Giuseppe Di Matteo aveva 12 anni quando venne sequestrato da un commando di Cosa Nostra e tenuto in prigionia per oltre due anni, al termine dei quali è stato strangolato e disciolto nell'acido dai sui carcerieri. Il piccolo Giuseppe venne rapito il 23 novembre 1993 dal maneggio che frequentava quotidianamente per prendersi cura dei cavalli, la sua più grande passione. La sua reclusione terminerà ben 25 mesi dopo, con il brutale omicidio avvenuto nelle campagna di San Giuseppe Jato.
A Giuseppe, vittima innocente della mafia, è stata dedicata una scuola dell'infanzia di Palermo, e anche un centro informativo all'interno del Parco dei Nebrodi sul Cavallo Sanfratellano, razza autoctona della Sicilia. Una delle più grandi passioni di Giuseppe erano infatti proprio i cavalli: sin da piccolissimo si era dedicato a loro, imparando a conoscerli e a cavalcarli, trascorrendo al maneggio gran parte del suo tempo libero. L'associazione Libera a dieci anni dalla morte ha dedicato alla memoria del piccolo un ciclo di eventi dal titolo "C’era una volta un bambino che amava i cavalli", proprio in omaggio a questa passione.
A spegnere ogni suo sogno ci ha pensato il cappio dei suoi aguzzini. Il piccolo Giuseppe è stato vittima della vendetta traversale operata all'interno delle frange di Cosa Nostra. Il suo rapimento era stato inizialmente pensato per costringere al silenzio il padre Santino Di Matteo, che aveva scelto di diventare collaboratore di giustizia fornendo informazioni sulla strage di Capaci. Quando però fu chiaro che Santino non avrebbe smesso di testimoniare, fu dato l'ordine di porre fine alla prigionia del ragazzo.
A dare l'ordine di ucciderlo e di far scomparire i resti fu, tra gli altri, il boss Matteo Messina Denaro, arrestato oggi a Palermo dai Carabinieri del Ros dopo 30 anni di Latitanza. L'ex braccio destro di Totò Riina è già stato condannato in contumacia per sette stragi e oltre venti omicidi, tra cui proprio quello del piccolo Di Matteo. Durante la conferenza stampa tenuta nel capoluogo siciliano, è stato confermato che Messina Denaro sconterà le sue condanne al regime speciale del 41bis, il cosiddetto "carcere duro".
Il pm titolare dell'inchiesta, Paolo Guido, ha spiegato che il superlatitante è stato arrestato all'interno di una clinica privata di Palermo dove si era recato per sottoporsi a una operazione e a diverse cure mediche, tuttavia le condizioni dell'uomo «sono assolutamente compatibili con il carcere». Un dato importante per i familiari delle vittime di Messina Denaro, compresi i genitori di Giuseppe.
«Il pluriennale lavoro in sinergia con le altre Forze di Polizia e con la magistratura ha permesso di riaffermare la presenza e la vittoria dello Stato e delle istituzioni sulla criminalità organizzata», ha detto il comandante dell'Arma Teo Luzi.