Come uno sciame di api, ieri, 22 luglio, sotto il sole rovente di Napoli un gruppo compatto di attivisti ha affollato Piazza Dante per far sentire il proprio grido di allarme, convinto e deciso, contro la crisi ambientale globale che da decenni ormai investe l'ecosistema Terra e che sta spingendo progressivamente l'intero Pianeta, passo dopo passo, verso pesanti conseguenze. L'occasione per la protesta l'ha fornita il G20 in corso in questi giorni tra i venti Ministri dell'Ambiente dei grandi del mondo, che si sono riuniti per discutere di ambiente, clima, biodiversità ed energia nella cornice di Palazzo Reale. Il vento di protesta è stato già piuttosto forte in questi giorni e ha avuto il suo culmine proprio in una delle piazze simbolo del capoluogo campano.
La manifestazione chiamata Ecoparade, infatti, è stata pensata come un'opportunità per raccogliere cittadini e attivisti provenienti da tutta Italia, accomunati dal medesimo spirito di dissenso nei confronti delle modalità con cui le grandi potenze mondiali stanno gestendo una situazione di tale portata e importanza. Non è un caso, quindi, che la rete di associazioni che ha organizzato la protesta abbia scelto di chiamarsi Bees against G20, per sottolineare l'importanza del ruolo degli insetti negli equilibri dell'ecosistema e, allo stesso tempo, per evocare il concetto di unione e collaborazione, proprio come gli imenotteri eusociali.
Abbiamo intervistato gli attivisti e i manifestanti che hanno protestato contro il G20 in piazza Dante a Napoli
Le ragioni dei manifestanti
Le ragioni fondamentali che hanno spinto alcune migliaia di manifestanti a unirsi contro il vertice internazionale di Palazzo Reale riguardano soprattutto l'inconsistenza dei provvedimenti presi dagli stati più potenti del mondo. «Il G20 balla sul Titanic», è stato uno degli striscioni più eloquenti e secondo gli attivisti, infatti, le massime autorità sono i principali responsabili del disastro imminente a cui il Pianeta va incontro, di conseguenza non è pensabile che siano proprio loro a mettere in atto disposizioni decisive per fermare la crisi climatica, l'inquinamento e la perdita di biodiversità. È ormai noto, infatti, che il rischio a cui la Terra è esposta sia stato generato dal costante e incontrollato sviluppo industriale ed economico che negli ultimi decenni ha tenuto sempre meno conto della gestione delle risorse e dell'impatto ambientale. Il silenzioso e rapido sgretolamento dell'equilibrio del Pianeta, infatti, si sta manifestando in modo sempre più marcato, pertanto le fasce di popolazione più sensibili alla questione hanno deciso di scendere in campo e ribellarsi.
«La rete Bees Against G20 nasce da dall'esigenza di mettere insieme le forze e le energie della comunità contro questo summit che crediamo sia solo una passerella che serve ai ministri per farsi una bella fotografia – ha dichiarato Davide Dioguardi, uno degli organizzatori della manifestazione – Siamo contro questo modello di sviluppo che prima ci ha portati sull'orlo della catastrofe ecologica, e ora vorrebbe avere addirittura l'ardire di tirarci fuori utilizzando sempre con stessi metodi». Contro le azioni politiche insufficienti e in ritardo si schiera anche il gruppo locale di Greenpeace: «Ci sono ancora tanti che si ostinano a non vedere la criticità della situazione. Si riuniscono o fanno summit, ma da questi vertici non escono mai delle vere e proprie azioni per contrastare il cambiamento climatico – ha sottolineato Francesca Zazzera – Dobbiamo dire basta alle fonti di energia fossili. È il momento di agire ora, altrimenti non arriveremo a domani».
Il corteo funebre di Napoli
Tra le decine di associazioni e comitati in prima linea a tenere alta la bandiera della contestazione erano presenti Fridays for future, Climate Save, Extinction Rebellion e Animal Save, ma non è mancato il contributo di realtà più note e mature come Legambiente, WWF e Greenpeace. Nelle ore pomeridiane, poi, in Piazza Dante si è inscenato un corteo funebre che ha poi sfilato ai margini della blindatissima zona rossa protetta da circa duemila agenti di Polizia. Ad essere portate in una lunga e simbolica processione c'erano tre bare, a simboleggiare i tre principali defunti dell'emergenza ambientale: il genere umano, gli animali e il Pianeta intero. Gli attivisti, quindi, hanno scelto di mettere in scena un rituale di cordoglio collettivo per la sempre più impattante crisi climatica ed ecologica. Ad aprire la fila del corteo funebre, poi, c'erano quasi tutti i volti più noti tra i rappresentanti politici delle grandi potenze mondiali. Le maschere del premier Draghi, di Biden, Putin, Bolsonaro, Johnson e la Merkel, infatti, trascinavano un Pulcinella legato e tenuto prigioniero, come a voler simboleggiare una Napoli che si indigna, che lotta e reagisce.
