Per cacciare e riprodursi hanno bisogno del ghiaccio marino. Ma i ghiacciai dell’Artico si stanno sciogliendo ad una velocità impensabile ancora solo fino a qualche anno fa: ogni dieci anni si perde il 13% della loro estensione. Per questo l’orso polare, il loro abitante più iconico e fragile, è così terribilmente a rischio.
Ed è proprio per questo che il 27 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata Internazionale dell’Orso Polare: per ricordare a tutti che se non si inverte la rotta, il suo habitat scomparirà e con lui anche il più grande carnivoro terrestre che del cambiamento climatico e della sua ricaduta sulla vita del Pianeta è diventato quasi l’emblema.
Habitat a rischio ma la colpa è solo dell’uomo
«Se la fusione delle calotte polari e la scomparsa di habitat idonei proseguiranno con il trend degli ultimi decenni, alcuni studi ipotizzano che in soli 35 anni rischiamo di perdere fino al 30% della popolazione di questa specie – spiega il WWF – Le più recenti stime contano tra i 22.000 e i 31.000 individui in natura. E già ora alcuni dati sono drammatici: la popolazione di orso polare della baia di Hudson (Canada) ha già subito una riduzione del 30% fra il 1987 e il 2017».
Il problema è l’uomo e le sue attività altamente impattanti sulla biodiversità e sulla conservazione dell’ambiente. «Con l’espansione dell'industria petrolifera e del gas aumentano i potenziali rischi di distruzione dell'habitat derivanti dalle estrazioni – ricorda ancora il WWF che sottolinea come negli ultimi 40 anni si siano persi circa 2 milioni di km2 di ghiaccio marino. – Incidenti e fuoriuscite di petrolio, inoltre, possono avvelenare direttamente l’habitat e la catena alimentare al cui vertice si trova l’orso. Le sostanze tossiche, come i pesticidi, possono influenzare negativamente anche alcuni aspetti della fisiologia di base della specie e addirittura avere effetti negativi sulla sua riproduzione».
Cosa fare per invertire la rotta? «Il primo passo è diminuire i consumi di gas e fare pressione su governi e aziende per puntare sempre più su energie da fonti rinnovabili, e azzerare le emissioni di CO2 provocate dall’uso di combustibili fossili».
Ovviamente i progetti per la salvaguardia di questo carnivoro che può arrivare a pesare 800 chili e lungo 3 metri, puntano a proteggere i territori che costituiscono il suo habitat. «Il progetto “Last Ice Area” si riferisce a una delle zone meglio conservate dell’Artico a cavallo tra Canada e Groenlandia, e ha l’obiettivo di tutelare l’area per il benessere e la sopravvivenza degli orsi polari e delle altre specie artiche, costituendo un rifugio sicuro – spiegano dall’associazione internazionale di tutela – In Groenlandia il WWF è impegnato anche per rendere i villaggi abitati meno attraenti per gli orsi, che vengono qui attirati soprattutto dal cibo, lavorando su ricerca e sviluppo di tecniche di prevenzione e di dissuasione».
In piccolo, rispetto ai numeri e alla vastità del territorio, è ciò che sta accadendo anche da noi: la mancanza di cibo rende gli orsi più intraprendenti nell’avvicinarsi ai villaggi e ai rifiuti che i villaggi producono, entrando in conflitto con le popolazioni locali che iniziano a vivere la loro presenza come quella di un pericolo da cui liberarsi. «Dal 2015 il WWF ha creato delle pattuglie per sorvegliare e tutelare la sicurezza degli abitanti di Ittoqqortoormiit, il paese più a nord della Groenlandia orientale, dall’intrusione dell’orso polare. In soli 7 anni la pattuglia è stata in grado di intervenire e allontanare più di 75 orsi».
Il futuro degli orsi passa dalla protezione delle tane dove i cuccioli vanno in letargo
Ma c’è un altro elemento che mette a rischio la sopravvivenza degli orsi polari: meno ghiaccio hanno a disposizione più diminuiscono le opportunità di accoppiamento. Non potendosi spostare da una zona all’altra perché le aree marine non ghiacciano più per l’aumento delle temperature, gli orsi polari hanno meno capacità di spostamento e di conseguenza aumentano gli accoppiamenti tra consanguinei: una mancanza di diversità genetica che alla lunga andrà ad impattare sulla probabilità di sopravvivenza della specie.
