Oggi 10 agosto si celebra la Giornata Mondiale del Leone, ma c’è poco da festeggiare. Secondo il WWF, infatti: «in Africa negli ultimi cento anni il re della savana è passato da 200.000 a meno di 20 mila esemplari perdendo così, dall’inizio del secolo scorso, il 90% della popolazione di leoni liberi»
Bracconaggio, perdita di habitat e conflitti con gli umani sono le principali minacce per i leoni selvatici. C'è poi la pratica della caccia al trofeo, ancora largamente diffusa in Africa, per cui decine e decine di leoni ogni anno vengono allevati, fatti vivere in cattività e messi poi a disposizione di coloro che si recano nel continente per il Trophy Hunting.
Difficile festeggiare la Giornata Mondiale del Leone, ad esempio, sapendo che ad esempio, il 5 agosto 2021, nel parco Hwange in Zimbabwe, è stato massacrato per la caccia al trofeo Mopane, uno straordinario esemplare adulto. «Si tratta del ventunesimo maschio brutalmente macellato in 10 anni – racconta Andrea Meggiorin, rappresentante italiano della ong CACH Campaign against canned hunting nata in Africa per monitorare il fenomeno – Hwange non è un Parco: è semplicemente un luogo dove si mantiene una popolazione di leoni destinata alla caccia al trofeo nelle riserve circostanti». Anche per Mopane sembra che la morte sia arrivata a causa di una freccia: un tiro al bersaglio da lontano, al sicuro come sono soliti fare i cacciatori che si divertono con questo tipo di costosissima caccia.
Il Trophy Hunting: quando la vacanza è per uccidere
In Africa sono ancora molti i paesi che permettono una caccia legale, cioè regolamentata dai governi degli stessi paesi interessati. Lo Zimbabwe è uno di questi. Qui il trophy hunting, per cui si arriva a sborsare anche 50 mila dollari per sparare ad un animale selvatico e portarsi a casa un pezzo del suo corpo come souvenir, è considerato lecito. La sua degenerazione è la canned hunting, la “caccia in scatola”: quando gli animali sono uccisi mentre sono chiusi in un recinto. Nessuna possibilità di fuga, nessuna pietà. Andrea Meggiorin lo aveva raccontato a Kodami ma da allora poco e niente è cambiato, e infatti Mopane è stato ucciso nella sua terra dopo essere stato braccato da un cacciatore venuto a divertirsi con un fucile in mano.
«Oggi dovrebbe essere una celebrazione dei leoni, della loro maestosità e del loro contributo all'ecosistema del pianeta – scrive il World Heritage Species, una community Facebook che raccoglie 25 mila followers e che ha l’obiettivo di chiedere all’UNESCO di ampliare il suo attuale mandato e di istituire un programma per le specie in via d’estinzione sulla falsariga dei suoi siti protetti come Patrimonio Mondiale. – Non c’è molto da festeggiare: il 5 agosto è stato ucciso Mopane; nello stesso giorno e con le stesse modalità nel 2019 era stato ucciso da un cacciatore di trofei anche Seduli. Qualsiasi individuo creda onestamente che uccidere maschi sani e produttivi (con femmine e cuccioli) si possa considerare conservazione e beneficio alla comunità locali (come spesso appare citato sui siti di vendita di pacchetti di viaggio per safari in Africa, ndr) deve trovare una migliore in difesa delle proprie azioni perché ciò che proclama è ridicolo».
Il leone al centro di un equilibrio complesso tra scienza e economia
Secondo il WWF è l’area di Soknot, tra Kenya e Tanzania, il punto cruciale per la sopravvivenza del re della Savana in territorio africano. Un’area che, con i suoi 13.400.000 ettari attualmente ospita una popolazione di circa 4.000 leoni, accogliendo ogni anno la più grande e diversificata migrazione di mammiferi del mondo e comprendendo aree di importanza fondamentale, compresi siti Unesco considerati Patrimonio dell’umanità come il Serengeti e il Kilimangiaro. «È qui che nei prossimi 25 anni si giocherà una partita determinante per la sopravvivenza del leone selvatico e del suo fondamentale supporto all’equilibrio ecologico e naturalistico del Pianeta Terra – spiega Isabella Pratesi responsabile fauna selvatica per il WWF Italia, che aggiunge – non si tratta solo di fauna: il territorio di Soknot contribuisce ogni anno con 3,2 miliardi di dollari alle economie del Kenia e della Tanzania attraverso il turismo naturalistico, fornendo circa 3 milioni di posti di lavoro e 10 milioni di dollari alle aree protette» .
A maggio dello scorso anno, l’organizzazione mondiale aveva lanciato un’iniziativa di sostegno alle pratiche per la salvaguardia di questo territorio e dei suoi abitanti, una raccolta fondi che passava attraverso l’invio di sms solidali al futuro del leone e alla sua salvezza. «Dal 9 al 23 maggio abbiamo raccolto con l’sms 115.000€ – annunciava la Pratesi – che andranno tutti (appena le compagnie telefoniche ce li metteranno a disposizione) all’area di Soknot». Obiettivi della raccolta fornire ai ranger l’equipaggiamento e le attrezzature per combattere la piaga del bracconaggio, donare agli allevatori lampade solari che allontanano i leoni dalle loro mandrie, evitando così che vengano uccisi per vendetta e finanziare la ricerca sul campo per censire i nuclei superstiti di leoni.
La foto di copertina è di @DianaRudenko per WWF