«Abbiamo sfilato a piazza Dante qui a Napoli con tre bare, una a simboleggiare il pianeta, una gli animali e l'altra noi esseri umani. La crisi climatica che stiamo attraversando ne ha scatenato un'altra forse ancora più grave, quella dell'estinzione di massa – ha dichiarato Domenico Barbato di Extinction Rebellion Napoli – Un'estinzione senza precedenti che coinvolge ogni singolo vivente, che può travolgere il nostro stile di vita attuale e che di sicuro minaccerà le nostre risorse, come il cibo e l'acqua». Sulla stessa linea ci sono anche i movimenti animalisti come Animal Save, che rimarcano come sul nostro Pianeta tutto sia interconnesso: «Crediamo fermamente nella collaborazione anche con altre lotte, come quella ambientalista fondata sulla crisi ecologica. Perché ricordiamo che anche gli allevamenti, soprattutto gli allevamenti intensivi, oltre che dei luoghi di prigionia per gli animali rappresentano una delle cause principali della crisi climatica e del collasso degli ecosistemi», ha ribadito Connie Dentice di Napoli Animal Save.
Una protesta sociale che viene dal basso
Tra le tante adesioni alla manifestazione si contava un gran numero di giovani, molti in rappresentanza di centri sociali, collettivi studenteschi e realtà del territorio. La presenza giovanile impegnata nella protesta lascia notare come negli ultimi anni la questione abbia interessato in modo considerevole ragazzi e ragazze giovanissimi, forse perché più ottimisti o forse perché più probabilmente destinati a vivere gli effetti della crisi in modo sempre più impattante sulla propria vita.
«Non si può parlare di transizione ecologica utilizzando gli stessi modelli alla base del capitalismo – ha rimarcato Michela Spina di Fridays For Future Napoli – perché altrimenti stiamo semplicemente dipingendo di verde dei vecchi sistemi che sono ormai obsoleti e che si basano ancora sull'austerità sul business as usual».
La questione, infatti, non riguarda solo le conseguenze letali a cui si va incontro come Pianeta, ma anche quelle che quotidianamente modificano la qualità della vita di ciascun individuo sulla Terra. La fervente collaborazione dei sindacati alla protesta, infatti, dimostra come le ripercussioni del feroce sistema capitalistico coinvolgano molte categorie di lavoratori, dalle piccole imprese ai dipendenti coinvolti nella spietata catena produttiva.
Gli eventi climatici estremi recenti e che hanno causato centinaia di morti tra Nord America, Europa e Cina ci ricordano poi che l'emergenza climatica è qui ed è ora, come sottolinea Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania: «Oggi siamo in piazza con un messaggio chiaro: su uno striscione c'è scritto "G20 vedi Napoli e poi muoviti", ed è proprio la velocità e la concretezza che chiediamo ai grandi del pianeta oggi a Napoli, vogliamo interventi e politiche che diano risposte concrete a quelle che sono le immagini che sono arrivate negli scorsi giorni dalla Germania e dall'Olanda o le scene terrificanti dei centri di raffreddamento a Seattle. Ma anche le ondate di calore gli eventi estremi che abbiamo subito qui nel Mezzogiorno durante l'inverno».
La speranza della consapevolezza
Ciò che più lascia il segno di una giornata così intensa, infine, è l'impegno mostrato da una collettività sempre più coinvolta e sempre più compatta nell'intenzione di far sentire la propria voce, che parte dal basso, ma che vuole arrivare dove risiede il potere. Tutti coloro che hanno partecipato a Ecoparade, quindi, hanno dimostrato di aver ascoltato e compreso il richiamo di aiuto forte che qualche anno fa Greta Thunberg ha lanciato quasi da sola suscitando enorme scalpore, e di averlo trasformato in un boato di massa più forte. Si spera, dunque, che la voce e il coraggio della ragazza che ha zittito i potenti del mondo per qualche istante si stia trasformando nella forte e concreta consapevolezza che non esiste un Pianeta B.