Viaggi lunghi e estenuanti per arrivare a destinazioni che dovrebbero essere un porto sicuro e che, spesso, purtroppo, si rivelano la soluzione peggiore che potesse accadere sia per i cani che per le famiglie che hanno deciso di adottarli. Sono migliaia i cani "randagi" (definizione che già da sola merita molte differenziazioni relativamente alla storia singola di ogni animale) che vengono spostati ogni anno in Italia dalle regioni del Sud a quelle del Nord. Proprio oggi una terribile notizia ha messo in evidenza il fenomeno: un furgone che trasportava cani e gatti dalla Puglia verso il Settentrione è stato coinvolto in un incidente e hanno perso la vita due persone che facevano parte di una staffetta. Proprio Elisabetta Barbieri che ha perso la vita nello schianto un giorno fa aveva condiviso il post dedicato ai cani del Sud che potete leggere a seguire.
Con il boom dei Social Network il fenomeno è diventato massivo: basta un post ed ecco che un soggetto nato o cresciuto su un territorio diventa papabile per un'adozione che verrà effettuata a centinaia di chilometri dal luogo dove si trova. In questo articolo prendiamo spunto da un post che è stato molto condiviso negli ultimi giorni su tantissime bacheche e che mette in evidenza uno dei tanti aspetti legati alle adozioni che avvengono a distanza, ovvero senza che prima cani e famiglie si siano incontrate per conoscersi e valutare se quel determinato soggetto possa davvero avere una vita migliore con le persone con cui andrà a vivere e all'inverso se quelle persone poi avranno la possibilità di condividere una quotidianità "normale" con il nuovo membro della famiglia.
Quando le staffette non aiutano né cani né persone
Ci sono diversi aspetti da tenere conto quando si parla delle cosiddette "staffette" e del ruolo che gli esseri umani hanno nella movimentazione dei cani, non ultimo anche l'esistenza di un business vero e proprio che mette mano direttamente alle tasche di chi adotta facendo leva sui sentimenti. In questo caso, però, il post che emerge in Rete tra i tanti appelli, appunto, è diverso da quelli che promuovono spostamenti sotto la bandiera del "salviamoli tutti" ma chiede a tutti una riflessione dal punto di vista di un cane che si ritrova in un'altra realtà rispetto a quella a cui era abituato. Il Centro cinofilo "Nessuno è perfetto" ha infatti pubblicato un lungo post che sta girando tanto e che contiene proprio gli elementi fondamentali da conoscere e valutare prima di adottare un cane e da analizzare anche dopo che comunque quel cane è arrivato in famiglia e le cose non vanno per il verso giusto. O meglio: per come ci si aspettava e secondo le proprie aspettative senza mettere in conto la personalità e la storia di quel soggetto.
"Ho adottato un cane dal Sud": il post per comprendere chi è il cane che è arrivato nella tua famiglia se hai fatto una scelta simile
"Quando dite: "Ho adottato un cane dal Sud, ma è un disastro: ha paura di tutto, non vuole uscire di casa, abbaia alle persone e agli altri cani, non so più che fare!" mi verrebbe spontaneo di chiedervi di sedervi un attimo nel prato, accanto al cane, e di ragionare insieme. I Cani del Sud possiedono un bagaglio di stratosferiche competenze (alcune tramandate geneticamente da generazioni, altre frutto di acquisizione di esperienze) che di norma sono estremamente funzionali per la sopravvivenza all'interno del territorio al quale appartengono. Ad esempio: alcuni Cani del Sud sono abilissimi comunicatori. Alcuni sanno trovare risorse alimentari e sostentamento praticamente in ogni habitat del Pianeta: sono dei maestri, ad esempio, nello scovare l'unica scatoletta di tonno contenente ancora qualche residuo in un bidone di spazzatura pieno di inutile plastica. Altri sono dei maghi dell'evitamento e sanno scappare in maniera eccellente dalle situazioni, a loro avviso, potenzialmente rischiose. Conosco personalmente un terzetto di fratelli siciliani capaci di rendersi perfettamente invisibili all'uomo durante una passeggiata nel bosco. È come se sapessero scomparire. Gliel'ho visto fare. Lo giuro. Oppure alcuni individui hanno sviluppato eccellenti capacità di gestione dei conflitti. Altri ancora sanno sfruttare così bene le loro intelligenze sociali da essere capaci di tenere unito un gruppo. E poi ci sono