Un animale deceduto, la richiesta di soccorso di una volontaria, la denuncia dell’associazione animalista. La vicenda è quella che riguarda un gatto vagante di San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. Lo scorso 2 dicembre una ragazza del paese trova e fotografa l’animale, con un’evidente ferita sanguinante alla coda. Prova a segnalare la situazione all’autorità ma non riesce ad ottenere supporto. Una settimana dopo il gatto muore.
A fornire la propria ricostruzione dell’accaduto è Stop Animal Crimes, movimento animalista e ambientalista che si batte contro il maltrattamento e lo sfruttamento degli animali e che ha seguito attraverso una sua referente l’episodio: «Avevamo segnalato un gatto vagante sanguinante il 2 dicembre – scrivono in una nota e confermano a Kodami – solo una settimana dopo sembra essere stato prelevato e portato in una clinica che avrebbe rifiutato il ricovero. Il gatto, reimmesso sul territorio così come prelevato, è morto il giorno dopo».
La versione fornita dall’associazione troverebbe solo in parte riscontro con quanto emerso da successive verifiche. La volontaria in questione pubblica in data 8 dicembre un video sulla sua pagina Facebook personale in cui racconta quanto avvenuto. La segnalazione infruttuosa alla Polizia Locale, infatti, sarebbe partita secondo la donna 4 giorni prima dell’avvenuto soccorso, tanto da dover richiedere l’intervento prima dei Carabinieri e poi del delegato comunale al randagismo: «Oggi è festa non c è probabilità di salvare vite – scrive la donna il giorno dell’Immacolata – se avete o trovate animali durante i giorni festivi, è il caso di dire, dovete morire. Intanto è dal 2 dicembre che sono intervenuti i vigili e il gatto è stato lasciato lì per altri 4 giorni. Domani mattina si spera che ce la possa fare ad andare dal veterinario».
E in effetti l’animale il 9 dicembre viene portato in uno studio convenzionato dalla stessa Polizia Locale. A fornire ulteriori elementi è proprio il delegato al randagismo Alberto Valente Pietroboni: «Il giorno 7 mi ha contattato una cittadina – spiega a Kodami – mi ha spiegato la situazione del gatto, da lei trovato in una zona in cui lavorava. Le ho detto di chiamare la Polizia Locale. Solo che erano già passate le 21. La donna non ha ricevuto risposta perché solo fino alle 21 c’è personale in servizio. Era un giorno prefestivo. Nessuna clinica in zona era aperta, nel territorio ci sono solo ambulatori privati. Purtroppo, da quanto ci risulta, le strutture che fanno servizio h24 sono a Pescara o a Bari. Dopodiché il gattino il 9 è stato preso e portato a Manfredonia. Il veterinario ha ritenuto di prescrivergli una terapia antibiotica e degli antiemetici. C’era il Comandante della Polizia Locale in prima persona che ha atteso la visita e riportato il gatto a San Giovanni Rotondo, dopo avergli anche preso le medicine. Ho contattato la cittadina per chiederle se potesse tenere l’animale in stallo. Non abbiamo un gattile ma c’è una rete di stallanti. L’animale così è stato riportato dove era stato trovato, lo abbiamo ridato alla signora che ha iniziato le somministrazioni secondo prescrizione del medico. L’11 pomeriggio mi ha inviato un messaggio riferendomi che il gatto era deceduto».
L’associazione, per queste ragioni, ha dichiarato di aver sporto denuncia per omissione in atti d’ufficio e uccisione di animali in forma omissiva, chiedendo all’Autorità Giudiziaria di individuare eventuali responsabilità: «Decine ogni giorno sono i casi simili a quello accaduto a San Giovanni Rotondo – continuano da Stop Animal Crimes Italia – dove il soccorso di animali vaganti feriti non avviene o avviene secondo prassi confuse, causando la morte dell’animale».
Un discorso che viene allargato anche al resto del Paese: «La situazione nazionale – scrivono ancora – soprattutto al Sud, è quella di una pubblica amministrazione che latita in tema di tutela degli animali, dove i sindaci si tolgono il problema stanziando milioni di euro di soldi pubblici per i canili e le ASL mancano di strutture sanitarie. Laddove queste ultime sono presenti risultano comunque carenti di apparecchiature sanitarie fondamentali. A guardare senza fare nulla c’è poi un mondo di “animalisti” che, anziché denunciare le inadempienze, entrare nei canili o offrire soluzioni e collaborazioni ai sindaci, si mettono in proprio allestendo strutture abusive, finanziandole con denaro proveniente da privati, intasando i social di richieste di aiuto. Questo è l’animalismo in Italia oggi, una responsabilità suddivisa in egual misura tra la pubblica amministrazione, che ignora completamente il principio cardine nella legge quadro 281/91 ossia la prevenzione, e l’animalismo, che ignora un altro principio cardine della legge quadro ossia le adozioni nei canili e la collaborazione con l’ente pubblico. Un equilibrio che pare che stia bene ad entrambi a spese però di milioni cani e gatti vaganti che non hanno tutela o vengono sfruttati per guadagno personale». Stop Animal Crimes conclude ribadendo di voler attenzionare la malattia e non solo i sintomi, mediante la sensibilizzazione e lo strumento della denuncia».
In attesa di capire se nel caso specifico ci siano stati eventuali ritardi, l’amministrazione ha comunque chiesto alla Polizia Locale una relazione completa sull’intervento. È indubbio che un sistema così articolato possa presentare delle criticità. Gli organici delle forze dell’ordine devono fare i conti con la carenza di personale o con un’età media elevata degli agenti in servizio, oltre alla mancanza o all’insufficienza di una formazione specifica. Servirebbe cambiare le modalità di azione della Polizia Locale, a cui vengono attribuite competenze che si aggiungono a quelle già esistenti.
Per quanto riguarda San Giovanni Rotondo, invece, va detto che negli ultimi anni c’è stato un netto miglioramento nella gestione del randagismo, come attestato anche dai numeri del canile comunale: secondo i dati forniti dall’amministrazione nel 2019 c’erano 278 cani quando la struttura ne poteva contenere 64. In neanche 4 anni il numero è sceso drasticamente arrivando ad oggi a 68 cani, pur con l’ampliamento della capacità della struttura. Il 2022 si è chiuso con 86 adozioni, avvenute grazie soprattutto a una solida rete di volontari e alla collaborazione con l’Enpa. Nel 2021 le adozioni erano state 120 e nel 2020 addirittura 236, tra i dati più alti fra i comuni di tutta la Puglia. Gli interventi hanno consentito di raggiungere anche un risparmio di 70mila euro annuali per la gestione. «Quando sono diventato primo cittadino era anche difficile pensare che un sindaco mettesse piede in un canile – ha spiegato a Kodami Michele Crisetti, dal 2019 alla guida del Comune di San Giovanni Rotondo – per fortuna si è sviluppata una cultura diversa in questi anni e stiamo lavorando sul tema». Tutto, però, è migliorabile.
La speranza è che, lì dove sono portate avanti buone pratiche, queste siano implementate e che dove invece ci sono criticità vi sia l’impegno per superarle. Qualche modello virtuoso lo abbiamo visto anche in Puglia con il progetto Zero Cani in Canile. Occorre che le politiche a tutela degli animali, però, siano uniformemente al centro delle agende tanto delle amministrazioni locali quanto del Governo nazionale. Solo così potremo non raccontare più di episodi negativi che hanno per protagonisti tanto i cani quanto i gatti.