Per questo la Polar Bear International ha sviluppato un monitoraggio unico al mondo delle tane dove le femmine di orso si riparano con i loro cuccioli per affrontare il letargo invernale. In questo momento, gli scienziati di Polar Bears International e le organizzazioni partner si trovano alle Svalbard, in Norvegia, per condurre ricerche e lavorare sulle tecnologie di monitoraggio e rilevamento delle tane.
«In questa diciottesima edizione della Giornata Internazionale dell’Orso Polare – spiega l’organizzazione che ha istituito la ricorrenza diciotto anni fa – l'obiettivo è proteggere mamme e cuccioli, dando loro le migliori possibilità di sopravvivenza possibili, poiché la tana è il momento più vulnerabile nella vita di un orso polare». Una lotta focale perché in media, meno della metà di tutti i cuccioli raggiunge l'età adulta, con tassi di sopravvivenza ancora più bassi nelle popolazioni più vulnerabili. «In un Artico in fase di riscaldamento, dove gli orsi polari affrontano già enormi sfide, la sopravvivenza di ogni cucciolo è di fondamentale importanza».
I ricercatori di Polar Bears International, del Norwegian Polar Institute e della San Diego Zoo Wildlife Alliance stanno utilizzando telecamere remote alimentate a energia solare per studiare in modo non invasivo aspetti chiave del comportamento di tana degli orsi polari. Attualmente le tane rilevate sono il 45% della stima totale, quindi circa il 55% deve essere ancora individuato. «Gli scienziati di Polar Bears International, Brigham Young University, Simon Fraser University e NORCE stanno ricercando nuovi metodi di rilevamento delle tane che potrebbero migliorare notevolmente la capacità di individuarle sotto la neve, aiutando a identificare e proteggere le aree di tana per garantire la sicurezza di mamme e cuccioli».
Un lavoro considerato fondamentale dal momento che sempre più industrie e attività umane si spostano nell'Artico, minacciando l'habitat delle tane e mettendo in pericolo mamme e cuccioli. «La tana – spiega la no profit Polar Bear International dedita alla conservazione di questa specie iconica – è il momento più vulnerabile nella vita di un orso polare. In media, meno della metà di tutti i cuccioli raggiunge l'età adulta, con tassi di sopravvivenza ancora più bassi nelle popolazioni più vulnerabili».
Le tane sono il luogo delle nascite, dei primi mesi dell’esistenza dei cuccioli ancora troppo piccoli per affrontare il freddo polare. «Alla nascita sono ciechi, pesano poco più di un chilo e hanno solo un leggero strato di pelo per proteggerli dal freddo – spiega l’organizzazione che nella Baia di Hudson da diversi decenni segue i movimenti degli orsi polari che dota di un collare GPS grazie al progetto Polar Bear Tracker. – Le famiglie rimangono nella tana fino alla primavera, quando i cuccioli sono finalmente abbastanza grandi da sopravvivere ai rigori delle condizioni artiche esterne. Mantenere mamme e cuccioli al sicuro, affrontando anche il riscaldamento climatico, è una parte fondamentale della conservazione dell'orso polare».
Le immagini straordinarie del video ci mostrano le tane che, come un ventre materno, li proteggono nel momento di maggior fragilità, in un ambiente ovattato e al riparo che sembra avvolgerli e cullarli.. Ed è proprio grazie al monitoraggio tramite GPS e alla mappatura delle tane, che Bear Polar International sta studiano i movimenti degli orsi in risposta alla perdita di ghiaccio marino causata dai cambiamenti climatici. Le risposte sugli adattamenti alla trasformazioni dell’habitat, le grandi distanze percorse, i comportamenti adottati da questi animali polari, si sono trasformati così in uno sguardo raro sulla vita degli orsi polari e sulle loro fragilità.