quelli capaci di mettere in sicurezza, difendere e proteggere un territorio che definiscono di loro competenza. Possono mostrarsi in grado di allontanare creature molto più grandi e pericolose di loro, se necessario. Essere umano compreso. E lo sanno fare con una forza e una tenacia che Rambo spostati. Ma, ahimè, a tutte queste competenze straordinarie, quasi nessuno di noi è capace di dare valore. Prendiamo un Cane dal Sud e ci aspettiamo che magicamente si adegui alle aspettative della nostra famiglia umana. Che accetti di camminare legato ad un guinzaglio anziché libero. Che non rovisti nella spazzatura. Che non rubi il cibo dalla tavola. Che non abbai alle persone per strada, segnalandole al suo gruppo sociale come era abituato a fare. Come se non fosse già abbastanza difficile e doloroso abbandonare la propria famiglia. Vivere una certa quantità di tempo chiuso in una gabbia di canile. Cambiare regione, alimentazione, clima. Cambiare vita. E, infine, dover cambiare anche se stessi. Dimenticare le proprie tanto esercitate abilità. Accantonare le competenze costruite con impegno e doversi reinventare, da capo, un nuovo modo di stare al mondo e percepire il mondo. Di essere. Bene. Se avete preso un Cane dal Sud, sedetevi sul prato accanto a lui/lei. Parlate a voi stessi del vero motivo che vi ha spinto ad adottare proprio quel cane. Siate sinceri. Fate chiarezza nei vostri cuori. Ricordate loro che, una volta arrivati al Nord, non vi devono niente. Che non devono esservi grati. Che non devono compiacervi, né trasformarsi in dei pet. E non chiedetegli, per favore, di dimenticarsi chi sono".
Enrica Ceccarini e Carlotta Spadoni: «Nel nostro lavoro, ogni giorno, sempre più cani che arrivano dal Sud e famiglie in difficoltà»
Le autrici del post sono Enrica Ceccarini e Carlotta Spadoni, educatrici cinofile e fondatrici del centro "Nessuno e perfetto" di La Spezia. «Ho frequentato il corso di studi in Scienze Ecologiche e della Biodiversità ad indirizzo etologico all'università degli studi di Pisa e lavoro come educatrice cinofila con approccio cognitivo relazionale integrato da 13 anni. Anche Carlotta è educatrice cinofila diplomata SIUA, con approccio Cognitivo Zooantropologico – racconta Enrica – Mettendo a confronto le reciproche competenze e utilizzando le differenze di vedute come spunti di crescita, abbiamo creato "Nessuno è Perfetto" che è una scuola cinofila un po' atipica: il nostro obiettivo è quello di riequilibrare la deriva antropocentrica purtroppo ancora predominante nel settore cinofilo, ricordando sempre a chiunque desideri lavorare con noi che proprio… nessuno è perfetto. Né cani, né umani».
Negli ultimi tempi Carlotta e Enrica si sono ritrovate sempre più spesso di fronte a persone che hanno adottato cani provenienti dal sud Italia che si sono rivolte al loro centro per quelli che definivano tendenzialmente come "problemi comportamentali" dei loro compagni animali. «Il motivo per cui abbiamo scritto questo articolo è che nel mio lavoro ultimamente non facciamo altro che vedere cani provenienti dal Sud in condizioni psicologiche e emotive disastrose. Il fenomeno sta prendendo una dimensione enorme in questi ultimi anni e abbiamo deciso appunto di parlarne – continua Enrica – Abbiamo fatto anche dei webinar dedicati alle differenze tra i randagi che vengono spostati: dai cani servatici, ferali a quelli invece socializzati con l'uomo. Le tipologie sono tante e diverse e siamo certe che sia importante proprio sensibilizzare le persone sull’esistenza di queste differenziazioni e cercare di arginare questo problema che effettivamente a mio parere sta diventando una piaga per i cani». Enrica e Carlotta non hanno dubbi in merito, grazie proprio alla loro diretta esperienza con le famiglie della zona che si sono ritrovate in situazioni molto complesse: «Quei cani non hanno mai desiderato di essere spostati e sono obbligati ad adattarsi. Alcuni non hanno assolutamente nessuna intenzione di avere a che fare con l’uomo, altri magari possono avere il desiderio di interagire ma sicuramente quello di cui hanno bisogno non è essere trasportati al Nord e catapultati in una vita che non hanno chiesto e in una situazione in cui le persone fondamentalmente non fanno altro che avere delle richieste e delle aspettative su di loro».