La pioggia è costante: piove ogni giorno, per oltre 1500 millimetri l’anno. L’altra costante è la presenza di due terzi di tutte le specie viventi animali e vegetali della Terra: milioni di piante, insetti, microrganismi in gran parte ancora sconosciuti. È la foresta pluviale, una delle ricchezze naturalistiche maggiori del Pianeta e oggi, 22 giugno, si celebra il World rain Forest Day, la Giornata Mondiale della Foresta Pluviale, fondata nel 2017 da Rainforest Partnership, per sottolineare l'importanza di foreste pluviali sane per il clima, la biodiversità, la cultura e i mezzi di sussistenza e con l’obiettivo di formare un movimento globale per proteggerle e ripristinarle.
«Questi ecosistemi, che coprono appena il 2% della superficie terrestre, hanno un immenso potere di mitigare gli effetti del cambiamento climatico – spiega il manifesto della Rainforest Partnership – Le foreste pluviali sono serbatoi di carbonio, assorbono e immagazzinano grandi quantità di anidride carbonica dall'atmosfera. Svolgono un ruolo fondamentale nel regolare i modelli climatici globali e nel preservare il delicato equilibrio degli ecosistemi del nostro pianeta. Proteggendo e ripristinando le foreste pluviali, possiamo salvaguardare il nostro futuro comune su questo pianeta. Ogni albero, ogni acro di foresta intatta fa la differenza».
L’allarme del WWF: ogni 15 secondi scompare un’area di foresta come 7 campi di calcio
In questa giornata di celebrazioni mondiali volte a sensibilizzare tutti gli abitanti del Pianeta sul ruolo e l’importanza delle foreste pluviali arriva anche l’allarme lanciato dal WWF. «Le foreste pluviali sono fondamentali per la nostra sopravvivenza, ma le stiamo perdendo a ritmi sempre più rapidi: un’area di foresta grande quanto 7 campi da calcio scompare ogni 15 secondi a causa della crescente richiesta di legnami pregiati o di aree convertite in pascoli o piantagioni di soia e palma da olio».
L’allarme riguarda in particolare il cosiddetto Polmone Verde del Pianeta, cioè la foresta amazzonica che non solo svolge un ruolo cruciale per la biosfera ma è anche la casa del giaguaro, il suo simbolo altamente a rischio estinzione e al quale l’Italia ha anche dedicato una moneta. e di cui è stata denunciata anche la vendita di on line di parti del corpo, come denti o pelle, utilizzati come talismani o oggetti d’arredamento. Secondo WWF la buona notizia è che da quando, all’inizio di quest’anno, il presidente brasiliano Lula ha preso il posto del suo predecessore Bolsonaro, la distruzione della foresta amazzonica è drasticamente calata: da 3.988 km2 nei primi 6 mesi del 2022 a 288 km2 nei primi 6 mesi del 2023. Secondo il WWF i dati dell’istituto brasiliano di ricerche spaziali (INPE) sono sempre stati chiari: «fin dall’inizio del governo Bolsonaro (2019-2023) la deforestazione in Amazzonia era aumentata del 34%, e di un ulteriore 75% nel 2022, quando durante i primi 6 mesi ben 3.988 km quadrati di foresta amazzonica sono andati distrutti – una superficie oltre 3 volte quella di Roma».
Un territorio immenso, una distruzione continua che è andata di pari passo con un drammatico aumento degli incendi, spesso appiccati illegalmente e che rappresentano il modo più veloce (e illegale) per favorire l’espansione dell’agricoltura industriale con piantagioni e pascoli. Pensiamo ovviamente alle famose coltivazioni di soia che rappresentano il principale mangime animale utilizzato per produrre prodotti lattiero-caseari, pesce, carne di maiale, manzo e pollo. E, secondo i dati del 2018, più dell’11% della soia importata in Europa proveniva dalla zona amazzonica. Con il governo del presidente brasiliano Lula da Silva sono arrivati dei cambiamenti sostanziali: secondo l’INPE la distruzione della foresta ad aprile è stata la terza più bassa registrata da molti anni e con una netta diminuzione rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (1.026,35 km quadrati).
Salvare la foresta amazzonica per salvare il giaguaro
Salvare la foresta amazzonica significa anche salvare i suoi abitanti. Grazie ad un progetto del WWF uno dei principali risultati raggiunti è stato quello dell’incremento della popolazione del giaguaro nella foresta atlantica: mentre nel 2005 il loro numero era stimato in 30-54 individui, è cresciuto continuamente passando a circa 51-84 nel 2014, 71-107 nel 2016 fino a raggiungere i quasi 200 individui nel 2020, grazie ad anni di monitoraggi e sforzi di conservazione.
Il progetto ha come areale di riferimento la foresta amazzonica del Paraguay ed è nato per contrastare la deforestazione nelle aree critiche di Chaco, Pantanal e della Foresta Atlantica, la cosiddetta Mata Atlântica. «Un luogo unico – spiega il WWF – ospita il 7% di tutte le specie animali e vegetali del nostro pianeta, il 90% di tutti gli anfibi e ben il 50% di tutte le specie vegetali presenti nella foresta atlantica non si trovano in nessun’altra parte nel mondo. Questa foresta pluviale è il regno del giaguaro, felino dalla cui sopravvivenza dipende tutto l’equilibrio ecologico della foresta. Ad oggi gran parte della foresta è stata abbattuta per fare spazio a pascoli, piantagioni per la produzione del legno e superfici agricole, adibite soprattutto alla coltivazione di soia. Dell'espansione originaria della foresta atlantica, quasi 30 volte la Svizzera, rimane oggi poco meno del 17%».
Con una sere di azioni congiunte strutturate grazie ai finanziamenti dal WWF Italia e implementati dal WWF Paraguay, si sta lavorando alla riforestazione di un corridoio ecologico tra due aree protette (Riserva Naturale della Foresta di Mbaracayú e Riserva Morombi) per proteggere l'habitat chiave dove il giaguaro vive e alla nascita del primo Centro di Ricerca in genetica forestale nel Chaco paraguayano. Al progetto partecipa anche la ONG locale "A Todo Pulmón, Paraguay Respira" nel tentativo di supportare progetti di ripristino forestale gestiti direttamente dalle comunità locali, anche al fine di garantire loro una maggiore sicurezza alimentare.