Il DNA degli squali subisce poche mutazioni col passare delle generazioni, un fattore che li protegge ad esempio dallo sviluppo di tumori, ma che rallenta il loro tasso di evoluzione e quindi il possibile adattamento all'ambiente che cambia velocemente. A dirlo è un nuovo studio, pubblicato su Nature Communications da un gruppo molto folto di scienziati.
Il team che ha redatto questo studio era interessato ad approfondire i processi evolutivi degli squali per stimare appunto anche il loro tasso di mutazione, ovvero quanto muta il DNA di generazione in generazione. Hanno quindi sequenziato il genoma di un particolare squalo di scogliera, l'Hemiscyllium ocellatum, conosciuto anche come squalo spallina per via di una macchia scura che presenta all'altezza dei fianchi.
Questa specie nuota nella barriera corallina australiana e al largo dalla Nuova Guinea e ricopre diversi ruoli funzionali per la regolazione degli equilibri ecologici nelle aree limitrofe. Il professor Manfred Schartl della Julius-Maximilians-Universität Würzburg, principale autore dello studio, ha scelto perciò di sequenziare il genoma proprio di questa specie per varie ragioni, tra cui appunto la sua importanza ecologica e il fatto che fosse tra le poche specie di squali australiani a non essere ancora state studiate.
Utilizzando così il genoma di un'intera famiglia – una coppia di adulti riproduttivi e i loro nove figli – gli scienziati hanno ottenuto una sequenza di alta qualità, che permette anche di analizzare il tasso di mutazione attraverso le varie generazioni, anche grazie lo scambio genetico avvenuto fra i genitori al momento della riproduzione. In tal modo, Schartl è riuscito a stimare complessivamente il tasso di mutazione della specie per ciascuna coppia di basi del DNA per ogni generazione, che è risultato da 10 a 20 volte inferiore rispetto per esempio a quello della maggior parte dei mammiferi, inclusi noi esseri umani. Si tratta inoltre del più basso tasso di mutazione per qualsiasi gruppo di vertebrati.
Questo, come detto, porta gli squali a essere particolarmente conservativi da un punto di vita evolutivo, processo che evita per esempio la comparsa di mutazioni negative e potenzialmente dannose per le popolazioni. Tuttavia, per quanto questo basso tasso di mutazione possa essere considerato un adattamento efficiente contro la comparsa di malattie di origine genetica, allo stesso tempo questa ridotta capacità di mutazione dei geni non permette grossi cambiamenti potenzialmente positivi in risposta all'ambiente che muta nel tempo.
Dopo aver infatti confrontato con le altre specie di squalo di cui si conoscono le sequenze e scoperto che anche loro hanno tassi di mutazione molto bassi, Schartl e colleghi sono andati inoltre ad approfondire la variabilità genetica all’interno delle popolazioni di squalo spallina, scoprendo che risulta essere molto simile a quella di altri elasmobranchi, il gruppo che include tutti gli altri squali. Tuttavia, era però molto più bassa rispetto a quella di altre popolazioni di pesci e vertebrati.
Questa bassa variabilità genetica potrebbe essere un problema in risposta a nuove condizioni climatiche e ambientali e non garantisce la comparsa di risposte evolutive efficienti contro nuove minacce, come l'arrivo di potenziali nuovi predatori o competitor. In breve, visto che gli squali si evolvono troppo lentamente hanno rischiato spesso di non essere in grado di adattarsi ai grandi processi ambientali che colpiscono ed interagiscono con la biosfera. Per di più, oggi sono ancora più in pericolo per colpa delle minacce e degli stress ecologici causati dall'uomo, come la pesca eccessiva e la perdita del loro habitat.
Per consentirgli di sopravvivere ancora a lungo, quindi, i biologi della conservazione devono ideare progetti e programmi di tutela che prendono in considerazione anche la loro basso tasso evolutivo nel breve periodo.