Sono con noi da almeno 30 mila anni. Una data precisa non c'è, ma cani e umani si sono legati dalla notte dei tempi e capirne le ragioni è una sfida della scienza che ancora non è stata "vinta". Senza andare così tanto indietro, bastano 2024 anni, ovvero da quando in Occidente calcoliamo lo scorrere dei secoli dalla nascita di Cristo, a dirci che già all'epoca eravamo insieme e quell'animale su quattro zampe – in fondo come tanti altri che così camminano sulla Terra – si era avvicinato a noi e condivideva con noi un percorso che viene ora definito di co evoluzione, perché ha cambiato il nostro modo di vivere e anche il suo.
Nella giornata mondiale del cane, una di quelle tante festività che ogni anno si celebrano e le cui origini sono statunitensi, il senso dovrebbe essere quello di rendere omaggio al "miglior amico dell'uomo" e ci siamo chiesti come farlo, ancora una volta, su Kodami. Per noi che ogni giorno mettiamo in evidenza l'importanza di questa relazione nel segno del rispetto è un obbligo non perdere nessuna occasione per mettere in evidenza questo rapporto millenario e provare a fare un ragionamento che va al di là dei "come" e dei "perché" a cui proviamo sempre a rispondere rispetto ai dubbi di chi già vive con un cane o sta pensando di adottarne uno.
Lì fuori, infatti, ovvero al di là dei confini dei nostri appartamenti in cui milioni di cani vivono in tutto il mondo, ce ne sono ancora di più che non hanno un umano di riferimento e stanno bene: nel senso che – come tutti gli animali – i cani fanno parte di un mondo naturale in cui affrontano la vita che gli si prospetta ogni giorno.
Questa frase, vi chiedo, genera in voi un'immediata "sensazione di pietà" o riesce invece a far comprendere che il cane è un animale appunto – in fondo come tanti altri che camminano sulla Terra – capace di stare al mondo anche senza dover necessariamente dipendere da noi? O, forse, è più corretto dire che è un animale che decide se, come e quando sfruttare la sua nicchia ecologica favorita, ovvero quella umana.
Lo scrivo senza voler provocare altro che una generale riflessione sull'animalità non solo del cane ma anche nostra, concetto che nel tempo è stato messo in contrapposizione con la "ragionevolezza" o l'essere dotati di una "coscienza" che gli altri animali non hanno, così da porci sul gradino più alto della scala evolutiva.
La relazione con il cane in tanti ha indotto infatti l'umanizzazione di quest'ultimo, invece di apprezzare quanto i cani ci insegnano nel voler condividere con noi il loro modo di guardare il mondo e di vivere la vita sapendo mettersi in gioco con un essere di un'altra specie ma non perdendo le proprie caratteristiche. Sebbene siano tantissimi – purtroppo – i cani che hanno dovuto cedere e soffocare il loro istinto per causa nostra.
Del resto, viviamo in un "tempo moderno" in cui la sensibilità rispetto agli altri animali è sicuramente accresciuta ma se andiamo a leggere la definizione di "animalità" nel vocabolario Treccani ancora troviamo un'accezione negativa, nell'anno (appunto) 2024 d.C.:
Essenza costitutiva dell’animale, complesso delle qualità proprie della vita animale (per lo più in contrapp. alle qualità spirituali proprie dell’uomo): dobbiamo reagire agl’istinti della nostra a.; in lui l’a. prevale sulla spiritualità; quella tenace a. interiore che forma il fondo dell’essere feminino (D’Annunzio).
E soffermiamoci un attimo pure su un aspetto di non poco conto, per comprendere chi siamo e a che punto ancora siamo non solo nella relazione con il cane ma anche tra noi esseri umani, tanto che si riporta ancora una frase tratta da un romanzo del 1894, "Il trionfo della morte", in cui il "vate" attribuisce l'animalità alla sola donna in maniera contestualmente riportata come esempio dispregiativo dal punto di vista culturale e quindi sminuente rispetto all'uomo.
Ecco, riportando dunque un pensiero di D'Annunzio ancora oggi presente in un vocabolario che si presume sia ancora un punto di riferimento per gli adulti di domani, in cui si lancia chiaramente un messaggio scorretto ovvero come se la condizione femminile sia ancora quella descritta in un importantissimo dizionario della lingua italiana, il ragionamento sul valore invece positivo di ritrovare la nostra animalità nel rapporto con il cane diventa ancora più importante da trasmettere.
Viene quasi da dire, con intenzione ora sì del tutto provocatoria, che sia un bene che le nuove generazioni abbiano trovato nei social media una modalità nuova di apprendere informazioni se la società degli adulti ancora non è capace di mediare il messaggio, attraverso però una informazione corretta che sta sì in mano ai cosiddetti media (tv, giornali, etc.) ma principalmente a chi insegna nelle aule, dalle elementari fino all'Università, e non si impone perché tali definizioni scompaiano e si faccia spazio a riflessioni che rispecchiano la società moderna.
Chiusa questa parentesi non di poco conto, a maggior ragione nella giornata mondiale del cane il nostro invito è a lasciarvi andare nell'esplorare la vostra animalità, la cui definizione preferiamo prenderla dalle parole di Roberto Marchesini, etologo e filosofo fondatore dell'approccio cognitivo zoo antropologico. Tra le diverse riflessioni e libri dedicati a questo tema, il professore ha dedicato gran parte dei sui studi a questo importante aspetto che fa parte della nostra umanità e tra i suoi pensieri c'è un passaggio contenuto in un saggio, intitolato "Essere animali significa desiderare", che è utile per fare un primo passo importantissimo, ovvero dare all'animale altro prima di tutto una sua individualità e smetterla di considerarlo un oggetto, una macchina fatta di solo istinto e priva di ragione:
Spogliare l’animale del carattere di soggettività vuol dire metterlo alla mercé del caso e della necessità, sottrargli persino il barlume di una presenza che non sia il mero esercizio funzionale.
Marchesini sottolinea poi nello stesso scritto, in cui fa un approfondito excursus in cui spiega e analizza le teorie di filosofi, etologi e antropologi sul concetto di animalità (cita da Kant a Darwin per fare solo due esempi), su che cosa essa invece rappresenta e quanto fa parte dell'essere umano: «E' una costellazione che ci comprende».
La domanda finale, almeno su queste pagine mentre si rimanda a libri e saggi specifici sul tema qualora ne siate affascinati quanto noi, rimane una: "Come ritrovo la mia animalità?". Ci piace l'idea di dare una risposta semplice che sta nell'osservare il cane che ti è accanto e iniziare a seguirlo e a non condurlo, a farti portare nel mondo e scoprire che sarà ben lieto di farti da guida.
Al di là, infatti, dei tanti studi scientifici che oggi in particolare vengono citati per spiegare "quanto un cane migliori la nostra vita", andando soprattutto a puntare non su un aspetto intimo ma proprio legato al benessere umano che migliora in compagnia di un animale domestico, noi vogliamo spingere le persone a onorare lo scambio e non l'utilizzo.
Non stare con un cane solo perché ti dicono che puoi vivere più a lungo e più in salute, insomma, ma fallo per riconoscere la bellezza dell'altro da te e per riscoprire in te ciò che c'è di più importante nella relazione con un amico canino: un rapporto onesto e sincero da cui prendere ma, sicuramente, in cui darsi.
E se proprio dobbiamo continuare a essere così antropocentrici, come del resto è nella stessa nostra natura, è arrivato il momento di offrire alla nostra animalità il giusto spazio e, ancora una volta, un cane saprà come tirarcela fuori.