I cieli invernali delle nostre città offrono solitamente degli spettacoli mozzafiato. Con l'arrivo del freddo infatti tra ottobre e febbraio milioni di storni arrivano nel nostro paese dove si uniscono alle popolazioni stanziali, alla ricerca di temperature più miti e regalandoci le loro spettacolari danze capaci di rendere ancora più bella persino la Città Eterna.
Gli storni che brulicano sopra gli edifici storici di Roma con le loro coreografie sincronizzate (chiamate in inglese murmuration) sono infatti uno degli elementi iconici della capitale.
Ma c'è un'altra faccia della medaglia da tenere in considerazione: affrontare i loro escrementi è un problema perenne per gli abitanti della Capitale. Ogni individuo può produrre fino a 40 grammi di feci al giorno e milioni di uccelli significano quindi tonnellate di deiezioni su monumenti, marciapiedi e macchine che le piogge stagionali trasformano in una fanghiglia scivolosa e maleodorante.
Le feci di storno accumulate soprattutto sotto gli alberi utilizzati dagli animali come dormitori notturni possono favorire la diffusione di malattie protozoarie, virali, parassitarie, batteriche o micetiche come l'istoplasmosi, causata dal fungo Histoplasma capsulatum. Oltre al decoro pubblico ed ai risvolti sanitari, poi, pensate anche ai disagi che possono creare al traffico aereo vicino gli aeroporti, con rischi di collisioni (i cosidetti birdstrike) ed interferenze.
Per cercare di limitare il problema, da alcuni anni il Comune di Roma ha cercato di adottare strategie per frammentare gli stormi più grandi, spezzettandoli in gruppi più piccoli meglio gestibili (in linea con l'antico "Dividi et impera"), ed allontanarli da alcune aree nevralgiche del centro. Il metodo usuale è quello di trasmettere le registrazioni dei suoni di avvertimento della specie utilizzati per segnalare della presenza di un rapace, accompagnati da segnalazioni luminose. Anche veri falchi sono stati schierati su base sperimentale ma con scarso successo. Armati di altoparlanti e proiettori di luce, gli operatori vestiti con tute bianche e maschere possono essere visti passeggiare al tramonto lungo gli argini alberati del fiume Tevere dove gli storni tendono a radunarsi.
Non una sistematica eliminazione degli stormi quindi, ma una corretta gestione di un fenomeno naturale. Secondo alcune dichiarazioni del Comune, la reazione degli animali sarebbe immediata: «Gli storni abbandonano l'area e si allontanano il più possibile, considerandola pericolosa. Questo metodo rispetta ambiente ed uccelli, senza creare fastidio ai residenti». Gli attacchi sonori e luminosi durano circa un'ora e vengono effettuati sempre al tramonto per tre giorni consecutivi per garantire l'effetto desiderato.
Il motivo delle spettacolari coreografie nel cielo
Ma perché gli storni danzano? Anche Giorgio Parisi, premio nobel per la fisica 2021, all'inizio della sua carriera ha indagato sui meccanismi alla base della coordinazione tra gli individui nel contesto più ampio dell'analisi dei sistemi complessi, tanto da affermare di averne ricevuto un contributo importante per la vittoria del Nobel.
Talvolta gli stormi di questi uccelli vengono attaccati dai rapaci – Il loro nemico numero uno è il falco pellegrino – dai quali si difendono con straordinarie evoluzioni di gruppo che disorientano il predatore e che curiosamente ricordano le strategie difensive dei banchi di pesci. La protezione risulta duplice: innanzitutto in tanti è difficile essere la vittima, ed inoltre coordinandosi nelle spettacolari coreografie i falchi vengono confusi e non riescono a focalizzarsi nel catturare le prede.
Prima di alcuni studi recenti si supponeva che in uno stormo fosse un solo individuo ad incaricarsi di dirigere il gruppo negli spostamenti, ma tale idea sembra ora inesatta. Lo afferma una ricerca effettuata nel 2015 con filmati e immagini ad alta risoluzione per osservare sequenze riavvicinate dei singoli spostamenti. I risultati mostrano che un ristretto numero di uccelli vicini tra loro cambia direzione per primo e che il resto degli individui imita il movimento del compagno vicino. In questo modo la propagazione dell’informazione risponde alle esigenze, ovvero, è veloce ed efficace. La velocità di propagazione dell'informazione è stimata intorno ai 20 metri al secondo ma sembra che dipendi anche anche dalla grandezza dello stormo.Inoltre lo studio esclude che la dispersione dell’informazione avvenga attraverso segnali sonori.
È interessante notare poi come questo straordinario comportamento sia stato evoluto in maniera simile anche in altre specie gregarie, dalle sardine oceaniche alle immense mandrie di erbivori delle pianure africane.
Si sa, la convivenza tra specie diverse, come tra individui diversi, non è sempre facile ed esente da problemi. Per poter vivere insieme occorre "sopportare" anche alcuni aspetti dell'altro e raggiungere dei compromessi, in questo caso gestionali, guadagnandone però evidenti vantaggi: d'altronde potremmo più rinunciare a queste magnifiche danze nei cieli di Roma?
Lo storno europeo
Lo storno comune o europeo (Sturnus vulgaris) è un uccello passeriforme di taglia medio-piccola (20 centimetri per circa 80 grammi di peso) appartenente alla famiglia degli sturnidi, dal piumaggio nero con riflessi verde-violacei tempestato di puntini bianchi. È un uccello dalle abitudini spiccatamente gregarie che si riunisce in stormi che possono contare diverse centinaia di individui. Dopo aver trascorso l'intera giornata nei campi o nei parchi alla ricerca di cibo (Si nutre di insetti, frutta, semi e talvolta di piccoli vertebrati), la sera i gruppi di storni si dirigono verso i "dormitori", costituiti da canneti o gruppi di alberi, dove si contendono chiassosamente le postazioni migliori. Il principale elemento che motiva la scelta del sito ove trascorrere la notte è di tipo microclimatico: temperatura più mite rispetto ai dintorni e protezione dal vento.
È originario di un territorio comprendente Europa e parte dell'Asia ma introdotto in tutti i continenti tranne che in America Meridionale e in Antartide. In tutte queste zone la specie è aumentata fino a diventare notevolmente problematica, ed infatti è stata inserita tra le 100 specie invasive più dannose al mondo. Oggi è diffusa in quasi il 30% delle terre emerse, con una popolazione stimata in circa 600 milioni di individui.
In Italia la situazione è piuttosto complessa. Gli storni sono molto diffusi al nord ma la loro distribuzione, sebbene in espansione negli ultimi 40 anni, si frammenta scendendo lungo la penisola. In passato la specie non era così comune come oggi: i primi storni svernanti comparirono a Roma solo nel 1926, iniziando a nidificarvi solo negli anni 70. In alcune città del centro come Pisa e Firenze, secondo gli esperti nel giro degli ultimi 10 anni la popolazione è più che raddoppiata giungendo a saturare l'intera area urbana.
Gli storni sono organismi fortemente sinantropici, che trovano nell'ambiente urbano delle ottime condizioni di vita: una maggiore sicurezza dovuta alla ridotta presenza di predatori, microclimi favorevoli (vicino Ferrara è stata avvistata una popolazione che adora passare l'inverno sui tubi riscaldati di un complesso industriale), abbondanza di cibo e ottimi luoghi di riposo. A Roma si è osservato che vengono occupati per primi gli alberi situati lungo le strade più trafficate e illuminate (imbrattandone poi i marciapiedi!).