Oggi, 30 agosto 203, è la Giornata Internazionale dello squalo balena. Questa ricorrenza è stata istituita nel 2012 per ricordare che corriamo il pericolo di perdere questo animale straordinario. Infatti, secondo i dati raccolti dalla IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura), la popolazione globale di squali balena sembra essere diminuita di più del 50% soltanto negli ultimi 75 anni, facendo finire questi pacifici giganti nella lista rossa delle specie in pericolo di estinzione.
Lo squalo balena (Rhincodon typus) è il pesce più grande del mondo e il suo nome è dovuto proprio alle sue colossali dimensioni, che possono raggiungere i 20 metri di lunghezza e le 11 tonnellate di peso. In Madagascar, invece, questa specie viene chiamata “marokintana”, ovvero "molte stelle", per via del singolare pattern delle macchie sulla sua pelle che ricordano un cielo stellato. Sono infatti particolarmente suggestive le immagini di uno squalo balena che sembra volare (o meglio nuotare) in un mare di stelle, fatto, in realtà, da microrganismi bioluminescenti.
Questo squalo è un vero e proprio gigante buono, non è aggressivo, né pericoloso per l’uomo, e lo si può trovare nelle acque oceaniche temperate e tropicali, a nuotare placidamente con la bocca aperta per catturare il plancton di cui si nutre.
Questi enormi animali si sono adattati a filtrare il plancton proprio perché nessun’altra fonte proteica sarebbe stata grande abbastanza per il loro sostentamento. Come fanno, però, organismi così piccoli, se non microscopici, a sfamare un animale così grande? Lo zooplancton è la parte animale del plancton, è composto principalmente da crostacei ed è di fatto la più grande fonte di proteine presente negli oceani. I copepodi, ad esempio, sono i crostacei più numerosi a livello di individui e, insieme al più noto krill, grazie ai loro rapidissimi cicli riproduttivi riescono ad essere un numero tale da sostenere il fabbisogno di tutta la rete alimentare marina, compresi grossi animali come balene, mante, uccelli acquatici e ovviamente gli squali balena.
Questo squalo non ha predatori naturali ma il numero degli esemplari è in calo a causa dell’essere umano, che lo ha cacciato a lungo per scopi alimentari. Ancora oggi, in diverse culture, lo squalo balena è oggetto di pesca industriale per l’estrazione di olio di fegato o per l’utilizzo nella medicina tradizionale cinese.
Esistono però altri tipi di minacce antropiche per questi animali: spesso capita che restino intrappolati nelle reti da pesca, anche quando non sono l’obiettivo dei pescatori, e non sempre riescono ad essere salvati. Gli incontri con questi pesci, poi, attirano ogni anno migliaia di turisti, i quali non sempre rispettano le norme e le distanze corrette per non disturbare questi giganti, senza contare che non tutte le organizzazioni prestano attenzione all’aspetto etico e spesso gli operatori sversano in mare enormi quantità di cibo per far avvicinare gli squali, noncuranti degli effetti negativi sulle loro attività. Una parentesi a parte, invece, è quella degli esemplari catturati e tenuti in cattività negli acquari, nonostante le loro grandi dimensioni non li rendano assolutamente ospiti adatti ad una vasca.
Il risultato della combinazione tra la pesca intensiva, le catture accidentali e l’inquinamento marino, unito alla lentezza dei cicli riproduttivi di questo animale, fa sì che, senza un adeguato intervento per cambiare la situazione attuale, lo squalo balena rischi di scomparire per sempre.