento sociale “unite ma non appiccicate" – a differenza dei loro parenti stretti leoni marini per esempio. Hanno il loro home-range, ovvero il loro spazio personale, che amano riservare e rispettare.

Era possibile riconoscere la specie dalle narici che sono a forma di “V”. Ecco, questa è una loro peculiarità. Quelle delle foche grigie, per esempio, sono come due righe parallele. Stando lì con il binocolo in mano però, la cosa che mi ha sorpreso davvero sono state le somiglianze con gli altri carnivori, e anche con noi! I loro arti, ad esempio, somigliano molto alle zampe dell’orso, come la loro struttura interna somiglia molto alla nostra: c’è l’omero, il radio, l’ulna, le ossa carpali, metacarpali e le falangi. Questo è dovuto al fatto che tutti i vertebrati sono imparentati, inclusi noi mammiferi. Le foche fanno inoltre parte dell’ordine Carnivora e del sottordine Caniformia, lo stesso di cani e orsi.

Questo vuol dire che le foche condividono un antenato comune con la famiglia Canidae e Ursidae. I pinnipedi si sono evoluti da antenati terrestri, probabilmente simili agli orsi moderni o ai mustelidi. Questo adattamento all'ambiente acquatico è avvenuto circa 50 milioni di anni fa.

La riproduzione e i cuccioli di foca

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Le femmine di foca erano lì per riprodursi. Infatti, due dei tre motivi che spingono le foche a migrare sono proprio la riproduzione e l’accudimento dei piccoli. Il terzo motivo è la muta. Dopo la riproduzione, le femmine hanno una gravidanza di 9 mesi. Tuttavia, nel complesso dura ben 11 mesi a causa della quiescenza dell’embrione. La quiescenza embrionale è un adattamento che consente agli embrioni di sospendere temporaneamente lo sviluppo e l'impianto nell'utero della madre, fino a quando le condizioni ambientali non diventano favorevoli per la  sopravvivenza dei cuccioli. Non sono l’unica specie a aver sviluppato questo adattamento, lo hanno anche altri mammiferi come il capriolo.

Con l'arrivo del piccolo sarà fondamentale per le femmine trovarsi in spiagge come questa. Infatti, abbiamo visto proprio i cuccioli. Nelle prime fasi di vita, devono stare lontani dai grandi predatori, e questo sembra un posto sicuro.

Com'è fatto e a che serve il latte di foca

La madre allatta il piccolo per circa 1 mese e il latte è una bomba calorica. Ha il 50% di grasso. Basti pensare che la nostra panna da cucina ne ha il 36%, insomma il piccolo di foca beve praticamente un barattolo di latte condensato.

Il cucciolo è in grado di nuotare fin da subito, infatti fa parte delle specie con prole “atta”. Tuttavia, non ha ancora imparato a cacciare. Inizialmente, la madre fornisce il cibo, ma non gli insegna direttamente le tecniche di caccia. Questo significa che il cucciolo dovrà imparare osservando e imitando gli adulti, attraverso il cosiddetto "apprendimento per imitazione".

Il tempo trascorso insieme sulla spiaggia normanna, un luogo protetto, non è molto. Le foche trascorrono tra il 20% e il 30% della loro vita sulla terraferma, in zone chiamate reposoirs, in francese. Ovvero, una specie di “riposatoi”: dormono, si rilassano, allattano e poi, durante questo periodo estivo, ri-costituiscono le riserve di grasso per affrontare l’inverno successivo.

Blubber: il grasso di foca

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Il grasso di foca si chiama “blubber” e si trova in tutti i mammiferi marini. Non è un grasso come il nostro: il blubber ha i lipidi distribuiti in maniera differente in modo da adattarsi alle esigenze dei mammiferi dell'ambiente acquatico. È caratterizzato da una maggiore concentrazione di oli e grassi non saturi, che contribuiscono a renderlo più fluido e meno suscettibile al congelamento nelle fredde acque marine.

Questo tipo di grasso è anche ricco di trigliceridi a lunga catena, che sono lipidi particolarmente efficaci nell'isolare termicamente e nel fornire una riserva energetica densa. Quando una foca va a caccia e non trova cibo per un po', il suo corpo usa il grasso come una batteria di scorta per dare energia extra. Nei cuccioli appena nati, lo strato di grasso è sottile, di pochi centimetri. Tuttavia, nelle foche adulte, può arrivare fino a 5 cm. Nelle balene invece, questo strato di grasso può essere addirittura di 50 centimetri!

L'inquinamento sta contaminando anche il grasso delle foche

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Le ultime ricerche però evidenziano una cosa molto triste. Dentro il blubber ci sono i policlorobifenili (PCBs). I PCBs sono composti prodotti dalle combustioni industriali. Avete mai visto degli pneumatici che bruciano all'aperto? La nube che si sprigiona è carica proprio di questi composti. Poi una bella pioggia li porta sulla terra e nelle acque così tramite gli scarichi, finiscono in mare.  Oltre a essere cancerogeni per l’uomo, i PCB sono particolarmente tossici per le foche perché hanno una caratteristica chimica che li rende affini a tutta la materia grassa, solo altamente liposolubili (solubili nei lipidi, nel grasso) e in questo grasso persistono, infatti si chiamano POPinquinanti organici persistenti.

