Nel pomeriggio di ieri, domenica 8 settembre, un gruppo di attiviste antispeciste del movimento Ribellione Animale ha contestato Festivaletteratura che si sta svolgendo a Mantova, una delle più importanti manifestazioni culturali della penisola. Le attiviste hanno tracciato una linea di separazione di vernice rossa tra la libreria del Festival e lo stand di salumi dell'azienda Levoni, posti nella piazza principale della città, una di fronte all'altro.
L'azione vuole porre una netta divisione tra la cultura e lo sfruttamento degli animali, due ambiti incompatibili che non dovrebbero coesistere. Le attiviste si sono incollate al selciato esponendo uno striscione con la scritta «A Mantova dissenso proibito. Fuori Levoni dalla cultura».
Le attiviste hanno denunciato «l'ipocrisia di Festivaletteratura, finanziato parallelamente da un'altra industria della morte quale è Grana Padano». Quest'anno l'organizzazione ha previsto una serie di eventi sugli animali non umani, invitando ospiti come Emmanuel Carrère, Joël Dicker e Paul Lynch e il divulgatore scientifico David Quammen; quest'ultimo autore aveva raccontato la storia delle zoonosi e dell'avvento della pandemia da Covid-19. Il giornalista in una lunga video intervista con Kodami aveva spiegato che le pandemie arrivano «da altre creature che non erano in contatto con noi, vivevano nel loro habitat, in posti remoti dove l’uomo è però arrivato».
L'impatto violento e distruttivo dell'uomo nella natura selvatica e attraverso la zootecnia è al centro di questa e altre proteste non violente delle attiviste di Ribellione Animale che nei mesi scorsi avevano imbrattato con vernice rossa l’ingresso della sede di Coldiretti Piemonte, e successivamente avevano steso uno striscione con la scritta: «Basta animali nei circhi» sotto l’obelisco di Piazza del Popolo a Roma.
L'azione di domenica mira invece a sottolineare l'incompatibilità esistente tra il Festival e «aziende che lucrano sui corpi degli animali non umani come Levoni e Grana Padano, sponsor dell'evento mantovano fin dalla prima edizione nel 1997».
Secondo l'associazione, «Levoni è sotto osservazione in città perché responsabile dell'uccisione di 15mila maiali ogni settimana nel suo macello MecCarni e perché il settore zootecnico – che l’azienda rappresenta in quanto rifornita da 300 allevamenti – è causa di emissioni di metano e protossido di azoto, inquinamento dell'aria e dell'acqua. Inoltre, gli allevamenti intensivi, come quelli di Levoni in tutta la Pianura Padana, sono responsabili della diffusione del virus della Peste Suina Africana (PSA), il quale sta portando nelle ultime settimane a migliaia di abbattimenti di maiali e cinghiali».
Un'attività di sfruttamento che va ben oltre la singola azienda che coinvolge «l'intero settore zootecnico, basato sullo sfruttamento e uccisione degli animali non umani, si presentano alle città e al Paese come se fossero un ente benefico, mentre utilizzano gli eventi culturali che finanziano per fare disinformazione e greenwashing, bloccando ogni spinta progressista che vada verso la messa in discussione di un sistema alimentare violento, inquinante e insostenibile».
Ribellione Animale sta portando avanti la campagna “Futuro Vegetale” per chiedere al Governo italiano lo stop immediato dei sussidi pubblici agli allevamenti sia intensivi che estensivi e alle attività venatorie, e di aiutare le aziende del settore zootecnico in una riconversione a base vegetale delle loro attività, ai fini di contrastare il collasso ecoclimatico e per ottenere la liberazione animale totale.