L’ultimo ingresso è stato un ghiro, trovato con una zampa gravemente ferita e ormai in fin di vita, purtroppo deceduto poche ore dopo l’ingresso al Cras che l’Enpa gestisce a Campomorone. Non è però l’unico animale che in questi giorni di gennaio dovrebbe essere al sicuro nella sua tana, immerso nel letargo come natura vorrebbe, e che è invece a spasso per i boschi, disorientato dai bruschi cambi di temperature e bioritmo e non abbastanza forte da affrontare i primi, veri giorni di freddo.
Oltre al ghiro, infatti, al Cras di Campomorone sono arrivati ricci e pipistrelli, piccoli abitanti dei boschi fondamentali per gli ecosistemi e per il mantenimento della biodiversità messi a dura prova da un autunno prima e dai un inverno poi caratterizzati da temperature ben superiori alla media.
«Il macrotema fondamentale è chiaramente quello delle mutazioni climatiche, che provocano sconvolgimenti in animali che hanno maturato sistemi di vita nel corso dell’evoluzione, che si tratti del letargo o della migrazione – spiega Massimo Pigoni, presidente del Cras Enpa, a Kodami – Gli animali non sono ovviamente in grado di modificarli a livello sistemico, le modifiche avvengono in cose minori. Ci sono per esempio migratori diventati stanziali. Abbiamo un aquila minore che sta finendo le cure, e stiamo ragionando di non aspettare la primavera, come avremmo fatto, per liberarla, ma di reimmetterla in natura in inverno. Ci hanno segnalato più di un caso di aquile minori che sono diventate stanziali e non si muovono dal territorio.
L’aquila in questione era stata salvata a novembre, dopo essere stata ritrovata nella zona di Campo Ligure con alcuni pallini da caccia nell’ala. Presa di mira da un bracconiere, dunque, altra minaccia letale per la fauna selvatica, già duramente messa alla prova dai citati ed evidenti cambiamenti climatici. In questo caso sarà possibile accorciare la sua permanenza in cattività lasciandola libera nonostante che sia un periodo in cui questi rapaci dovrebbero già trovarsi in Africa per lo svernamento. In altri casi invece non si può fare altro che intervenire artificialmente, recuperando animali in difficoltà e assistendoli sino a quando non tornano abbastanza in forze da tornare in natura, sperando di non avere influito troppo sulle loro abitudini e sulle loro capacità di sopravvivervi
«L’ibernazione, la semi ibernazione e il letargo non vengono modificati – conferma Pigoni – animali come i ghiri o i ricci quando sentono il caldo si attivano, e non è detto che trovino le risorse che gli servono per sopravvivere. Hanno però attivato energie che vanno a minare riserve che in letargo sarebbero durate molto di più, e che vengono invece consumate. Quando poi a giornate di caldo succedono giorni di freddo intenso, questi animali vengono completamente travolti. È uno dei tanti problemi che abbiamo, cose che agendo ora richiederebbero comunque decine di anni per tornare alla normalità».
Un allarme che non arriva soltanto da Genova, ma da molti altri Cras e centri di recupero per animali selvatici attivi sul territorio: a inizio gennaio era stato il Pettirosso, struttura che opera provincia di Modena, a lanciare l’allarme sui danni che il caldo estremo provoca sulla fauna, bloccandoli dall’andare in letargo.