È morto oggi a Parigi all'età di 94 anni lo scrittore e saggista ceco Milan Kundera, autore del capolavoro "L'insostenibile leggerezza dell'essere". Kundera risiedeva in Francia da lungo tempo insieme alla moglie Vera Hrabanková, con la quale ha condiviso il più assoluto riserbo sulla sua vita privata, un tratto che negli anni lo ha reso uno scrittore quasi senza volto, anticipando di decenni la tendenza di celebri scrittrici e altri artisti a celare la propria identità al pubblico.
Poco si sa della vita di Kundera e le sue parole raramente hanno travalicato i libri per finire sui giornali. C'è quindi molto di segreto nell'opera e nell'esistenza dello scrittore, a cominciare dal suo rapporto con gli animali. Agli animali domestici, in particolare cani e bovini, sono dedicate alcune tra le pagine più significative della sua produzione e anche del suo romanzo più rappresentativo.
"L'insostenibile leggerezza dell'essere", in superficie, racconta infatti le vicissitudini sentimentali di Tomas e Tereza, e dello sconvolgimento che il tradimento porta nelle loro esistenze. Tomas, traditore seriale, intreccia una infinita serie di relazioni e Tereza, nella sua passività, non riesce a fare a meno di lui neanche quando l'infedeltà è palese e reiterata.
Ma c'è molto più di questo: nella Praga degli anni Sessanta che fa da sfondo si percepisce tutta la pesantezza di una società che schiaccia coloro che si trovano in basso, come Tomas, costretto a diventare operaio dopo aver perso la sua posizione di medico a causa delle pressioni del Partito Comunista.
È questo sbilanciamento dei rapporti di forza uno dei centri di attrazione del racconto di Kundera. Si tratta di una visione che, come si legge, è influenzata dal rapporto che gli esseri umani hanno instaurato con gli animali:
Non potremo mai stabilire con certezza fino a che punto i nostri rapporti con gli altri sono il risultato dei nostri sentimenti, del nostro amore, del nostro non-amore, della nostra bontà o del nostro rancore e fino a che punto sono condizionati dal rapporto di forze tra gli individui. La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri.
Protagonista di questo brano è Tereza con la sua Karenin, la cagna che le fa compagnia nelle notti solitarie, e che muore lasciando la donna nella prostrazione più totale, e con lei anche il lettore che la spia. L'amore, per Kundera, significa proprio «rinunciare alla forza», tuttavia l'esercizio della forza è indissolubilmente legato alla gerarchia. Solo evitando di esercitare il dominio, anche se ci si trova nella posizione giusta per farlo, si può dimostrare amore. Per tale motivo è solo nel rapporto con le altre specie che è possibile trovare questo sentimento nella sua forma più pura.
Questo è uno dei tanti leitmotiv che in sottofondo scandisce le esistenze dei personaggi e, per esteso, dell'umanità intera sim dall'alba dei tempi.
Subito all'inizio della Genesi è scritto che dio creò l'uomo per affidargli il dominio sugli uccelli, i pesci e gli animali. Naturalmente la Genesi è stata redatta da un uomo e non da un cavallo. Non esiste alcuna certezza che dio abbia affidato davvero all'uomo il dominio sulle altre creature. È invece più probabile che l'uomo si sia inventato dio per santificare il dominio che egli ha usurpato sulla mucca e sul cavallo.
Con queste pagine, Kundera suggerisce che siamo animali tra altri animali: ciò che ci distingue è la nostra volontà di sopraffazione. Ne è ben consapevole Tereza, l'elemento dominato all'interno della relazione con Tomas, e quindi idealmente più vicina al mondo animale. Quando guarda le sue mucche al pascolo, non può fare a meno di sodalizzare con loro, assumendo una prospettiva che oggi potremmo quasi definire anti-specista:
[…] l’umanità sfrutta le mucche come il verme solitario sfrutta l’uomo: si è attaccata alle loro mammelle come una sanguisuga. L’uomo è un parassita della mucca; questa è probabilmente la definizione che un non-uomo darebbe dell’uomo nella sua zoologia».
Agli esegeti di domani sono affidate le riflessioni su questo aspetto ancora poco indagato della produzione di Kundera.