La produzione di miele in tutto il mondo è in profondo calo a partire dagli anni ottanta e novanta, ma neanche gli apicoltori e gli scienziati sanno bene perché. Diversi studi hanno cercato di indagare se questo può essere un effetto dei cambiamenti climatici o dell'uso massiccio di pesticidi in agricoltura, ma seppur questi fenomeni sembrano essere correlati al calo di produzione non spiegano da soli un declino così drastico come quello che si osserva in alcune aree del mondo.
Un nuovo studio della Penn State University ha provato quindi a indagare meglio questo fenomeno. Pubblicato su Environmental Research Letters dal team di Gabriela Quinlan, David Miller e Christina M. Grozinger, questo studio ha scoperto che i cambiamenti nella resa del miele di molte arnie sono collegati direttamente all’uso di erbicidi. Utilizzando infatti cinquant’anni di dati provenienti dal Servizio nazionale di statistica agricola del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) e dall’USDA Farm Service Agency, il team della Penn State ha trovato una importante collegamento fra le quantità dei pesticidi utilizzati in agricoltura nei territori visitati dalle api e il calo di produzione del miele.
Gli scienziati statunitensi chiariscono che anche le anomalie meteorologiche annuali sono state importanti per influenzare le variazioni osservate nei rendimenti di ciascun territorio, ma soprattutto l'uso di queste sostanze chimiche spiega il repentino calo di produzione osservato negli anni. Questo fenomeno è stato confermato sia negli stati costieri che in quelli interni degli Stati Uniti, ma anche nei territori soggetti a condizioni climatiche "calde" e in quelle "fredde".
Tutte le api domestiche statunitensi hanno quindi subito l'effetto degli erbicidi, ma non tutto sembra perduto. Nelle regioni non pesantemente coltivate, infatti, o che sono state abbandonate da qualche decennio dagli agricoltori intensivi sembrano godere di rese di miele maggiori, al di là delle condizioni del clima. Le loro arnie producono più miele e i loro alveari sono maggiormente in salute. Anche le api selvatiche sembrano seguire questo stesso processo e la principale spiegazione data dagli scienziati a questo fenomeno è che questi terreni, non essendo colpiti dai diserbanti, sono a loro volta più produttivi.
Le campagne in stato naturale o semi naturale, infatti, producono un numero maggiore di fiori e di erbe spontanee. Sono ricoperte da una tipologia di vegetazione più ricca e variegata e i loro ecosistemi possono garantire alle api una maggiore quantità di nettare. Ciò si ripercuote positivamente sulle quantità di miele prodotto e sullo stato di salute in generale degli insetti stessi, non più costretti a viaggiare lontano per ricavare le risorse necessarie per sostenere l'alveare.
Gabriela Quinlan, autrice principale dello studio, ha affermato di aver trovato il coraggio e l'ispirazione per effettuare questo studio dopo aver partecipato a diverse riunioni con gli apicoltori, che si lamentano da tempo di non poter più lavorare come una volta. «Non è chiaro in che modo il cambiamento climatico continuerà a influenzare la produzione di miele, ma i nostri risultati potrebbero aiutare a prevedere questi cambiamenti – ha affermato la scienziata – Ad esempio, gli impollinatori potrebbero diminuire nelle Grandi Pianure man mano che il clima si surriscalda, mentre potrebbero aumentare nel Medio Atlantico man mano che le condizioni climatiche diventano più calde e le stagioni primaverili si allungano».
Per i tre scienziati, tuttavia, la scoperta più interessante è stata quella connessa alla produttività del suolo. Il suolo e la sua copertura vegetale sono stati infatti ignorati nelle passate ricerche, seppur alcune loro caratteristiche – come la temperatura, la consistenza, la struttura – aiutano ad aumentare la produttività e l'azione degli impollinatori. I ricercatori hanno infine anche sottolineato l'importanza della riconversione ecologica delle coltivazioni di soia. Diminuire i terreni coltivati esclusivamente a soia, per esempio tramite il Conservation Reserve Program, un programma di conservazione pensato per sostenere gli impollinatori, ha infatti avuto straordinari effetti positivi sulla salute delle arnie e sulla resa del miele.
Per il futuro, quindi, concludono gli scienziati, sarebbe meglio abbandonare l'idea di continuare a utilizzare in maniera massiccia i diserbanti e sarebbe utile aumentare gli ettari di campi coltivati tramite i sistemi più tradizionali. Ciò infatti non solo permetterebbe alle api di produrre più miele, ma anche di ottenere numerosi vantaggi per il nostro sistema produttivo agroalimentare, per la biodiversità in generale e per gli stessi ecosistemi.