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9 Agosto 2024
11:32

Gli allevamenti di leoni in Sudafrica stanno alimentando il commercio illegale e internazionale di ossa

Un nuovo studio svela le numerose violazioni e gli abusi dell'industria dell'allevamento di leoni in Sudafrica finalizzato alla caccia al trofeo. Maltrattamenti, animali sedati e soprattutto attività illegali che alimentano il commercio internazionale di ossa.

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Uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Conservation getta nuove inquietanti ombre sul business sudafricano dell'allevamento dei leoni in cattività finalizzato alla caccia al trofeo. Lo studio, condotto da World Animal Protection, svela pratiche inquietanti che collegano l'allevamento dei leoni al commercio internazionale illegale di ossa di grandi felini, mettendo in luce la necessità urgente di un'azione governativa più incisiva per fermare queste attività ormai non più accettabile.

Attraverso interviste dirette effettuate con i lavoratori di due strutture che allevano i leoni nella Provincia del Nordovest, in Sudafrica, lo studio ha portato alla luce una serie allarmante di numerose violazioni e abusi, sia nei confronti degli animali che dei dipendenti. Tra questi, lo sfruttamento di attività ancora legali come l'allevamento commerciale dei leoni per la cosiddetta caccia "in scatola" (da canned hunting) finalizzato a coprire il coinvolgimento diretto degli stessi allevamenti nel commercio illegale internazionale di ossa di leoni e tigri.

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Come vi avevamo già raccontato attraverso la nostra video inchiesta all'interno della più grande fiera della caccia in Europa, quella "in scatola" è la tipologia di caccia al trofeo più controversa e criticata in assoluto, anche da una grossa fetta della comunità venatoria. Nella caccia in scatola, animali come appunto tigri o leoni vengono infatti esclusivamente allevati, spesso in maniera intensiva, solo per essere uccisi in piena comodità. La caccia avviene appena raggiunta l'età desiderata, all'interno di recinzioni molto piccole che rendono quindi estremamente semplice il lavoro del cacciatore.

Per gli animali cacciati è praticamente impossibile la fuga, proprio perché si trovano rinchiusi all'interno di una "scatola". Questa tipologia di caccia al trofeo viene duramente criticata anche da numerose organizzazioni internazionali e persino da diversi gruppi di cacciatori, poiché considerata non etica, sleale e brutale. Diversi stati, come alcuni degli Stati Uniti, hanno perciò vietato o limitato in maniera molto più rigida la caccia in scatola oppure l’esportazione e l’importazione di trofei animali ottenuti in questo modo.

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Le testimonianze raccolte descrivono inoltre un quadro sconvolgente delle condizioni di vita degli animali. Si parla di malnutrizione, scarsità di acqua pulita, recinti sporchi e leoni lasciati di proposito senza cibo durante la bassa stagione di caccia. Anche le pratiche di caccia illegale non sono meno preoccupanti: gli animali vengono spesso sedati e cacciati nel giro di un'ora dal rilascio, all'interno di recinti che non rispettano i requisiti legali minimi in termini di dimensioni.

Persino la sicurezza dei lavoratori è un altro punto critico. Gli intervistati denunciano per esempio la mancanza di attrezzature protettive per i dipendenti incaricati della preparazione dei corpi degli animali uccisi. Inoltre, emerge un preoccupante spostamento verso lo sfruttamento commerciale di altre specie feline, come le tigri e gli ibridi, che potrebbero essere utilizzate come sostituti per il commercio illegale di ossa di leone ed eludere i divieti. I lavoratori hanno descritto anche le diverse strategie adottate per eludere i controlli durante le ispezioni.

