Hachiko compie cento anni e per "il cane più fedele del mondo", la cui storia è tornata popolare grazie alla versione cinematografica interpretata da Richard Gere, il Giappone ha organizzato una settimana di festeggiamenti. Per il Paese asiatico in cui il cane è nato, ma non solo, quel rapporto così intenso che l'animale aveva con il suo umano è diventato il simbolo di ciò che significa amore incondizionato e fedeltà assoluta. E, oggi nel caotico quartiere di Shibuya, proprio fuori dalla stazione ferroviaria dove Hachiko ha aspettato per dieci anni il suo umano che non sarebbe più tornato, si vede costantemente una lunga fila di persone che vogliono scattarsi selfie insieme alla statua a lui dedicata.
Anche se nell’immaginario collettivo occidentale l’immagine di Hachiko è quella del cane interprete del film americano, il vero Hachiko era un Akita-inu nato nel 1923 in Giappone il cui pet mate faceva il professore universitario. L'uomo morì dopo due anni di relazione con il cane, mentre era al lavoro, e da quel momento il cane tornò ogni giorno alla stazione dove lo aveva lasciato l’ultima volta, sperando prima o poi di rivederlo apparire. Non smise mai, per tutti i suoi dieci anni di vita a seguire. Il cane morì nel 1935, all’età di 13 anni.
«Fissa il tuo cane negli occhi e tenta ancora d’affermare che gli animali non hanno un’anima» scrisse Victor Hugo e come dargli torto: osservando lo sguardo di quell’Akita steso sul marciapiede ad attendere il suo amico. Ma chi vive con un cane conosce bene quello sguardo che, anche se riempito troppo spesso di sentimento umano, ha dentro di sé un intreccio di emozioni che è difficile da descrivere. Tanto quanto è difficile spiegare quell’alchimia quasi magica che si viene a creare e che porta spesso a chiedersi come sia possibile provare tanto amore per qualcuno che non è della nostra specie.
Ma se di Hachiko nel mondo ce ne sono vari, proprio qui su Kodami abbiamo raccontato diverse storie simili, perché ciò avvenga è ancora piuttosto dibattuto. Nel senso che, per quanto ci possa piacere molto l'idea che il nostro amico percepisca la morte di qualcuno di caro come lo percepiamo noi, non è dimostrato che il cane sia in grado di farlo. Vari studi però, questo sì, hanno dimostrato che gli animali domestici possono soffrire dopo la morte di una persona o di un altro animale a loro cari e possono farlo a diversi livelli, magari smettendo di mangiare o di giocare, diventano apatici, gironzolando avviliti e controllando continuamente i posti in cui i loro amici erano soliti dormire o rilassarsi.
Insomma, se prima la conoscenza a riguardo era solo aneddotica, adesso si hanno le prove scientifiche del dolore di cani e gatti che perdono qualcuno al quale sono legati. Detto questo, il motivo per cui alcuni sembra che attendano il proprio umano come se avessero la speranza di rivederlo prima o poi, non convince gli studiosi, che sono più propensi a credere che l'animale stia soltanto nell'ultimo luogo dove ha visto il proprio compagno e lì resti per continuare sentirsi vicino a lui.