È arrivata la conferma: i gabbiani trovati morti a centinaia sulle rive del Garda sono risultati positivi all'influenza aviaria. Nei gironi scorsi il personale dei Comuni coinvolti, assieme alle Forze dell'Ordine e al personale dell'Autorità sanitaria lombarda, hanno raccolto ulteriori campioni e carcasse di uccelli lungo le coste del lago, confermando i sospetti iniziali.
Ad annunciare che gli uccelli sono risultati positivi all'influenza aviaria ad alta patogenicità da H5N1 è stata l'Agenzia Territoriale per la Salute di Brescia che ha sottolineato attraverso una nota stampa che «il rischio per la popolazione in generale è da ritenersi basso. È opportuno tuttavia, raccomandare alla popolazione, senza alimentare allarmismi, di evitare il contatto diretto con animali selvatici».
La diffusione dell'influenza aviaria ha ormai coinvolto numerosi paesi nel mondo e in Italia, in particolare, la stessa ATS ribadisce che a essere interessate sono soprattutto alcune regioni: «Sono numerose le positività a influenza aviaria ad alta patogenicità da H5N1 riscontrate nelle regioni del Nord Est Italia (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) in volatili selvatici, tra le quali rientrano i recenti casi di mortalità nei gabbiani sulle rive del lago Garda – si legge nella nota – La situazione è quindi in linea con i riscontri in selvatici e in allevamenti avicoli in altri Paesi europei e evidenzia, per il comparto zootecnico avicolo, una situazione di rischio elevato di introduzione e diffusione».
L'attenzione è quindi rivolta soprattutto al comparto zootecnico e agli allevamenti di uccelli. Proprio per questo, fondamentale è l'adozione di strumenti di difesa nei confronti del rischio di contagio, che può essere abbassato solo attraverso costanti operazioni di monitoraggio e tramite l'adozione di misure di biosicurezza rigide finalizzate a evitare l'ingresso del virus negli allevamenti.
È molto importante continuare a segnalare alle autorità sanitarie e alle Forze dell'Ordine i selvatici – come anatre, gabbiani o aironi – trovati morti, non solo per effettuare campionamenti per verificare la presenza dell'aviaria ma anche per adottare misure di sicurezza finalizzate a evitare che il virus si disperda nell'ambiente o arrivi al pollame domestico, anche attraverso indumenti. Da parte delle autorità, quindi, nonostante la cautela c'è massima attenzione per chi manipola direttamente gli uccelli infetti o che provvede alla raccolta dei cadaveri.
L'ATS ribadisce che nel caso ci si dovesse trovare di fronte ad uccelli che appaiono malati, moribondi o che sono deceduti «di non provvederne autonomamente all'accudimento o alla raccolta o allo smaltimento» – sottolineando, inoltre, che – «in caso di contatto involontario si dovrà lavarsi accuratamente le mani e a lavare ad alta temperatura (60 gradi) gli indumenti entrati in contatto con potenziali fonti di contaminazione e si dovranno evitare contatti con pollame d'allevamento nei tre giorni seguenti».