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10 Febbraio 2024
10:30

Gli abbattimenti dei lupi non diminuiscono le predazioni sugli animali domestici

I lupi hanno dimostrato di essere molto più efficienti degli uomini nella gestione delle dinamiche di popolazione, cercando sempre di rivolgere le loro attenzioni predatorie verso animali giovani oppure anziani o malati. Più sarà facile la caccia più aumenterà la percentuale di successo e diminuiranno i rischi e il dispendio energetico.

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In questo tempo davvero problematico per gli equilibri naturalistici anziché comprendere l’importanza della coesistenza in troppi soffiano sulla paura e sulla protesta, indicando come unica strada per difendere gli interessi degli umani la riduzione dei predatori.

Gli allevatori, abituati da decenni a gestire gli animali al pascolo senza avere la presenza di grandi carnivori, ora si trovano costretti a dover adottare delle misure di prevenzione per evitare che i lupi spostino le loro attenzione dagli animali selvatici a quelli domestici. Greggi e mandrie non possono più essere lasciati incustoditi al pascolo, come accadeva sino agli albori del nuovo millennio, quando i lupi sono tornati a riprendersi i territori dai quali erano stati cacciati.

Le ragioni non sono da ricercare in avventati ripopolamenti fatti da ambientalisti sconsiderati, come ancora qualcuno crede, ma dallo sfruttamento di una mutata situazione sia giuridica che ambientale. La protezione totale del lupo, avvenuta negli anni ’70, unita allo spopolamento della montagna e all’aumento degli ungulati, questi sì reimmessi sul territorio dai cacciatori, ha consentito ai lupi di compiere una riconquista del territorio, dopo decenni di confinamento nelle foreste calabresi e nelle aree meno frequentate dell’Abruzzo.

Quasi portati allo sterminio dai lupari, cacciatori prezzolati che venivano pagati per uccidere i lupi e i predatori in genere, e dall’uso sconsiderato di bocconi avvelenati e tagliole, i lupi hanno saputo resistere alle pressioni per ritornare a diffondersi su tutto il territorio della penisola.

Una risalita lenta ma costante ha portato questi predatori apicali a raggiungere e colonizzare anche l’arco alpino, sconfinando oltre e ricongiungendosi con branchi presenti in altre nazioni europee. Animali molto intelligenti, adattabili e flessibili nelle loro logiche predatorie e con una struttura sociale molto simile a quella delle nostre famiglie, i lupi hanno riconquistato terreno grazie al grande numero di ungulati presenti sul territorio: daini, caprioli, cervi e soprattutto cinghiali sono diventati le prede di elezione di un predatore che contribuisce in modo importante al contenimento di questi animali, molto più efficacemente di quanto facciano i cacciatori che con le loro attività di selezione sono riusciti soltanto a ottenerne la moltiplicazione.

I lupi hanno dimostrato di essere molto più efficienti degli uomini nella gestione delle dinamiche di popolazione, cercando sempre di rivolgere le loro attenzioni predatorie verso animali giovani oppure anziani o malati. Più sarà facile la caccia più aumenterà la percentuale di successo e diminuiranno i rischi e il dispendio energetico. Logiche opposte a quelle dei selettori venatori, che spesso cercano di abbattere gli animali più grandi e in salute, arrivando a uccidere nei cinghiali le matriarche, femmine che conducono il branco, facendo andare in estro tutte le altre femmine del gruppo, aumentando tasso e successo riproduttivo.

Nonostante l’indubbia utilità del lupo come predatore apicale, troppi ancora non capiscono quanto la sua presenza sia indispensabile, vedendo negli abbattimenti e nel bracconaggio l’unica via d’uscita per ridurre la predazione degli animali lasciati al pascolo senza custodia. Un’idea priva di riscontri scientifici, che anzi dimostrano come gli abbattimenti possano aumentare le predazioni e non viceversa.

Un branco che si trovi improvvisamente “destrutturato” a causa dell’uccisione di uno o più membri dovrà affrontare maggiori rischi di insuccesso nelle attività di caccia agli ungulati selvatici e, per questo, potrà rivolgere maggiori attenzioni a prede più facili da abbattere, come gli animali d’allevamento, specie quando questi ultimi sono lasciati a loro stessi, senza né vigilanza umana, né quella dei cani da guardiania o la difesa costituita dai recinti elettrici, che quando sono installati a regola d’arte garantiscono un ottimo sistema di protezione contro gli attacchi dei lupi.

Gli abbattimenti, quindi, devono essere visti come una “non soluzione”, come polvere gettata negli occhi alla componente meno informata del mondo agricolo e di quello venatorio, con il fine di dar loro un contentino, nella speranza che questo possa poi produrre una forma di riconoscenza in termini di consenso politico alle elezioni.

Iniziare a rendersi conto dell’importanza della coesistenza e del valore della convivenza con gli altri animali diventa la chiave salvifica della nostra sopravvivenza in un ambiente sano e equilibrato, che risponda a quei criteri “One health”, una sola salute, un solo ambiente, che sono pilastri del nostro futuro sul pianeta. Senza coesistenza muore la speranza e avanza in modo irreversibile un mondo dove i primi a perdere terreno saremo proprio noi.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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