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16 Ottobre 2024
14:58

Gli animali da laboratorio? Uno studio spiega che la loro sofferenza è accettabile perché sono “provette pelose senza cervello”

Circa 125 milioni di animali all'anno sono utilizzati nella ricerca biologica, genetica, in medicina e anche nel campo dell'agronomia. Anche le persone sensibili alla sofferenza animale, secondo uno studio, preferiscono non sapere e pensano che gli animali da laboratorio «non hanno una mente».

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Esistono animali la cui sofferenza causata dagli umani è tollerata anche da chi ha sviluppato una certa sensibilità nei confronti degli altri esseri viventi che abitano il nostro Pianeta. Sono gli animali che vengono utilizzati nei laboratori in cui si sperimenta per ottenere risultati per curare la nostra specie: topi, scimmie e anche cani, giusto per citarne alcuni.

Dei ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Melbourne in Australia e dell'Università di Grenoble in Francia hanno deciso di indagare questo delicatissimo tema in uno studio il cui titolo già fa presagire a quale spiegazione sono giunti: "Provette pelose senza cervello: categorizzare gli animali come soggetti da laboratorio porta alla negazione della loro mente".

Ebbene sì, secondo quanto è emerso dal panel degli intervistati coinvolti nella ricerca «i risultati hanno confermato che i partecipanti hanno costantemente negato l'esistenza di una mente negli animali utilizzati per la sperimentazione dei prodotti rispetto agli stessi animali presentati al di fuori di quel contesto. Ciò suggerisce, in linea con i lavori precedenti, che categorizzare gli animali come "provette pelose" cambia il modo in cui li percepiamo, al fine di razionalizzare il loro utilizzo per testare i prodotti che consumiamo quotidianamente».

Lo studio consente anche di mettere nero su bianco i numeri di questo fenomeno per comprendere la portata dell'utilizzo degli animali per testare farmaci e altri prodotti. Circa 125 milioni di animali all'anno sono utilizzati nella ricerca biologica, genetica, in medicina e anche nel campo dell'agronomia. Ad oggi sono 40 i paesi in cui i test su animali per la cosmesi sono vietati e nell'Unione Europea il divieto è operativo dal 2024 (per trucchi, creme, saponi e profumi come precisato sul sito ufficiale).

Al di là della conoscenza effettiva di come stanno le cose, c'è proprio un problema di fondo che riguarda però le persone che abbassano la valutazione sulla sofferenza causata e non vogliono nemmeno sapere, in realtà, cosa accade agli animali all'interno dei laboratori. «Sebbene venga loro ricordato o spiegato ciò che avviene e molte persone abbiano atteggiamenti negativi nei confronti della sperimentazione e della sofferenza degli animali da laboratorio molti considerano il danno giustificabile in vista dei benefici per la ricerca e lo sviluppo – precisano i ricercatori – In effetti, la sperimentazione sugli animali è correlata alla ricerca scientifica e, sebbene eticamente discutibile, questa pratica è di conseguenza ritenuta necessaria».

Allo stesso tempo, però, «le persone essendo sensibili alla sofferenza causata, preferiscono non pensare al benessere degli animali e al loro ruolo indiretto (come consumatori) nel perpetrare questo danno».

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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