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13 Luglio 2023
13:43

Gli scienziati scoprono un ciclo geologico di 36 milioni di anni che influenza la biodiversità

La vita sulla Terra è cambiata radicalmente in decine di milioni di anni di evoluzione, ed ora i ricercatori vogliono comprendere quali sono i meccanismi geologici che hanno permesso alle specie di diversificarsi.

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Gli scienziati dell'Università della Sorbona e dell'Università di Sydney, in Australia, hanno appena proposto una teoria decisamente affascinante, che potrebbe riscrivere la storia delle conoscenze scientifiche legate allo sviluppo della vita sulla Terra. I ricercatori, infatti, ritengono che lo spostamento delle placche tettoniche dovuto alla circolazione del magma e ai movimenti collettivi del mantello terrestre porti indirettamente ad un'esplosione di biodiversità sulla superficie, dovuta ai diversi mutamenti ecologici connessi all'innalzamento e all'abbassamento dei mari.

Questo fenomeno si osserverebbe ripetutamente da 250 milioni di anni, verificandosi in media ogni 36-40 milioni di anni, spiegando, così, alcune delle più improvvise comparse di fauna che è possibile osservare fra i giacimenti fossili presenti sul nostro pianeta.

La teoria, ideata dal professore Slah Boulila dell'Università della Sorbona di Parigi e colleghi, è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Secondo gli scienziati, ogni qual volta i livelli del mare cambiano per via dello spostamento dei continenti e dell'immagazzinamento di acqua ai poli, gli effetti principali che si possono osservare sono l'espansione e la contrazione degli habitat; questo offre nuove opportunità agli organismi per evolversi e prosperare, gettando le basi per eventuali eventi di speciazione che possono aumentare il numero di specie presenti all'interno di un territorio.

A seconda del fenomeno geologico avremo conseguenze diverse: quando, ad esempio, il mare retrocede rispetto all'originaria linea di costa, saranno gli animali terrestri a occupare nuovo spazio e a diversificarsi, mentre, nel caso opposto, gli animali terrestri scompariranno dalle zone ormai sommerse e gli animali marini a svilupperanno nuove forme.

Il coautore dello studio, il professor Dietmar Müller, della School of Geosciences dell'Università di Sydney, ha dichiarato che in termini di tettonica e di geologia, il ciclo di 36 milioni di anni è causa anche delle alterazioni che coinvolgono il fondale marino, portando a cambiamenti ciclici nelle profondità dell'oceano e al trasferimento tettonico di materiale biologico e geologico nelle viscere della Terra. «Questi cambiamenti hanno portato a loro volta a fluttuazioni nelle inondazioni e nel prosciugamento dei continenti, con periodi in cui i mari erano ampi e poco profondi, risultando perfetti per la crescita della biodiversità».

Secondo gli studiosi, i segni di questi cicli e delle conseguenti esplosioni biologiche di nuove specie sono presenti dappertutto e hanno contribuito a rendere varia la fauna fossile di ciascun continente. Nel modello sviluppato dai ricercatori non sono, però, previsti gli effetti dei cicli di Milankovic, che coinvolgono l'inclinazione dell'asse terrestre, la posizione della Terra rispetto la Luna e il Sole e che, secondo molti scienziati, contribuiscono notevolmente nel ciclo delle glaciazioni, che possono essere a loro volta causa di estinzioni. In seguito alle attuali scoperte effettuate sui siti fossiliferi, Muller e Boulila ritengono che i cicli geologici che comprendono il movimento delle placche tettoniche risultino i più importanti in questo processo.

Müller in particolare ha affermato che la Cretaceous Winton Formation nel Queensland risulta un ottimo esempio di come i cambiamenti del livello del mare dovuti al movimento delle placche abbiano influenzato l'evoluzione degli ecosistemi australiani. La formazione, infatti, rinomata per la sua collezione di fossili di dinosauri e per disporre di diversi giacimenti in cui è possibile estrarre opale (un minerale prezioso), secondo Muller offre uno sguardo ad una finestra temporale di un'epoca in cui gran parte del continente australiano era sott'acqua, permettendo a diversi organismi marini di occupare i territori che oggi sono abitati da canguri e koala e di evolversi, per adattarsi alle nuove condizioni ambientali.

I cicli geologici quindi rappresenterebbero il "pendolo" della storia evolutiva animale, per quanto vi siano ancora pareri scettici su questo modello. Secondo infatti alcuni critici, gli effetti combinati dell'innalzamento e dell'abbassamento del mare non avrebbero portato ad un incremento delle specie nel lungo periodo e anche perché questi processi non avvengono all'improvviso e risultano molto lenti. Gli animali quindi avrebbero potuto tranquillamente rispondere alla crescita e alla decrescita del loro territorio in maniera meno repentina rispetto a quanto proposto dal modello.

Dal canto loro però Muller e Boulila affermano che i boom di biodiversità siano facilmente osservabili all'interno degli orizzonti geologici e che tutti possono notare come nel Queensland del tardo Cretaceo la fauna marina abbia preso il posto di quella terrestre, aumentando di molto il numero delle specie.

Entrambi gli schieramenti sono d'accordo sul dire che c'è ancora molto da studiare sugli orizzonti geologici per affinare i modelli e capire in maniera definitiva quali siano stati i risultati finali dei movimenti tettonici sugli ecosistemi.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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