“L'essere umano ama – il che lo distingue da tutti gli altri esseri mortali, se non anche dagli angeli”
osserva il filosofo francese Jean-Luc Marion, e non è il solo a pensarla così. Perché? Perché si ritiene comunemente che gli altri animali facciano sesso solo per accoppiarsi. E il corteggiamento, l’attrazione reciproca, la fiducia che, per forza, i due individui in quei momenti ripongono l’uno nell’altro? Avete mai visto due cani cercarsi, non riuscire a staccarsi il tartufo di dosso, leccarsi a vicenda, giocare come se non ci fosse un domani, anche giorni prima che la femmina sia recettiva all’accoppiamento? Certo, poi la finalità tra due animali può essere quella (e non è sempre così), ma in tutto ciò che precede, e talvolta segue, la copula, c’è qualcosa che va oltre la mera congiunzione sessuale e sono le emozioni.
Un legame di coppia forte e per la vita
Secondo il primatologo Frans de Waal, l'amore e l'affetto sono essenziali per tutti gli animali sociali e non soltanto nel contesto del sesso. Molte specie di uccelli, come le anatre e le oche, e di mammiferi, come i lupi e alcuni primati, sono monogame e tra le coppie si sviluppano legami forti. Sono relazioni che durano tutta la vita, anche al di là del sesso, e infatti comprendono lunghi periodi in cui questo è assente. Perché non dovremmo considerarlo amore?
L'amore non è misurabile
Il problema dell’amore è che non è riconoscibile dall’esterno. Per capire se un individuo è arrabbiato, felice o disgustato, basta osservare il suo volto, i suoi gesti, la sua postura, persino il suo odore cambia palesemente. Questo perché la paura, la felicità e il disgusto sono emozioni primarie, stati corporei e mentali che influenzano il comportamento. E sulla loro esistenza negli animali non umani le neuroscienze hanno risolto molti dubbi, andando proprio a disvelare le specifiche aree e i circuiti che si attivano nel cervello di un porcellino d’india, quando è triste, o di un giovane ratto che gioca gioioso. L’amore è diverso, perché è una sensazione, cioè uno stato soggettivo interiore che può conoscere solo chi lo prova, e, quindi, può solo essere descritto a parole. Questo taglia le gambe, o meglio le zampe, a tutti gli animali non umani, facendo sì che noi possiamo solo sospettare che loro si innamorino, senza che riusciamo ad esserne certi.
L'amore al tempo delle arvicole
C’è una specie animale che gli etologi e gli psicologi considerano il modello ideale per studiare il legame di coppia, perché la relazione monogamica che si crea tra il maschio e la femmina è davvero molto simile a quella che si sviluppa tra noi e il nostro (o la nostra) partner. È l’arvicola delle praterie, Microtus ochrogaster, il classico topolino di campagna dal manto grigio-marrone e gli occhi grandi e scuri. Quando le arvicole si accoppiano, nel loro cervello sprizzano lapilli di ossitocina e vasopressina, che portano ognuna delle due a sviluppare una preferenza indissolubile per quel partner. Ma non basta. Affinché questo legame monogamico e duraturo possa formarsi, è necessario anche che, prima dell’accoppiamento, il maschio e la femmina trascorrano un po’ di tempo insieme: a loro bastano sei ore. Può sembrare poco, ma se pensiamo che le arvicole difficilmente superano l’anno d’età, ecco che una manciata di ore diventa un tempo sufficiente! È probabile che conoscersi prima lasci un’impronta nella loro mente e questo, insieme all’aumento dei neurotrasmettitori innescato dall’accoppiamento, fa sì che siano disposti a rimanere fedeli uno all’altra per il resto della loro vita.
Le tante forme dell'amore
Anche gli aotidi, scimmie della notte sudamericane dal volto incorniciato in un cuore di pelo bianco, e due occhi tondi e vispi color nocciola, sono animali socialmente monogami. La femmina partorisce un piccolo all’anno e il padre svolge il ruolo principale nel suo accudimento. Lo trasporta solo lui e se ne prende cura per il novanta per cento del tempo, restituendolo alla madre esclusivamente per le poppate. Tutto ciò ci ricorda un altro aspetto riguardo all’amore: per descriverlo utilizziamo un solo verbo, amare, ma in verità non ne esiste un tipo solo.
Lo sapevano bene gli antichi greci, che per definirlo usavano tante parole. Una di queste è "stοrgé", che viene dal verbo "stergo" e significa “amare teneramente”. E' l’amore filiale insomma. Sempre grazie alle neuroscienze, sappiamo che il cervello si è evoluto per assicurare che i genitori si prendano cura della prole. Così, alcune delle sostanze chimiche della sessualità, per esempio l'ossitocina, si sono evolutivamente riciclate anche per mediare le cure genitoriali – e in particolare il legame sociale che si sviluppa tra il genitore e la prole – il che suggerisce che le motivazioni sessuali e quelle genitoriali sono intimamente connesse.
Orbene, allorché non esiste un solo tipo di amore, si fa insistente la domanda iniziale: perché dovrebbe esistere un’unica specie animale capace di innamorarsi?
Bibliografia
Marion J.L. The Erotic Phenomenon. Chicago: Chicago University Press, 2007, 7.
de Waal F. L’ultimo abbraccio. Cosa dicono di noi le emozioni degli animali. Raffaello Cortina Editore, 2020, pp. 390.
Pirrone F. Un'etologa in famiglia: Genitori, figli e parenti scomodi nel regno animale. Edizioni Unicopli, 2020, pp. 159.
Panksepp J. Affective neuroscience of the emotional BrainMind: evolutionary perspectives and implications for understanding depression. Dialogues Clin Neurosci. 2010;12(4):533-545.