«Dopo 150 anni, la prima pubblicazione scientifica della Stazione Zoologica Anton Dohrn dedicata agli uccelli marini!» Così commentano gli operatori del centro di ricerca di Napoli in un post di Facebook il loro incredibile traguardo raggiunto studiando un fenomeno zoologico unico nel suo genere: dopo circa 100 anni le gazze marine sono tornate nel Golfo di Napoli. In una pubblicazione recente i ricercatori spiegano come il motivo della loro massiccia presenza in nuove aree in Italia sia imputabile a una forte perturbazione atmosferica e alla ricerca di nuove aree di alimentazione.
«Sono molto felice per questo risultato – spiega a Kodami il primo autore dello studio Rosario Balestrieri – L'Anton Dohrn esiste da 151 anni e ha prodotto una mole di lavori davvero importante per la comunità scientifica internazionale. Sapere che grazie ai nostri sforzi siamo riusciti a contribuire a questo complesso di studi mi riempie di gioia, soprattutto perché è un primo passo in una direzione nova che l'ente non aveva ancora esplorato. Spero che questa prima goccia d'acqua generi un'onda che porti avanti tanti lavori scientifici simili che facciano comprendere l'importanza e il ruolo degli uccelli marini nel sistema mare».
Gli sforzi ai quali fa riferimento il ricercatore della Stazione Zoologica riguardano il lavoro compiuto negli ultimi mesi per documentare un fenomeno al quale non si assisteva da circa un secolo. Su Kodami abbiamo già parlato dell'"invasione" di gazze marine nei mari italiani e lo stesso Rosario Balestrieri ci aveva spiegato come i numerosi avvistamenti dell'uccello marino dall'aspetto simile a quello di un pinguino, avessero destando enorme curiosità sia tra gli esperti che tra i comuni cittadini.
«Viene chiamato pinguino perché gli somiglia molto in effetti – spiega il ricercatore – Sicuramente la colpa è della colorazione con questa dualità bianco e nero. Le ali, poi, sono piccole e quando raramente viene visto a terra fuori dalla zona di nidificazione, nell'Atlantico settentrionale e nel Mare del Nord, ha una postura abbastanza verticale che lo ricorda in tutto e per tutto. Inoltre, il termine pinguino deriva dall'alca impenne, un parente stretto della gazza marina e per questo non è poi così sbagliato usare il termine per definire l'animale».
Per comprendere i motivi dietro l'inaspettata invasione di questo curioso "pinguino", quindi, Balestrieri e altri ricercatori della Stazione Zoologica di Napoli Anton Dohrn ha lanciato un vasto monitoraggio della gazza marina nei mari italiani attraverso la citizen science e prendendo in considerazione i numerosi avvistamenti pubblicati sui social network. Ora i ricercatori hanno completato lo studio e i dati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Animals.
«Innanzitutto bisogna chiarire cosa significa invasione – premette il ricercatore prima di illustrare al nostro magazine lo studio – Nei movimenti migratori degli uccelli ci sono diverse sotto-definizioni. Ad esempio esistono i migratori paleartici, ovvero coloro che non vanno più a sud del Deserto del Sahara nei loro spostamenti, quelli trans-sahariani, cioè quelli che si spostano più in basso del famoso deserto e così via. Tra questi ci sono i così detti movimenti di "invasione". In questo senso scientifico quella alla quale abbiamo assistito è in pieno una vera e propria invasione, ovvero uno spostamento anomalo in un territorio in cui solitamente la specie non è presente. In fatti generalmente questi animali possono essere trovati regolarmente nel Mar Ligure, ma non nelle nuove zone in cui è stata riscontrata».
Dunque, ciò che fino ad oggi abbiamo assistito è stata un'anomala presenza massiccia di animali in ecosistemi marini quasi del tutto nuovi per loro e il motivo lo spiega chiaramente lo studioso: «Come abbiamo riferito nell'articolo appena pubblicato, c'è stata una perturbazione meteo importante, un fenomeno atmosferico estremo riconducibile all'emergenza climatica in corso che fa avvenire fenomeni del genere più spesso del normale. Questa grossa perturbazione si è abbattuta sulla costa atlantica del Portogallo alcuni mesi fa e dopo di essa abbiamo assistito alle prime osservazioni. Questo può avere indotto un ingresso più massiccio degli individui nel Mediterraneo. Un altro motivo potrebbe essere la ricerca di altre aree di alimentazione per il loro svernamento, forse sempre causato dalla variazione della temperatura dei mari indotta dal cambiamento climatico che influisce sulla presenza delle loro prede nei mari».
A rendere ancor più particolare lo studio è la modalità di raccolta dati, unica nel suo genere. «I social sono stati fondamentali in questa ricerca – continua Balestrieri – Senza di loro ci saremmo dovuti accontentare delle segnalazioni di ornitologi e birdwatchers che, nonostante siano preziosissime, sono poche e mal distribuite in tutta Italia. Dato l'aspetto curioso dell'animale sono stati in molti a scattare foto e pubblicarle sui propri profili, dandoci la possibilità di scoprire in che punti d'Italia gli animali sono stati avvistati. Così abbiamo avuto molti più dati sulla distribuzione e devo dire che indagando sui social sia piuttosto esilarante annotare avvistamenti di uccelli fra un balletto e l'altro di TikTok. Il modulo che abbiamo pubblicato per segnalarci l'avvistamento è stato girato anche agli appassionati di vela che ci hanno offerto segnalazioni in alto mare, che altrimenti non saremmo riusciti ad ottenere».
Dunque un traguardo importante ottenuto con modalità di ricerca nuove, che hanno permesso ai ricercatori di ottenere una grande quantità di dati in tempi record. Un lavoro di citizen science involontario potremmo dire, che però ha dato i suoi frutti. Oltre ai cittadini che hanno collaborato in questo modo unico però, Rosario Balestrieri tiene a ringraziare tutto il team di ricerca: «L'ottimo risultato è merito del lavoro combinato di diversi team di ricercatori e vorrei ringraziare sopratutto la direttrice del Dipartimento di Conservazione Animali Marini e Public Engagement Claudia Gili che ha creduto molto in questa ricerca».