Una serie di scatti e di brevi video apparentemente innocui. Un cucciolo di leone "coccolato" e abbracciato nel più spontaneo dei gesti guidati dall'empatia verso gli altri animali. E la "trappola" per gli ignari turisti che ancora una volta ha funzionato alla perfezione.
La vittima inconsapevole dell'esistenza falsi santuari africani è stata questa volta l'altista italiano e campione olimpico e del mondo Gianmarco Tamberi che ha poi dichiarato di aver agito completamente ignaro di tutto e in assoluta buona fede dopo aver pubblicato gli scatti e le riprese sul proprio profilo Instagram, riaccendendo i riflettori su un fenomeno triste ma ancora poco conosciuto.
Tamberi si trova in Sudafrica, dove come tanti turisti ha fatto visita a quello che sembrava a tutti gli effetti un centro di recupero per la fauna selvatica. Tuttavia in Africa e non solo molte strutture mascherate da santuari o centri per il recupero e il ripopolamento della fauna fanno proprio leva sulle buone intenzioni dei turisti e dei volontari per sfruttare gli animali. Sono i cosiddetti falsi santuari, veri e proprio allevamenti sotto copertura che si propongono come luoghi di salvaguardia animale per attirare i tanti che amano gli animali e vorrebbero conoscerli e aiutarli da vicino.
Ed è proprio sull'empatia e sulla naturale biofilia delle persone che queste strutture hanno fondato il proprio business sulla pelle e la vita degli animali selvatici. I turisti, infatti, credendo di contribuire alla tutela di questi animali si ritroveranno invece in veri e propri allevamenti-zoo dove pagano profumatamente per poter accarezzare o dare il biberon a cuccioli di leoni e di tigri che, tuttavia, non torneranno mai in natura e passeranno la loro intera esistenza in cattività per essere sfruttati come peluche e poi, una volta adulti, come animali da riproduzione.
Riconoscere un vero santuario o un centro di recupero non è però semplice per chi non ha familiarità con questo mondo. Bisogna infatti documentarsi molto e tenere gli occhi aperti per cogliere quei pochi ma inequivocabili indizi. Un vero centro di recupero o un santuario non alleverà infatti mai animali selvatici nella propria struttura, che è destinata solo ed esclusivamente a individui recuperati o salvati da condizioni difficili o che non possono più tornare in natura. Talvolta, però, la presenza di numerosi cuccioli da sola non basta come campanello d'allarme, poiché vengono spesso presentati come individui orfani o abbandonati.
L'elemento che più di ogni altro dovrebbe quindi farci insospettire è soprattutto uno: l'interazione diretta con i cuccioli. Qualunque organizzazione che permetta di interagire, scattare selfie, accarezzare, alimentare e giocare con i cuccioli non ha a cuore il benessere e la tutela di questi animali. Il contatto diretto con l'essere umano farà infatti perdere a questi animali la naturale diffidenza verso la nostra specie, rendendo quindi impossibile un eventuale ritorno alla vita selvatica. Qualsiasi centro o struttura che consente e alimenta tutto questo non ha come priorità la tutela e il rispetto degli animali.
Fortunatamente, in questo caso, sono stati molti gli utenti a far notare a Tamberi questo oscuro fenomeno. Tra questi, in particolare, soprattutto il commento di Chiara Grasso, esperta in comportamento animale che del turismo e dell'interazione etica con i selvatici ne ha fatto una missione di vita. E lo stesso campione italiano ha poi ammesso con grande onestà di essere stato vittima inconsapevole di questa trappola, permettendo così anche a molti altri follower di venire a conoscenza di questo triste fenomeno.
I social, purtroppo, spesso alimentano questa tipologia business, incentivando indirettamente anche il mercato nero che minaccia le specie: è già stato dimostrato da diversi studi ed è un rischio che aumenta giorno dopo giorno in tutto il mondo, anche a causa di film o serie TV. Ne abbiamo parlato tantissime volte tra le pagine di Kodami, la spettacolarizzazione dei selvatici fa infatti credere che sia è possibile interagire o tenere addirittura in casa una tigre, un leone, un orso o una iena, e tutto ciò non fa che alimentare ulteriormente catture, allevamenti e mercati illegali, che possono minacciare la conservazione stessa della specie.
Prima di scegliere il luogo da visitare o a cui offrire le proprie energie e il proprio denaro pensando aiutare o di fare del bene agli animali è bene quindi informarsi e rivolgersi a strutture che mettono la tutela e il benessere degli animali al primo posto: niente interazioni dirette con loro, rispetto della loro etologia e disponibilità a un contatto limitato se non completamente assente con gli animali sono le prime caratteristiche che permettono di individuare i veri santuari etici da quelli falsi. L'esperienza e la sensibilità del campione Tamberi, per fortuna, questa volta potranno però proprio grazie ai social contribuire a sensibilizzare e a informare tante altre persone affinché non cadano vittime dei falsi santuari.