Questo fenomeno si diffonde trasversalmente lungo la catena alimentare, ovvero, nel linguaggio tecnico si dice “biomagnifica”. Questo perché finendo nell’acqua, li troveremo a partire dal più piccolo gamberetto fino ad una vasta gamma di pesci, arrivando poi a chi è in cima alla catena alimentare – quindi tutti i mammiferi marini, comprese le foche. Mangiando 10 gamberetti, 15 pesci e qualche mollusco, le foche accumulano PCB. Questo fenomeno, chiamato bioaccumulo, significa che sostanze chimiche tossiche si concentrano sempre di più man mano che si sale nella catena alimentare. Quindi anche noi, se consumiamo pesce, “bioaccumuliamo”. Ci facciamo del male da soli oltre che far male alle altre specie.

Il problema per le foche però ragazzi è che hanno uno strato di grasso maggiore e, vista la natura del composto, è un grosso problema. I PCBs non sono facilmente metabolizzabili, quindi la loro tossicità viene stoccata nelle riserve adipose dell'animale. Le stesse che, come abbiamo detto prima, devono poi essere utilizzate dalle foche per isolarsi dal freddo e consentire l’allattamento dei piccoli. Quindi nella fase in cui sono in questo momento, quando le abbiamo viste noi, stanno allattando e man mano che la femmina mobilita la riserva di grasso nel latte, questi composti vengono trasferiti al cucciolo. Il che vuol dire che oltre a trasmettersi trasversalmente nella catena alimentare, si trasmettono anche verticalmente alle nuove generazioni.

Cosa mangiano le foche?

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Quando torna l'alta marea, le foche si immergono nell’acqua e vanno verso degli estuari a caccia di cefali. Mangiano anche sogliole, platesse, crostacei, cefalopodi e aguglie, però i cefali rappresentano il 50% della loro dieta. I cefali infatti, si trovano comunemente negli estuari, dove l'acqua dolce dei fiumi si mescola con l'acqua salata del mare. Questi ambienti salmastri sono ideali per questi pesci poiché offrono abbondanza di cibo e riparo… ma non dalle foche!

Le foche per acchiapparli usano la loro agilità in mare che non è assolutamente quella della terraferma dove vanno avanti a panciate, sobbalzano proprio sul ventre; e poi il loro collo che, anche se non sembra, è molto lungo così che possano arrivare bene alle prede e gli consenta idrodinamicità. Prendono un bel respiro prima di immergersi perché appena sott’acqua, utilizzano già l’ossigeno presente nel sangue e nei muscoli e il loro battito rallenta da circa 100 battiti al minuto, a 10 al minuto.

Però il respiro iniziale gli permette una buona immersione perché con uno solo di questi, riescono a far avvenire uno scambio di aria con i polmoni del 90%. Contate che la nostra capacità di ossigenare con 1 respiro è del 20% – per farvi capire l'efficienza del sistema respiratorio di un mammifero che vive in acqua rispetto a noi terrestri.

Perché non mi sono avvicinata troppo alle foche

Avrei voluto riprenderlo questo momento ma non si sono mosse dalla spiaggia, poi mi sarei dovuta avvicinare e vi spiego perché non l’ho fatto, così da rispondere anche a tutte quelle persone che mi hanno detto: “ma perchè non sei andata più vicino alle foche? Non avreste dovuto neanche usare un obiettivo così grande”. Beh, non rispettare la distanza di sicurezza, in questo caso 300 metri, non solo è illegale ma può uccidere. Le femmine adulte quando hanno i piccoli non aggrediscono per difesa se spaventate, al contrario, scappano via senza di loro; abbandonano i piccoli e questi, se sotto allattamento e senza nozioni sulla caccia, muoiono di fame.

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Molti estuari – anche in Italia – si sono svuotati dalle foche perché troppe persone le andavano a disturbare. Il disturbo umano è la prima causa di mortalità, soprattutto dei giovani. Questo ci deve far riflettere, l’abbiamo fatta grossa.

Noi potevamo vedere le foche nel nostro paese, ci pensate? Però le abbiamo fatte scomparire o scappare. Ancora oggi la foca monaca (Monachus monachus) è quella che potremmo trovare molto raramente nel Mediterraneo, in Basilicata, in Sicilia e intorno alle isole del Tirreno. Ma è una delle specie più minacciate al mondo. Abbiamo fatto di tutto per disturbarla: le abbiamo tolto lo spazio, perché le coste italiane sono state fortemente urbanizzate e sviluppate per il turismo, riducendo i luoghi tranquilli e isolati dove le foche potevano riposare e riprodursi. Poi abbiamo esagerato con la pesca sottraendogli il cibo, quindi sono andate altrove per cercare di mangiare – quando non le abbiamo catturate accidentalmente con le reti da pesca causandone la morte. Insomma, vorrei tanto dirvi dove andarle ad avvistare in Italia ma non è più possibile farlo. Forse lo sarà in futuro perché negli ultimi anni stanno lentamente tornando, ma nulla è certo.

Quindi stavo a più di 300 metri da loro per evitare che questo accada. Se vogliamo continuare a vederle, almeno in Normandia, dobbiamo farlo da lontano.

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