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Le strutture hanno piani e sistemi ormai ben collaudati per prepararsi e organizzarsi, tra cui l'utilizzo di telecamere di sicurezza, pattugliamenti per allertare l'arrivo dei controllori e applicazioni di messaggistica per tenere sottocontrollo e organizzare il tutto. Questi stratagemmi sottolineano la sistematicità e soprattutto la gravità delle attività illegali legate all'industria dell’allevamento di leoni in cattività, che necessitano evidentemente di un intervento immediato e deciso che non più più essere rimandato

Angie Elwin, responsabile del settore ricerca per World Animal Protection e autrice principale dello studio, ha così commentato: «Il nostro studio mette in luce la realtà inquietante dell'industria sudafricana dell'allevamento di leoni in cattività. Le attività legali vengono sfruttate per facilitare il commercio illegale, aggravato da gravi violazioni del benessere animale e condizioni di lavoro insicure. È necessaria un’azione urgente per proteggere sia i leoni che le persone».

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Nonostante l’allevamento commerciale in cattività e la caccia "in scatola" di leoni rimangano ancora legali, seppur poco regolamentati in Sudafrica, l'esportazione di ossa e parti di leone, compresi artigli e denti, è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Suprema del Sudafrica già nel 2019. Nel 2021, inoltre, il governo sudafricano ha anche annunciato l'intenzione di fermare immediatamente "l'allevamento e lo sfruttamento dei leoni" e di chiudere tutte le strutture presenti nel paese.

Tuttavia, al mancanza di chiarezza sulle modalità e i tempi, ha lasciato una grossa area grigia legale, consentendo ad alcune aziende di continuare operare in apparente legalità, ma rifornendo il commercio illegale internazionale di ossa di grandi felini gestito e facilitato da grandi organizzazioni criminali. Alla luce di queste inquietanti rivelazioni, gli autori sollecitano quindi il governo sudafricano a implementare un piano strutturato e ben gestito per il superamento delle pratiche attuali nell'industria dei leoni in cattività. Tra le raccomandazioni principali gli autori sottolineano:

  • Revisione completa del settore: assicurare che tutte le strutture di allevamento commerciale di leoni siano ufficialmente registrate e conformi alle normative fino alla chiusura dell’industria.
  • Moratoria sull'allevamento: stabilire una moratoria immediata sull'allevamento di leoni per prevenire l’ulteriore crescita della popolazione in cattività.
  • Prevenzione dell'accumulo di ossa: sviluppare e applicare piani per impedire l'accumulo e la conservazione di ossa di leone, che rischia di alimentare il commercio illegale internazionale.
  • Piano di dismissione: attuare un piano strategico con scadenze precise per eliminare gradualmente l'industria dell'allevamento di leoni in cattività, garantendo un trattamento etico degli animali e la sicurezza dei lavoratori.

Neil D'Cruze, coautore dello studio, ha infine aggiunto: «Il governo sudafricano deve agire immediatamente per mantenere la promessa pubblica di porre fine alla controversa industria dell’allevamento di leoni in cattività. Senza un piano completo con scadenze precise e un’applicazione rigorosa, questa industria continuerà a rappresentare un grave problema legale, etico e conservazionistico». In Sudafrica si stima siano tra gli 8.000 e i 12.000 i leoni e gli altri grandi felini tenuti in cattività all’interno di oltre 350 strutture ancora attive e sparse in tutto il paese.

I leoni in gabbia sono inoltre molti più leoni di quanti ne siano rimasti in natura, con circa 3.500 individui sparsi in piccole popolazioni frammentate all'interno di poche grandi aree protette, sia statali che privati. Il Sudafrica e la comunità internazionale devono quindi affrontare e risolvere quanto prima le complesse problematiche legate all'industria dell'allevamento di leoni in cattività e alla caccia al trofeo, un pratica anacronistica, non etica e ormai non più accettabile.

Lo studio arriva inoltre in un momento molto delicato in cui l'ONG sudafricana Blood Lions sta incoraggiando la popolazione e i turisti a far sentire la propria voce, condividendo il messaggio della campagna "You're killing them softly" in occasione della Giornata Mondiale del Leone. La campagna mira a informare chi frequenta le strutture di allevamento di leoni, compresi i cacciatori, sulle sofferenze nascoste e sulla crudeltà implicita di questa pratica, invitandoli a firmare la petizione di HSI International che chiede al governo di estendere il divieto di allevamento e commercio in cattività anche a tutti gli altri predatori.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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