L’essere umano viene spesso percepito dagli altri animali come un temibile predatore. Questo vale per molti uccelli, rettili e mammiferi. Come fanno, dunque, gli animali urbani a convivere in modo apparentemente così tranquillo con noi? Sappiamo che, in generale, di fronte ai cambiamenti ambientali gli animali sanno adeguare il proprio comportamento in modo da riuscire a far fronte alle nuove sfide che si trovano a dover affrontare. Questo accade anche agli individui che si trasferiscono dalla campagna in città. Dovendo adattarsi a convivere con noi, essi riducono il comportamento anti-predatorio in presenza delle persone: diventano cioè più audaci, meno fifoni. È facile capirlo perché, quando ci incontrano, hanno una minor distanza di fuga rispetto a quelli che vivono in ambienti rurali. La distanza di fuga è considerata proprio un indice della sensibilità degli animali al rischio rappresentato da un predatore in avvicinamento. In altre parole, essa riflette il rischio che sono disposti a correre quando vengono avvicinati da un potenziale predatore.
Abituarsi all’uomo ha una funzione adattativa
Più, in un ambiente, il livello del disturbo provocato dall’uomo è elevato, come nelle città, più gli animali che vi abitano diventano tolleranti. È quanto è emerso in uno studio condotto da Samia et al. nel 2015 prendendo in considerazione ben 180 specie di uccelli, 16 specie di lucertole e 16 specie di mammiferi. Ridurre l'espressione di comportamenti anti-predatori e di vigilanza può avere un significato adattativo, poiché impegnarsi in queste attività comporta notevole stress, oltre a un dispendio di energie e di tempo che potrebbero, invece, essere utilizzati per acquisire risorse utili. Non sorprende che le specie di uccelli con lunghe distanze di fuga dal “predatore umano” siano quelle nelle quali si è registrato un netto calo demografico, almeno in Europa, in Australia e in Nord America. Avendo molta paura di noi, è probabile che in nostra presenza interrompano le loro attività, e questo influisce negativamente sul successo riproduttivo e, di riflesso, sulla dimensione delle popolazioni.
È sempre utile per gli altri animali imparare a convivere con noi?
D’altra parte, abbassare troppo i livelli di guardia nei confronti degli esseri umani potrebbe rivelarsi svantaggioso. Capita, infatti, che la minor sensibilità alla minaccia rappresentata dall’uomo si estenda anche ai predatori naturali presenti in una determinata area. Quando un fringuello (Fringilla coelebs) si abitua a un certo stimolo minaccioso – poniamo le persone – non sempre si limita a smettere di reagire a questo stimolo: talvolta, mostra una risposta attenuata anche davanti a un falco. Questo tipo di generalizzazione dello stimolo è stato osservato anche negli scoiattoli. Difatti, rispetto agli individui che vivono in campagna, quelli di città mostrano una risposta comportamentale anti-predatoria inferiore non solo se sono approcciati da una persona, ma persino quando vengono esposti alle riproduzioni acustiche delle vocalizzazioni di un falco o di un coyote (Canis latrans).
In buona sostanza, la frequente esposizione all'attività umana può stressare molto gli animali, indebolendo le loro difese immunitarie e riducendo il loro successo riproduttivo, e può persino aumentarne la vulnerabilità ai predatori. Questo suggerisce quanto sia importante che ci sforziamo di essere, per le altre specie, vicini di casa pacifici, non fastidiosi e soprattutto discreti.
Bibliografia
Samia D, Nakagawa S, Nomura F et al. (2015). Increased tolerance to humans among disturbed wildlife. Nat Commun 6, 8877.
Møller AP, Samia DSM, Weston MA, Guay P-J, Blumstein DT (2014). American Exceptionalism: Population Trends and Flight Initiation Distances in Birds from Three Continents. PLoS ONE 9(9): e107883.
McCleery RA. 2009. Changes in fox squirrel anti-predator behaviors across the urban-rural gradient. Landscape Ecology 24:483–493.