I gatti sono animali enigmatici e misteriosi e, per quanto uno possa dire di conoscerli, decifrare i loro pensieri non è sempre immediato. Le scienze cognitive ci hanno fornito diverse risposte sul modo di “funzionare” dei gatti, però la visuale resta ancora piuttosto stretta. Gli studi, infatti, vanno spesso a investigare le capacità percettive ed elaborative dei gatti, fornendoci risposte puntuali più sul modo con cui affrontano specifiche situazioni che non sulla loro visione complessiva. Altri studi si focalizzano, invece, su quanto siano abili o meno a conseguire un certo risultato stabilito a priori (ad esempio, abbassare una leva per ottenere un premio) ma, ancora una volta, poco ci viene svelato del complesso mondo mentale felino.
Un diverso paradigma
Un approccio che a me ha permesso di fare qualche passo in più nella comprensione della mente del gatto ha riguardato due cambi di paradigma fondamentali: pensare al gatto non secondo la mia esperienza personale come ad un essere vivente inserito in una precisa storia biologica ed evolutiva e concentrarmi, più che sui comportamenti espressi, sul perché delle sue scelte, sulle motivazioni che potevano muoverlo e sugli obiettivi per lui rilevanti che stesse cercando di raggiungere. In poche parole, ho dovuto allargare lo sguardo, spostarlo dai sintomi per focalizzarmi sugli obiettivi.
La comprensione richiede tempo
Non è stato un passaggio di prospettiva facile e non è stato immediato, anche perché veniamo educati a fare esattamente il contrario: ovvero ad osservare un fenomeno comportamentale, soprattutto se alterato, come fosse una malattia e immediatamente etichettarlo, giudicarlo, dargli una valenza, cercare un “farmaco” guaritore. Senza darci mai il tempo di raccogliere più dati e di inserirli in una valutazione più ampia. L'applicazione più eclatante di questo modo frettoloso di porci nei confronti degli animali è quando si comportano in maniera imprevista e iniziamo a fare ipotesi sul perché e sul come, spesso abbozzando ipotesi improbabili.
Ad esempio, se un gatto fa pipì fuori dalla lettiera in nostra assenza o su un nostro oggetto, siamo pronti a pensare che lo abbia fatto per dispetto o per vendicarsi di essere stato lasciato solo. La verità è che, qualunque sia la causa, raramente la si potrà individuare nel breve periodo: è necessario un tempo di osservazione e bisogna poi inserire quel comportamento nel quadro più ampio dello stato di salute del gatto e del suo stile di vita generale. Si potrebbe quasi dire che non si giudica la bontà di una torta di cui abbiamo la ricetta valutando la presenza di un ingrediente soltanto. Eppure lo facciamo quando cerchiamo di decifrare il comportamento dei nostri animali.
Frettolosi anche coi bambini
In realtà non andiamo molto distanti nemmeno nella relazione con i bambini. Anche gli adulti tendono molto spesso a giudicare in maniera approssimativa e frettolosa i più piccoli – che percepiscono il mondo e la realtà in modo diverso – spesso basandosi sui comportamenti che vedono esprimere ma perdendo di vista il loro funzionamento in generale e di quel bambino in particolare. Si trascura, inoltre, che tutto questo è legato a doppio filo con quel che il bimbo vive in casa e, soprattutto, con il modo in cui viene trattato e con cui gli si parla. Un bambino che mostri atteggiamenti oppositivi viene etichettato come “ribelle”, “maleducato”, “ingrato” o addirittura “viziato” ma, spesso, andando ad investigare la sua storia personale si scopre che quelle modalità sono le stesse che, in maniera palese o mascherata, ha a sua volta subìto e ora rispecchia.
Gatti e bambini, un'intesa speciale
A volte ci si meraviglia di quanto i bambini sappiano “dialogare” con gli animali in maniera spontanea e spesso tra di loro nascono relazioni molto intime ed esclusive di cui gli adulti si stupiscono. Lo dimostra il successo di certi video che mostrano la complicità di animali e bambini e la loro diffusione in termini di condivisioni. Questo, in realtà, avviene proprio perché i bambini sanno riconoscere l'alterità animale senza le sovrastrutture tipiche di chi ha più anni alle spalle: non hanno bisogno di giudicare e di etichettare gli animali illudendosi così di aver capito e controllato gli eventi, li prendono per quelli che sono e per quello che esprimono e gli animali percepiscono questo grande spazio di libertà all'interno della relazione con i più piccoli. E spesso ricambiano. Ecco perché ci sono cani e gatti che concedono ai bambini cose che non tollererebbero dagli adulti della stessa famiglia.
Tornare all'ascolto
La sensazione, allora, è che più che ricorrere a nozioni teoriche sul comportamento degli animali (o dei bambini), sia prioritario ritornare all'arte antica dell'ascolto e ad una considerazione più rispettosa e partecipata della loro prospettiva su cose che noi osserviamo solo dall'esterno. Perché se le scienze cognitive e comportamentali ci aiutano sicuramente ad aggiungere piccoli pezzi di puzzle alla conoscenza complessiva di chi amiamo, è solo allargando lo sguardo che, alla fine, potremo ammirare la figura per intero.