L'urbanizzazione selvaggia ha stravolto grandissime porzioni del nostro pianeta e, insieme al resto delle attività umane, ha già prodotto rapidissimi cambiamenti ambientali e nuove sfide evolutive a cui gli animali stanno provando a fatica ad adattarsi. Nel tempo e col passare delle generazioni, queste nuove pressioni selettive portano talvolta a cambiamenti morfologici e comportamentali negli animali, come sta accadendo per esempio ad alcuni uccelli nordamericani che vivono in città a causa dell'inquinamento luminoso.
Secondo un nuovo studio pubblicato su Global Change Biology, in risposta alle luci intese e perenni delle città alcuni uccelli urbani si starebbero adattando evolvendo occhi sempre più piccoli, a differenza invece dei propri simili che vivono più lontani dall'ambiente urbano, dove l'inquinamento luminoso è sicuramente meno forte. Lo hanno scoperto un gruppo di ricercatori che hanno studiato si due uccelli stanziali – e che quindi vivono per tutto l'anno nello stesso luogo – che due specie migratrici, il tutto nell'area fortemente urbanizzata di San Antonio, in Texas.
Le specie stanziali in questione sono lo scricciolo della Carolina (Thryothorus ludovicianus) e il cardinale rosso o settentrionale (Cardinalis cardinalis), due passeriformi nordamericani abbastanza comuni sia in ambiente urbano che fuori. Mentre i due uccelli migratori sono invece lo zigolo pittato o papa della Louisiana (Passerina ciris) e il vireo occhibianchi (Vireo griseus). Prendendo quindi in considerazione queste quattro specie, gli autori hanno confrontato alcune caratteristiche fisiche mettendole poi in correlazione con l'inquinamento luminoso, ottenendo risultati abbastanza sorprendenti.
I ricercatori hanno infatti scoperto che le popolazioni urbane delle due specie stanziali – ovvero lo scricciolo e il cardinale – avevano gli occhi di circa il 5% più piccoli rispetto ai membri della stessa specie che vivevano invece tra le periferie meno luminose. Mentre invece per quanto riguarda le due specie migratrici – lo zigolo e il vireo – non è stata riscontrata alcuna differenza significativa in tal senso, a prescindere dal fatto che nidificassero o meno in città.
Secondo i ricercatori, questi risultati dimostrano che gli uccelli stanziali e che vivono quindi in città la loro intera esistenza, si stanno adattando in risposta alle pressioni selettive dell'eccessivo inquinamento luminoso presente in ambiente urbano. Cosa che però non accade invece alle specie migratrici poiché molto probabilmente dove trascorrono l'inverno subiscono meno l'imbatto delle luci e delle attività umane, a cui sono sottoposti solo per un breve periodo quando migrano in città per riprodursi.
Tanti altri studi hanno già ampiamente dimostrato che l'inquinamento luminoso sta modificando pesantemente il comportamento degli uccelli che vivono in città. Le luci influenzano per esempio i canti dei maschi, i ritmi e le attività giornalieri o l'orientamento di volo durante le migrazioni. Questo studio, però, è il primo in assoluto che riesce a collegare l'inquinamento luminoso a un cambiamento morfologico e fenotipico degli uccelli, come appunto le dimensioni degli occhi. Ma in che modo avere occhi più piccoli influenza la vita degli uccelli di città?
Sempre secondo gli autori, gli occhi più piccoli potrebbero aiutare gli uccelli ad assorbire meno luce, permettendo così di affrontare più facilmente e in maniera meno stressante i perenni e accecanti bagliori prodotti da lampioni, insegne luminose e abitazioni. Al contrario, infatti, avere occhi più grandi potrebbe significare maggiore stress o difficoltà nel dormire durante la notte, condizioni che rendono sicuramente più difficile e svantaggiosa la vita in città.
Questo studio dimostra che le già impattanti attività umane possono ulteriormente influenzare la vita degli animali in modi del tutto imprevedibili e sorprendenti. Inoltre, non sappiamo se questi adattamenti avranno conseguenze positive o negative questi uccelli nel lungo periodo, considerando inoltre che gli ambienti urbani non scompariranno di certo presto. È perciò fondamentale conoscere questi aspetti per capire ancora meglio come gestire le nostre città, per ridurre al minimo l'influenza umana, limitare questi fenomeni e tutelare soprattutto quelle specie che non riusciranno ad adattarsi.
Se infatti i cardinali e gli scriccioli che vivono San Antonio sembra si stiano in un certo senso adattando per vivere meglio in ambiente urbano, questo non significa ovviamente che accadrà anche altrove e ad altre specie, anzi. Oggi più dell'80% della popolazione mondiale vive sotto un "cielo perennemente illuminato", numeri che si avvicinano addirittura al 99% se consideriamo solo l'Europa e il Nord America. Questo crescente utilizzo dell'illuminazione artificiale sta modificato drasticamente l'ambiente naturale, interferendo con la vita e le abitudini di tantissimi animali selvatici, non solo tra gli uccelli.
Proprio per questo, esistono già diverse soluzioni per ridurre l'impatto dell'inquinamento luminoso e numerose governi, città, aziende e comunità in tutto il mondo stanno già adottando alcune misure necessarie per contenerlo. Per esempio, alcune linee guida concordate a livello internazionale sull'impatto dell'illuminazione artificiale su tartarughe marine e uccelli sono state approvate dalla Conferenza della Parti sulle Specie Migratrici (CMS) per incentivare proprio l'adozione di azioni di mitigazione.
Tra queste ci sono per esempio la riduzione della quantità di luce emessa, la schermatura delle luci per ridurre gli effetti sull'ambiente circostante, l'utilizzo di un'illuminazione notturna parziale, attiva magari solo durante i periodi di picco della domanda oppure sistemi in grado di modificare lo spettro luminoso a seconda del caso. Bisogna perciò continuare a studiare questi fenomeni e soprattutto incoraggiare le amministrazioni ad adottare queste misure di sicurezza, per restituire finalmente il buio alla notte e a tutti i suoi abitanti.