L'uso di Internet è sempre più preponderante nel commercio illegale della fauna selvatica: alcuni studiosi in un recente lavoro hanno mostrato le principali specie vendute sul Dark Web, scoprendo che la maggior parte sono particolarmente apprezzate per la loro capacità di produrre sostanze psicoattive.
Parliamo di quelle molecole in grado di modificare lo stato psico-fisico di un soggetto agendo su emozione, ricordi, attenzione, percezione, umore e altro ancora come fanno alcuni farmaci e gli stupefacenti.
Sul mercato nero sono centinaia le specie vendute, come ad esempio il rospo del deserto del Sonora (Incilius alvarius), uno degli anfibi più grandi degli Stati Uniti, noto per produrre una secrezione tossica con effetti psichedelici che contiene bufotenina, una molecola che ha potenti effetti allucinogeni che gli sono molto utili, spaventando qualsiasi predatore tenti di leccare o mordere l'animale. Entrando in contatto con l'organismo umano, invece, la sostanza ha un effetto più lieve ma comunque intenso provocando un'esperienza psichedelica che può durare circa 30 minuti.
Questa loro caratteristica fisiologica è piuttosto ricercata, tanto che gli operatori del National Park Service degli Stati Uniti diverso tempo fa avevano pubblicato un peculiare avviso su Facebook che invitava le persone a non cercare i rospi per leccarli.
«Ciò che ci ha sorpreso è il fatto che circa il 90% delle specie vendute sul Dark Web sono note per le loro capacità di produrre droghe che l'uomo assume a scopo ricreativo», spiega Phill Cassey, ricercatore dell'Università di Adelaide e autore dello studio.
Una percentuale impressionante che sottolinea un gigantesco mercato ancora in espansione. Per ottenere questi risultati gli studiosi hanno scandagliato il Dark Web, ovvero quella parte della Rete non indicizzata da motori di ricerca, verificando la presenza di 2 milioni di inserzioni tra il 2014 e il 2020. Così facendo hanno scoperto il commercio di 153 specie animali, di cui circa 70 che hanno proprietà farmacologiche conosciute.
È come se gli studiosi avessero trovato un vaso di Pandora mai scoperchiato e indagato in maniera approfondita. La ricerca, inoltre, ha permesso anche di fare una panoramica generale dello stato di conservazione degli animali e dell‘impatto del mercato nero su di loro.
Fortunatamente, la maggior parte dei soggetti della compravendita non sono minacciati, anche se alcuni animali sono considerati dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) vulnerabili. Altre specie, invece, sono protagoniste di mercati ben più redditizi, come quello della medicina tradizionale o dell'abbigliamento.
Contro le aspettative dei ricercatori, invece, il numero di selvatici venduti come animali d'affezione è in proporzione molto più basso. Questo non significa però che la compravendita di fauna non sia un'altra piaga per la biodiversità. Secondo gli studiosi non sono presenti tanti annunci su Internet riguardo queste specifiche transazioni perché il mercato legale è così poco regolamentato che non c'è motivo per le persone di utilizzare il Dark Web.
«Il commercio di queste specie rimane in gran parte sconosciuto e lo stato di conservazione di molte di esse rimane per questo poco chiaro – sottolineano i ricercatori – Secondo stime recenti, l'unica cosa certa è che il commercio non regolamentato supera di molto quello legale».
Se da un lato dunque gli esperti suggeriscono che i governi dovrebbero mettere in pratica ulteriori controlli per poter arginare il problema, dall'altro temono che una maggiore ristrettezza nelle politiche possa portare bracconieri e mercanti di animali sempre più sul Dark Web. Per questo motivo la priorità dovrebbe essere frenare la domanda dei consumatori che in gran parte proviene da nazioni ricche.
«Grazie alla nostra ricerca abbiamo fornito una linea di base per poter attuare politiche adeguate per contrastare il commercio illegale di animali sul Dark Web – conclude il team di ricerca – Ora è arrivato il momento di agire».