La storia evolutiva della nostra specie ha attraversato numerosi momenti chiave, alcuni talmente profondi e radicati all'interno della nostra famiglia da essere ancora presenti da milioni di anni. Tra questi ci sono sicuramente alcuni passaggi evolutivi fondamentali che hanno portato l'umanità, per esempio, a camminare in posizione eretta o a formare gruppi sociali sempre più complessi che ci hanno aiutato ad affrontare meglio alcune le sfide ambientali. Esistono però anche alcuni lati oggi considerati oscuri che hanno sicuramente caratterizzato la nostra evoluzione, come per esempio le guerre o il cannibalismo.
Gli antropologi e i paleontologi hanno discusso per decenni nel tentativo di capire quando avvennero i primi veri conflitti e cosa distinguesse gli scontri tipicamente umani dalle semplici interazioni antagoniste per le risorse naturalmente presenti in tantissime altre specie. Dopo attente valutazioni, già a partire dall'inizio degli anni 70, gli esperti cominciarono a credere che un'antico scontro potesse essere considerato una vera e propria guerra (o al massimo una battaglia), quando c'erano i segni inequivocabili di una violenza ripetuta e reiterata anche grazie all'utilizzo di strumenti e che aveva inoltre lo scopo di sottomettere l'altro o tutt'al più di ucciderlo per questioni di potere.
Qualche giorno fa, gli antropologi del Museo Nazionale di Storia Naturale dello Smithsonian – dopo aver utilizzato la vecchia definizione che distingue una vera e propria guerra da una "semplice" zuffa animale – hanno trovato all'interno della collezione del museo i più antichi reperti fossili che presentano chiari e segni sulle ossa di un vero e proprio conflitto con macellazione. A differenza però di quanto creduto in passato, i ricercatori di oggi hanno scoperto che la guerra e la macellazione appartengono alla nostra storia da molto più tempo di quello che pensavamo.
Il nuovo studio è stato pubblicato su Scientific Reports da un team composto da Briana Pobiner, Michael Pantè e Trevor Keevil, e potrebbe, almeno in parte, riscrivere la nostra storia evolutiva almeno per quanto riguarda le guerre e il cannibalismo.
«Le persone tendono a credere che il cannibalismo e la violenza sui nostri simili esistano solo da poche centinaia di migliaia di anni – ha spiegato Pobiner – In verità le informazioni che ora sono in nostro possesso ci dicono che probabilmente gli ominidi mangiavano altri ominidi già a partire da 1,45 milioni di anni fa. Avevamo altri esempi di specie, appartenenti al nostro albero evolutivo, che si uccidevano a vicenda per nutrirsi, ma questo fossile che abbiamo trovato all'interno della nostra collezione e che proviene da Koobi Fora, in Kenya, ci suggerisce che i parenti della nostra specie si mangiassero e uccidessero tra loro molto più indietro nel tempo di quanto abbiamo creduto in passato».
Per capire se il fossile studiato da Pobiner, Pantè e Keevil fosse stato manipolato, gli scienziati hanno impiegato l'analisi dei modelli 3D della superficie per risolvere qualsiasi tipologia di dubbio. E dopo aver confrontato le scansioni del fossile e capito che si trattava di una tibia, hanno trovato ben nove segni di taglio, inflitti da strumenti di pietra, che secondo gli scienziati sono probabilmente stati lasciati successivamente alla morte dell'individuo e alla frattura dell'osso.
Pobiner ha tra l'altro anche dichiarato che, seppur ci siano due segni di morsi probabilmente causati da felini che al tempo predavano anche i nostri antenati, i tagli affilati presenti sulla superficie superiore dell'osso rendono più probabile la teoria del cannibalismo. All'epoca infatti era molto più probabile che al termine di uno scontro i vincitori potessero nutrirsi della sua carne, vista la scarsità e le difficoltà di ottenere risorse alimentari per l'intero gruppo.
«I segni sono lì a dimostrarlo. Dopo aver ucciso il proprio nemico, si infieriva sul suo corpo con l'utilizzo di alcuni strumenti in pietra e si cominciava a mangiarne la carne, poiché nulla doveva essere sprecato».
I segni di taglio trovati dagli antropologi si trovano d'altronde nel punto preciso in cui i legamenti del muscolo del polpaccio si attaccavano sulla superficie dell'osso, ovvero in una dell'aree più semplici da tagliare se l'obiettivo era proprio quello di rimuovere un pezzo di carne. I segni di taglio presenti su questa tibia sono inoltre tutti orientati allo stesso modo, dimostrando che chi tagliò la carne brandiva uno strumento di pietra effettuando movimenti di taglio in successione senza cambiare presa o regolare l'angolo d'incisione.
«Questi segni sembrano molto simili a quelli che ho visto sui fossili di animali che venivano lavorati per il consumo umano – ha detto Pobiner – Anche se ho il vago sospetto che in questo caso la vittima era ancora viva mentre iniziavano a macellarla. Sembra inoltre probabile che la carne di questa coscia sia stata mangiata per nutrimento anziché per un rituale». Quindi ciò allontana eventualmente l'ipotesi che si trattasse di un sacrificio umano. 1,45 milioni di anni fa sono d'altronde un grande salto indietro nel tempo ed è perciò improbabile immaginare che all'epoca i nostri parenti avessero sviluppato concetti tanto complessi come quelli legati alla religione o all'esistenza ultraterrena.
Ma quali erano gli ominidi coinvolti in questo possibile evento di cannibalismo?
Gli studiosi non sono ancora certi sull'identità della vittima. Per quanto infatti gli antropologi degli anni 70 che per primi studiarono il fossile lo avevano identificato come Australopithecus (Paranthropus) boisei, ad inizio anni 90 cambiarono idea e lo identificarono invece come Homo erectus. Oggi però Pobiner e gli altri esperti concordano sul fatto che non ci siano informazioni sufficienti per identificare con certezza la specie, sappiamo solo che apparteneva al gruppo Hominina, ovvero quello che include le specie del genere Homo e quelle del genere Australopithecus.
Gli esperti infine specificano che le prime guerre combattute dai nostri antenati si esprimevano in modalità chiaramente molto diverse rispetto a quelle che combattiamo oggi. All'epoca, infatti, erano pochi gli individui coinvolti, si combatteva esclusivamente corpo a corpo o tutt'al più lanciando dei massi, e le ragioni per muovere guerra erano prevalentemente di natura alimentare, territoriale e sessuale (si rapivano probabilmente le giovani donne). La fame, inoltre, sicuramente era una motivazione molto forte fra i nostri antenati e parenti ed è per questo che la violenza spesso si concludeva con atti di cannibalismo.