Solo l'8,33% del Mediterraneo è protetto, se la percentuale salisse al 30 si potrebbe proteggere tutto l'ecosistema fatto di mammiferi marini, squali, pesci pelagici e anche la salute dell'essere umano. Quest'anno la Giornata Nazionale del Mare, che cade oggi 11 aprile, coincide con un altro importante evento: la Conferenza delle Nazioni Unite sul decennio degli oceani che si sta tenendo a Barcellona proprio in questi giorni.
Un momento per tirare le somme sullo stato in cui si trovano le nostre acque, a un anno di distanza dalla firma del trattato Onu sull'Alto Mare, in cui più di cento paesi – Italia compresa – hanno accettato di collocare il 30% dei mari in aree protette entro il 2030 in modo da salvaguardare migliaia di specie e aiutare gli ecosistemi ad affrontare gli effetti di un cambiamento climatico che non accenna ad arrestarsi.
A chiedere maggiori tutele per il mare e le specie che lo abitano sono soprattutto gli attivisti riuniti sotto le insegne del WWF. L'associazione del panda ha chiesto al Governo italiano di non venire meno agli impegni sottoscritti in sede internazionale, e «mettere in campo tutte le azioni necessarie per garantire una protezione veramente efficace del 30 % dei mari italiani, identificando le aree da proteggere e le relative misure gestionali sulla base di una adeguata consultazione con gli stakeholder e le autorità competenti, affinché non rimangano impegni solo “sulla carta”».
La Strategia Europea sulla Biodiversità 2030, in linea con il quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal, impone agli stati membri di proteggere entro il 2030 il 30% dello spazio marittimo, di cui il 10% deve essere protetto in modo rigoroso, attraverso una rete di aree marine protette (AMP) e altre misure di protezione spaziale (OECM, Other Effective Area-Based Conservation Measures), coerente ed ecologicamente connessa.
Ad oggi solo poco più dell’8% del Mediterraneo è protetto, e la superficie cumulativa dell'area a protezione integrale è di appena lo 0,04% del Mediterraneo, una cifra esigua schiacciata dalle minacce che incombono sul resto del Mediterraneo: oltre a perdita di habitat marini, pesca eccessiva e/o illegale, traffico marittimo e inquinamento acustico e chimico, su tutte preme il cambiamento climatico, che nel nostro mare provoca un aumento della temperatura dell’acqua del 20% più veloce della media globale con alterazioni degli habitat e della distribuzione e sopravvivenza delle specie autoctone. Tutte queste pressioni antropiche hanno provocato una drammatica diminuzione delle popolazioni marine e costiere, con più di 78 specie marine e 158 specie costiere attualmente a rischio di estinzione, mentre tutti gli habitat marini sono in stato di conservazione sfavorevole.
Le aree marine protette ad oggi esistenti, inclusa la Rete Natura 2000, non sono messe nelle condizioni di compiere il proprio lavoro di “banche del mare”: più del 95% di ciò che dovrebbe essere protetto nel Mediterraneo non è soggetto a regolamenti sufficientemente severi da conferire alcun beneficio ecologico (basti pensare che solo 10% delle aree marine protette esistenti implementa adeguatamente i propri piani di gestione).In Italia in particolare, la maggior parte delle AMP esistenti lamenta una carenza di personale competente, di sorveglianza efficace e una difficoltà a reperire i finanziamenti per assicurare l’implementazione di azioni di conservazione e un monitoraggio, mentre la maggior parte dei siti Natura 2000 marini sono ancora privi di misure di conservazione, tanto che la Commission Europea ha avviato nel 2024 un’altra procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata attuazione delle misure previste dalla Direttiva Habitat sui Siti Natura 2000.
Nonostante la sua modesta estensione, rappresenta un tesoro inestimabile di biodiversità marina. Con solo l’ 0,82% della superficie oceanica mondiale, questo mare ospita, dal 4% – 18% della biodiversità marina conosciuta a livello globale, con oltre 17.000 specie identificate. «Inoltre – sottolineano dal WWF – circa un terzo delle specie presenti nel Mediterraneo sono endemiche, il che significa che si trovano esclusivamente in quest'area, conferendo al mare nostrum un ruolo cruciale nella conservazione della diversità biologica».
Questa ricchezza di biodiversità si traduce in servizi ecosistemici essenziali, come il sequestro di anidride carbonica dall'atmosfera: il Mar Mediterraneo agisce come un importante serbatoio di carbonio, con un flusso stimato di 17,8 milioni di tonnellate di CO2 assorbite annualmente, il che rappresenta lo 0,9% del flusso globale di carbonio oceanico, contribuendo così alla mitigazione del cambiamento climatico.